Niente come il volo simboleggia il progresso. Eppure c'è ancora chi teme che siano sconvolti gli orizzonti conosciuti di Giovanni Bechelloni
Niente come il volo simboleggia il progresso. Eppure c'è ancora chi teme che siano sconvolti gli orizzonti conosciuti Niente come il volo simboleggia il progresso. Eppure c'è ancora chi teme che siano sconvolti gli orizzonti conosciuti Tra i grandi miti che dall'antichità classica accompagnano la storia dell'uomo quello di Icaro è tra i più duraturi; in tutti i suoi aspetti di drammatica ambivalenza. L'uomo è sempre più vicino al soglio di Icaro? Forse! Nessun'altra attività come 11 volo simboleggia la modernità e misura il progresso. Ma nello stesso tempo il volo umano ci riconduce alle nostre radici più antiche: al sentimento di paura che necessariamente veniva generato dalla sfida alla divinità. Per secoli volare è stata una prerogativa divina; volavano gli dei dell'Olimpo e i loro messaggeri; il Dio della Genesi viene raffigurato sorretto dalle nubi del cielo; l'iconografia cristiana rappresenta il Paradiso e i suoi abitatori librato nell'aria. La sfida di Icaro viene pu¬ nita. Solo Prometeo, grazie alla sua origine divina, riesce a superare le terribili prove della sua impresa: portare il fuoco agli uomini. L'uomo della modernità riprende e vince sfide antiche, costruisce un mondo che sempre più riesce a dominare. Tra le tante sfide vittoriose quella del volo è, per molti aspetti, la più straordinaria; quella che ancora oggi, nonostante la crescente assuefazione, più colpisce l'immaginazione. In positivo e in negativo. Un popolare personaggio dei fumetti — il bracchetto Snoopy — quando è in vena di onnipotenza si immedesima nel «Barone rosso», un mitico pilota da caccia della prima guerra mondiale. Le storie di fantascienza, che riempiono le edicole e gli schermi e che dettano anche la moda vestimentaria, sono ambientate in uno spazio extraterrestre popolato da astronavi e pianeti artificiali, da uomini e donne che vivono nel vuoto come se fosse il loro elemento naturale, come se fosse la Terra. Eppure ci sono persone, anche tra quelle che abitualmente viaggiano molto, che hanno paura di volare; che vengono prese dal panico se debbono salire su un aereo, che vi si sottraggono ogni volta che possono! Gli incidenti aerei — nonostante 11 fatto che producano molte meno vittime degli incidenti automobilistici — diventano «catastrofi»; fanno notizia perché confermano in molti l'idea che volare è ancora una sfida alla divinità. E' come se i nostri tempi moderni si trovassero librati e sospesi tra dimensioni drammaticamente opposte dell'immaginario collettivo; come se l'umanità fosse divisa tra due modi di porsi di fronte alla vita e al destino. Le imprese del Voyager o di Lindbergh ripropongono l'immagine dell'uomo prometeico che raccoglie la sfida degli dei, che si veste dei panni di Ulisse per inseguire «vii-tute e conoscenza», per aprire alla vita gli spazi che un tempo si chiamavano celesti, per oltrepassare le frontiere dell'ignoto. Di fronte a queste imprese vi sono, però, anche uomini e donne spauriti, quasi terrorizzati dall'idea che la rottura di equilibri secolari possa sconvolgere gli orizzonti conosciuti, possa punire gli uomini che troppo hanno osato. Giovanni Bechelloni
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