Dopo trent'anni risplende ancora l'Oro di Napoli

Dopo trent'anni risplende ancora l'Oro di Napoli Dopo trent'anni risplende ancora l'Oro di Napoli A Giuseppe Maratta ingiustamente dimenticato la sua città dedica una mostra Oggi Napoli onora, dopo 33 anni dalla morte, Giuseppe Maratta per queir «Oro di Napoli» con 11 quale lo scrittore partenopeo, morto nel 1963, confermò la sua ritta come festa perenne del poveri, ricca dell'unico «oro» del suo sole. S'inaugura in Castel dell'Ovo una grande mostra di Giuseppe Maratta jr„ il figlio, che è, oltreché scrittore umoristico di salda fama, soprattutto pittore di grande talento e fai.'asta, e che illustra, con una tavola per ogni capitolo, il più famoso e fortunato libro del padre. Carlo Bo, Raffaele De Grada, Luciano De Crescenzo, Mario Pomilio, Domenico Porzio, Domenico Rea, Riccardo Pazzaglia e Giuseppe Galasso sono i •padrini» letterari di questa «resa degli onori» ad uno scrittore scontroso, sensibilissimo, tenero d'amore e fantasia quanto irascibile ed oggi dimenticato e trascurato anche dai suoi vecchi editori dei quali egli fu un cavallo vincente. Solo il Banco di Napoli, in questa occasione, ha patrocinato di «L'oro di Napoli» un'.edizione 'speciale» di grande pregio e prestigio. La pittura «sabbiosa» di Maratta figlio celebra cosi degnamente la discreta e insieme solare avventura del Maratta padre, e il suo amore per l'immagine, la luce, l'ombra e la grazia di Napoli. Conobbi la vera Napoli, 'quella dell'.oro» marottiano (la più gridata e recondita, la Napoli più generosa, resistente e disperata) solo nel 1962, un anno prima che lo scrittore se ne andasse, preso in parala dalla morte, lui torturato dalla paura di morire di . Jlie malattie e con le tasche sempre gonfie di medicine mai prese. E fu lui stesso a farmela conoscere, la sua Napoli, nel suol più umani segreti, nelle sue più solari bellezze. Per liberarlo dal terrore con uno scaramantico sfottò, gli dissi: «Tu morirai, per fortuna, di medicine non prese/*; è fui purtroppo profeta. L'anno dopo Maratta era (ria morta E solo dopo fui in grado di ca' pire meglio quanto i suoi libri fossero lezioni involontarie di vita, sceneggiate di fantasia che valevano anche per me. un po' per tutti, come coraggio a scommettere sul sogno e sulla realtà. Il cinema fu per lui un'illusione patetica, un sogno mai debitamente appagato, nonostante che proprio da «L'oro di Napoli» nascesse un film famoso interpretato da Sophla Loren pizzaioli. Neanche la critica cinematografica esercitata per «L'Europeo» per alcuni anni dette a Maratta qualche adeguata soddisfazione. Lui sognava nel film a cui assisteva ciò che stava vedendo dentro di se, e sperava invece di avere successo come paroliere partenopeo, ed anche qui fu sempre deluso. Più d'una volte mi ripetè: •Non perdono a Dio di non avermi dato la fede». Credeva di non averla, ma, sia pure a suo modo, l'aveva, e ne avevo le prove. Rissoso, sospettoso, a volte «cattivo», Maratta era cedevole al primo soffio d'amicizia disinteressata. Dn anno, celebrando a Gavl Ligure una Messa di suffragio per lui già morto da tempo, mi resi conto che come prima lettura della liturgia, celebrata all'altare della Madonna delle Grazie, nulla era più adatto di un capitoletto del suo libro •Le madri», quello che narra, in struggenti termini partenopei, l'arrivo di Maria Assunta in cielo ai piedi della Trinità. La Madonna e sua madre Concetta erano per Maratta la stessa immagine, la medesima maternità. E' giusto che oggi Napoli onori questo suo figlio vissuto quasi sempre In «diaspora innamorato altrettanto 'solo di un'altra grande città, cioè di quella Milano che lo adottò giovane, con la testa piena di sogni, in cerca di lavoro e di fama. Il sole, per Maratta, T'Oro di Napoli»: ma a Milano, che lo accoglie e lo sfama, •non fa freddo». Mori nel 1963, In pieno Concilio Vaticano li. Del Concilio avevamo parlato più d'una volta da Berardo, in galleria Colonna. M'interrogava, voleva sapere tutto sulle riforme che potevano nascere nella Chiesa. Era, agitato, e un giorno mi spiegai il perché. Mi chiese a bruciapelo: -Ma che mi dici: questo Papa Giovanni, questo Condito che cambia tutto non metterà per caso in soffitta la Madonna?-. Lo rassicurai, si rasserenò, sospirò felice: «Meno male, vuol dire che anche mia madre Concetta non la perdo più: Nazareno Fabbretti Trecento manoscritti per il «Calvino»