Il compromesso non convince di A. Galante Garrone

Il compromesso non convince Le misure per la giustizia Il compromesso non convince Complicato meccanismo anti-referendum L'affermazione della responsabilità civile del magistrato non solo per dolo, ma anche per «colpa grave», era il tema più delicato del «pacchetto Giustizia», per la difficoltà di conciliare esigenze e aspirazioni contrapposte. Il nodo è stato sciolto con un affannoso compromesso per nulla entusiasmante, che lascia presagire, nel futuro, altri nodi piuttosto aggrovigliati. E' stata una soluzione dettata dalla volontà politica di escogitare a tutti i costi un mezzo qualsiasi per evitare un referendum. Ma il gioco valeva la candela? C'è da dubitarne. Gli immediati precedenti della situazione alla quale oggi siamo giunti sono, diciamolo, sconfortanti. Da un lato, la prolungata inerzia legislativa che ha lasciato incancrenire i problemi della giustizia in Italia; dall'altro, come comprensibile reazione emotiva, un referendum che, sul piano giuridico, desta non lievi perplessità: non solo perché di dubbia costituzionalità, ma perché appartiene a quella categoria di referendum che, se fossero accolti, creerebbero un preoccupante vuoto legislativo. L'idea della responsabilità civile del magistrato — cioè di fargli risarcire in moneta, in tutto o in parte, il danno causato al cittadino da un suo comportamento gravemente olpevole — può apparire senz'altro suggestiva. Ma intanto, che cosa si deve intendere per colpa grave? Colpa non è errore. Non basta escludere, come si dice nel disegno di legge, la responsabilità del giudice per errata interpretazione e applicazione del diritto o per errata ricostruzione e valutazione del fatto: occorre altresì precisare con gli opportuni criteri/i in che consista la colpa grave. A parte ciò, dato che qualsiasi responsabilità (penale, disciplinare, e anche civile) è esclusivamente a titolo personale, essa potrebbe configurarsi soltanto nei confronti delle pronunce e degli atti emanati dal magistrato singolo, non da organi collegiali: il che creerebbe una ingiusta disparità di trattamento. Inoltre, e soprattutto, la funzione del giudice comporta che egli sia non solo totalmente libero da vincoli gerarchici, e anche da un formalistico e supino ossequio alle correnti dominanti in giurisprudenza in un dato momento; ma altresì che egli non sia influenzato e ossessionato dalla preoccupazione di assecondare i «superiori», di non mettersi in cattiva luce, di scegliere, nel decidere i suoi atti, la via più comoda, più prudente, più allineata sulle tendenze e direttive e orientamenti prevalenti. Il buon giudice non deve mai soggiacere alle tentazioni del conformismo. (E' questa una delle ragioni per le quali io sono anche contrario alla proposta di separazione delle carriere fra giudici e p.m.). E' del resto la stessa Costituzione a fissare questo principio, nell'art. 101: «I giudici sono soggetti soltanto alla legge». Le perplessità aumentano a dismisura se prendiamo in esame il complicato meccanismo tratteggiato dal disegno di legge governativo: l'azione di risarcimento proposta dal cittadino nei confronti dello Stato, per i comportamenti illeciti del magistrato, disciplinarmente rilevanti; l'azione disciplinare promossa obbligatoriamente dal Consiglio superiore della magistratura, entro sei mesi dalla sentenza definitiva nell'azione contro lo Stato; l'introduzione di una sanzione pecuniaria che potrà essere inflitta dal Csm al magistrato, fino ad un ter- A. Galante Garrone (Continua a pagina 2 In quarta colonna)

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