Kinshasa brinda per cacciare l'Aids

Kinshasa brinda per cacciare l'Aids Follie di fine anno nella capitale dello Zaire per esorcizzare la paura di una spaventosa epidemia Kinshasa brinda per cacciare l'Aids Il 7 per cento dei cittadini sono portatori sani, pochi lo sanno - Strano silenzio delle autorità nella metropoli africana del piacere -1 viaggi dei ministri a Parigi «per misteriosi esami» - Il presidente Mobutu: «D'ora in poi. nulla sarà come prima» NOSTRO SERVIZIO KINSHASA — Serpeggia un'i:'quietudine che vai bene una festa. Una festa oceanica, delirante. Un Bonaria, un buon anno Infernale, folle, In questa citta nota per drogarsi notte dopo notte con 1 piaceri del ballo, della birra e del sesso. Tra Natale e Capodanno, .Kin», Kinshasa, capitale dello Zaire, ha deciso di esplodere di allegria, in un inno alla vita che ha pochi concorrenti. Si ballerà dappertutto sino a stordirsi, anche nei nganda — i bar all'aperto — più squallidi, sotto i pochi lampioni che ci sono, e In mancanza di meglio al buio. Il ritmo sincopato della rumba rock dilagherà per 40 chilometri sulla riva del fiume, per tutta la lunghezza della «.■ire1, della citta africana miserabile e malsana che si prepara a un veglione regale. Migliaia di bottiglie sono già pronte per la grande sbronza, nelle baracche dove spesso manca la manioca, Centinaia di migliaia di Kinois, gli abitanti di Kinshasa, il colonnello come il doganiere come lo scugnizzo, vivono la frenesia del matabish, la mancia, per «non perdersi la festa*, per «Sfottersi l'atmosfera-, per concedersi con gli amici una delle 800 orchestre della città. E per colpire le donne, «te più belle d'Africa*; concedersi all'alba il lusso di «un po' d'amore*. Kih ha sempre reagito cosi: contrapponendo una formidabile carica d'esuberanza alle miserie che la circondano, la povertà, la disoccupazione, la sovrappopolazione. Matonge, lo sterminato quartiere delle gioie notturne, è come un dispensario aperto a tutti che offre i suol balsami contro la paura della malattia, della morte, dell'impiegabile. Ma questa volta «Kin Kiese», Kindel-piacere forzerà un poco la sua festa. Si abbandonerà più del solito, esorcizzando in maniera cosi paradossale il profondo disagio che l'attanaglia. E', lui, è l'Aids. E' l'oppressione di quell'angoscioso interrogativo che è YAids. Un terrore diffuso, irrazionale. E anonimo, perché per 1 quattro milioni di Kinois 11 morbo continua e. non avere nome, in mancanza di infor- inazione ufficiale. Indizi, sospetti, credenze in molti casi infantili. Ma sempre di Aids si tratta. In questi mesi, Kin ha rimesso in questione quelle che erano le sue spiegazioni rassicuranti e le sue idee semplicistiche. "«Radio marciapiede* diffonde ormai troppi racconti di •morti inspiegabili* perché si possa continuare a non ascoltarla. La diarrea, parte integrante dell'immaginario dello Zaire da quando l'Africa è Africa, suscita paure nuove. E si diffida di quelle ragazze sottili che sino a ieri suscitavano invidia perché piacevano al bianchi. Le donne hanno paura di dimagrire, perché, senza un motivo apparente, gli uomini stanno ritrovando il gusto delle ferme matronali. Segnali, effetti indiretti, interrogativi. Ma 1 Kinois continuano a ignorare la cosa fondamentale: che cioè, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il 7% di loro sarebbe «portatore sano del virus*. Le donne e gli uomini riconosciuti come sieropositivi lasciano quasi sempre il laboratorio di analisi dell'ospedale MamaYemo senza venire messi al corrente delle loro condizioni. Ma molti si stupiscono di quegli avvisi che assicurano: «Le siringhe sono sterilizzate e monouso* ; i funzionari ministeriali si domandano perché mai i membri del governo approfittino dei viaggi a Parigi per sottoporsi a «esami misteriosi*. Fra l'83 e l'84 le «londinesi», le prostitute dei locali per bianchi, si erano prestate alla prima indagine epidemiologica svolta nello Zaire. In cambio di un matabish, o della tariffa di una notte, alcune avevano accettato di farsi prelevare un campione di sangue. Risultato: sieroposlive nel 27% dei casi. Quasi nessuna lo sa. Ma sanno di essere mostrate a dito, appestate più ancora d'un tempo nella cité nera, A mo' di sfida si fanno spavalde, e sulla porta degli alberghi esibiscono preservativi srotolati. Una — ha 16 anni — solleva la maglietta per dimostrare di essere sana. Tutte tentano goffamente di deviare le voci sull'aids: «La malattia c'è al Big Boss (un locale notturno), noi non l'abbiamo. Su, vieni*. Battute salaci, sorrisi da far dimenticare l'Aids, ma senza convinzione. E quando, a notte fonda, una di loro decide di parlare, racconta sette giorni di lutto, quello per Fatou, la sua amica scomparsa. E domanda: «Pensi che morirò anchio?*. Il maresciallo-presidente, Mobutu, la Guida, aveva detto, in occasione dell'ultimo rimpasto ministeriale, in settembre: «D'ora in poi, nulla sarà più. come prima». Questa frase, ripetuta, can¬ tata, scandita, ha assunto il colore vago dell'aids, come un sinistro ritornello. In questa fine dell'86, lentamente, con difficoltà, Kin si arrende all'evidenza del male, pur senza confessarlo. Un clima completamente diverso dal rifiuto netto, dalle risate incredule, dall'ondata di panico che due anni fa accompagnavano i primi campanelli d'allarme dal mondo per lo Zaire. Nell'84 gli intellettuali di Kinshasa avevano gridato al razzismo, vedendo la loro capitale additata come uno del primi focolai del virus. In pochi giorni, per reazione, l'Aids era diventato «una porcheria trasmessa dai bianchi,,. Francesi, belgi, americani, quelli Insomma che frequentavano i «templi dell'Aids* della città, venivano apostrofati allegramente: màiaoAids, tutto bene?*. Nell'84, mentre 11 governo — 11 primo in Africa — elaborava in segreto il «Piano Aids», un'indagine epidemiologica affidata soprattutto a ricercatori americani sotto l'egida dell'Omo, l'irrazionalità si impadronì di Kin. La tv spiegò con estrema serietà che YAids era contenuto In cibi In scatola importati dai Paesi ricchi: per restarne immuni era sufficiente, seguendo 1 precetti di •autenticità* del mobutismo, •mangiare all'africana*. Ci fu poi la storia di quella donna venuta da Brazza, quella seminatrice di morte che si presentava alla porta delle capanne chiedendo un bicchier d'acqua. Famiglie Intere, parola di Kinois, si presero ivi iris. Si decise allora di riderci sopra. Di ballarci sopra la rumba suonata da Franco al ritmo •Si-da Si-da-hé* (la sigla francese dell'Aids è Slda, ndr). Oli studenti inventarono un nome definitivo per questo morbo inafferrabile: •Sindrome immaginaria per dissuadere gli innamorati: Nella follia dell'ignoranza, Kin scelse di tornare alle feste. Nell'85 si incominciò a ridere un po' meno. La paura aveva fatto strada: perché Kin assisteva a una straordinaria fioritura di Chiese e di sette di ogni colore. Stregoni e guaritori facevano affari d'oro. Kin si affidava al divino, o al destino. Comunque, alla morte la città era abituata. I Kinois se ne andavano già al creatore per l'influenza, il morbillo, la malaria. La malaria, in piena recrudescenza, colpiva ben più dell'invisibile Aids. Ono? A lungo, persino i diplomatici europei coprirono inconsciamente la portata dell'epidemia dietro la ripresa, tangibilissima, della malaria. 'L'Africa soffre di tutti i mali — osservava un conslg«ere,si*J^B(lero —. Un% pio, uno meno... Perché farne un dramma?*. Non se ne fa una tragedia neppure nell'86. Oli addetti al •Progetto Aids* di Mama-Yemo confermano con.nuove indagini il numero allarmante di portatori sani a Kin. I risultati vengono pubblicati negli Stati Uniti, non nello Zaire. Il governo tentenna. E' pronta una campagna di prevenzione sotto l'egida di un Comitato nazionale, i dépllants sono già stampati. L'informazione, secondo uno dei responsabili, potrebbe partire già nelle prossime settimane. Oli ospedali e i dispensari potrebbero presto distribuire preservativi. Le scorte di sangue destinato alle trasfusioni potrebbero essere «decontaminate». In un prossimo futuro. La gente ha in parte recuperato 11 ritardo di questi scienziati, di qutsti politici tanto misteriosi. In mancanza di notizie, il sospetto è presente dovunque In città, perché, come dice un alto ufficiale, «la morte per Aids Odetto colpisce intorno a tuli . Una vicenda fra tante, quella del grande drammaturgo Mikanza, ex direttore del Teatro Nazionale di Kinshasa. La suocera è morta di Aids nel maggio '85. •Era una donna giovane, aveva 43 anni — dice —. Viveva sola con mille zau-es (circa ZOO mila lire) al mese, e otto figli a carico. Così, come tante altre, arrotondava*. La suocera di Mikanza abitava a Kikwit, una città arricchitasi troppo rapidamente con l'oro e 1 diamanti del Rasai. •Una città, quindi, di amore facile, e di facile Aids*. I medici hanno avvertito il drammaturgo della natura del male; 1 parenti l'hanno intuita dal silenzio Imbarazzato. Alcuni vicini, •per paura dei microbi* hanno rifiutato di consenti¬ re che la bara restasse aperta durante 11 funerale. Ma lei non ha mai saputo. Quest'anno Mikanza ha perduto anche un cugino, un intellettuale, amministratore di un consiglio pedagogico. Ufficialmente, anche lui è morto senza sapere. Ma prima di andarsene è rimasto nascosto per lunghe settimane nella sede di una setta religiosa, a guardarsi dimagrire. Gli amici del drammaturgo hanno dovuto forzare la porta per farlo portare in ospedale. «L'Aids ci preoccupa soprattutto per il silenzio che gli viene imposto attorno — dice Mikanza —. Perché tacere cosi?». E' una domanda che si pongono anche i medici dello Zaire. Ma come dirlo? Kin sa sopportare bene le brutte notizie, ma la verità sull'Aids? Come chiedere a una popolazione che ha fatto della sessualità il perno del- la sopravvivenza di modificare le sue abitudini fisiche? Chi prenderebbe la decisione? Kin è in primo luogo una megalopoli dell'amore, •una città in erezione*, come - ha scritto un poeta; una città che ogni anno si dilata con migliaia di congolesi, di zambiani, di ugandesi, di se- ; negatesi, di greci, di libanesi, di portoghesi, attirati dalla prospettiva del piacere come del denaro. Un illustre medico zairese vede il principale mezzo di prevenzione, In attesa della scoperta di un vaccino, nel ritorno alla tradizione*, versione sessuale dell'.auten licita mobutista*: un uomo, una donna, dei bambini. Ma non è troppo tardi? A Kin-Kiese, la maggior parte degli uomini sposati mantiene «una seconda, una terza, una quarta* amante da esibire a Matonge, donne che poi ingannano tranquillamente i loro protettori. •Può essere qualsiasi donna — dice un medico — semplicemente costretta dal basso salario a sfruttare un poco il suo fascino*. Studenti, impiegate, «londinesi», magando (quelle che si offrono per il prezzo della corsa di ritorno in taxi), dumba (prostitute d'alto bordo): Kin sgrana una complessa serie di funzioni femminili finalizzate al piacere più o meno retribuito di un nvaoundu, un grande borghese, o di un chicchoc chéques generoso, un universitario o un celibe bianco. Trascurate, le marna se ne vanno in compagnia di giovani mantenuti, i mwana nsusu, i poUastrelli. Non è vizio: è l'incontro — sino a ieri felice, e drammatico in questi tempi di virus — tra il carattere bantu per natura estroverso e «liberato», e una città-fungo che crede di aver trovato nel sesso l'alchimia del suo futuro. Se dovesse rinunciarci, Kin la prenderebbe molto male. Come prova, un'ultima storia: alla sua morte, un alto funzionario colpito da Aids ha lasciato come testamento l'elenco di tutte le donne sposate che aveva deliberatamente contagiato. •Capisci — racconta ridendo una "londinese" — non ha voluto abbandonare il campo da solo*. Philippe Boggio .■■ il Copyright «.Le Monde» e per l'Italia <La Stampa» Kih Nt li id In colore scuro sono segnati I Paesi africani che hanno denunciato casi di Aids all'Organizzazione mondiale della Sanità. La cartina non tiene però conto della grande disparità esistente fra le nazioni del Maghreb che paiono poco toccate e Paesi come Burundi, Ruanda, Uganda, Zaire In cui l'Aids è ormai un vero flagello difficilmente contrastabile Kinshasa. Net clima l'incredulità sull'Aids lascia il posto alla paura (Foto Team)

Persone citate: Boss, Odetto, Philippe Boggio