«Ma la morte non esiste» di Lietta Tornabuoni

«Mala morte non esiste» «Mala morte non esiste» Donatella Baglivo, autrice di un film-ritratto del regista e molto legata a lui, dice: «L'esilio è stato un grande dolore sentito come un tradimento, e un motivo della sua malattia interiore» ROMA — Sottile e amorosa, la voce d'una ragazza che nel film non si vede domanda: -Pensi di essere immortale?». mSÌ, questo è sicuro», scherza Andrei Tarkovskij. Sta oltre un ruscello, tra gli alberi. Porta una giacca di camoscio, è quasi estate, un giorno del 1983. Dice anche: •Per me la morte non esiste. Una volta ho sognato di essere morto. Tutto era molto simile alla realtà. Ho sentito in quel momento una grande libertà, una leggerezza incredibile. Non credo all'esistenza della morte. Forse quando lainconpr^òmi verrà''pau-■ ra...... Come.suonano strane le sue paróle, adesso. ' La ragazza che nel film non si vede è l'amica italiana del regista, Donatella Baglivo. regista, produttrice, proprietaria di una piccola azienda cinematografica, che gli ha insegnato l'italiano e gli è stata accanto sempre, nel lavoro e nel riposo. Si conobbero la prima volta che Tarkovskij, con. l'aiuto di Tonino Guerra, venne in Italia nel 1980. « Un rapporto nato in moviola», racconta. «Io stavo lavorando al montaggio di uno special sul film di Anghelopoulos, Megalexandros. Lui mi chiese se poteva venire in moviola, perché in quel momento non lavorava, aspettava il perfezionamento del contratto per Nostalgia: e gli piaceva stare in un ambiente professionale, stare con me». Senza soldi L'ultima volta che lo ha visto è stato prima del Natale 1985, prima che la devastazione portata dalla chemioterapia, la faccia e il corpo enfiati, la perdita dèi capelli, l'infinita fragilità, lo spingessero a non volere più farsi vedere; prima che la malattia e altre cose gli togliessero «ogni desiderio di vivere». Con dolore, Donatella Baglivo racconta Tarkovskij come •uno dei russi più innamorati del proprio Paese: anche se il desiderio d'esprimersi liberamente era più forte, l'essersene dovuto andare è stato un grande dolore sentito come un tradimento, e un motivo della sua malattia interiore». Ricorda che all'inizio dell'esilio •proprio non aveva i soldi per mantenersi; né alla fine aveva, più soldi per s v I suoi film Ecco la filmografia di Andrej Tarkovsklìr.cqo-; 1960: «Katok i slcrypka» (Il rullo compressore e il violino); 1962: «Ivanovo detstvo» (L'infanzia di Ivan); 1966: «Andrej Rublev»; 1972: «Solaris»; 1974: «Zerkalo» (Lo specchio); 1979: «Stalker»; 1983: «Nostalghia»; 1986: «Offret sacrificatio» (Il sacrificio), v ' curarsi. Dice che era molto sensibile, molto duro con la gente di potere e con chi vendeva il proprio talento, molto dolente per l'assenza di rapporti con il figlio e la figlia nati dal primo matrimonio e abitanti néìlTJrss, molto sicuro del proprio lavora Molto mutevole: « Viveva momenti davvero felici, poi di colpo si turbava come per un senso di colpa: a volte era il più semplice del mondo, a volte il più complicato». Dice: »Mi piaceva tanto parlare con lui. Passavamo giorni interi a parlare. Io sentivo che poteva dare grandi lezioni di vita parlando, e ho voluto estendere a altri il mio privilegio di ascoltarlo». Cosi Donatella Baglivo ha realizzato un film, intitolato Andrei Tarkovskij, un poeta nel cinema, dedicato «al più grande poeta russo contemporaneo, Arsenj Tarkovskij», il padre del regista che vive nell'Urss, molto vecchio, molto malato e molto povero. Da questo film, presentato a molti festival e nelle università americane, riascoltiamo adesso i pensieri di Tarkovskij. AI GIOVANI — Vorrei che imparassero a amare di più la solitudine: l'individuo deve imparare fin dall'infanzia a vivere solo, il che non vuol dire essere solo... Ai giovani auguro che possano vivere delle loro passioni, credere in se stessi. E che diventino indifesi come bambini, perché la debolezza è potenza, la forza è niente: rigidità e forza.sono compagne della morie, debolezza é'fìéssibilità sono compagne della vita. PERCHE' — Questo mondo non è stato creato per la felicità dell'uomo. Siamo su questa terra per lottare, per consentire al bene e al male di contrastarsi e perclié il bene vinca e noi ci si arricchisca spiritualmente. INFANZIA — Sono nato in un piccolo villaggio sulla riva del Volga, che adesso non c'è più. Hanno alzato gli argini e il Volga ha sommerso il paese... L'infanzia è il periodo più importante della mia viia, quello che ha fissato le impressioni di tutto il mio futuro: con l'infanzia l'uomo nutre tutta l'attività creativa dell'età adulta... I miei genitori si separarono, era il 1935 o 1936. Vivevo con mia madre, mia nonna, mia sorella: sono cresciuto in una famiglia senza uomini, forse questo ha avuto una grande influenza sul mio carattere. La mia casa d'infanzia era in campagna, lontana da Mosca. Un giorno mio padre venne da noi, e voleva che mia madre mi lasciasse andare a vivere con lui. Io ascoltavo. Mia madre piangeva. Anch'io piangevo ma piano, senza farmi sentire. Pensai che non avrei mai accettato, anche se per tutta la vita ho sentito la mancanza di un padre... Il mio caratte¬ re somigliava a quello di una pianta: non pensavo ma sentivo, percepivo... Chissà se l'infanzia se n'è andata o se resta ancora con me. Penso che se si fosse perduta nell'oblio io non potrei fare niente nel cinema. PADRE — Mio padre è senz'altro il più grande poeta russo vivente, su questo non ci sono dubbi- Tornò dalla guerra senza una gamba, decorato con l'Ordine della Stella Rossa e con il grado di capitano. Durante quel tempo molto duro avevo due soli pensieri: che la guerra finisse, e che mio padre tornasse da noi.; «Mi salvò» MADRE — Tutta la mia infanzia è legata a mia madre. Ha avuto una vita molto difficile. Come mio padre, studiava all'Istituto di Letteratura, s'incontrarono li: ma con due figli non potè laurearsi, e quando mio padre ci lasciò andò a lavorare come correttrice alla tipografia Zdanov. Tutto quello che sono e che ho lo devo a lei, ai suoi sacrifici. A ventanni ero finito in cattive compagnie, e lei mi salvò mandandomi a lavorare come operaio in Siberia, con un gruppo di geologi: è stato il mio periodo più bello. Mia madre voleva che la mia vita fosse legata all'arte. Amò molto mio padre, fino alla fine dei suoi giorni. Voleva che gli somigliassi. Ma non sono diventato musicista, direttore d'orchestra o pittore o scultore, tutte cose che pure avevo studiato... Quando mia madre morì nel 1983, ho pianto. Mi sentii molto solo. Non piangevo perché provavo pena per mia madre morta. Piansi per egoismo, perché mi sentivo solo: erano lacrime egoiste. ACQUA — L'acqua mi piace molto, mi racconta molte cose, Il mare è troppo vasto per ine: non mi fa paura, ma è una superficie troppo monotona, non fa parte del mio mondo interiore. Ruscelli, fiumiciattoli: è lo spazio più limitato quello che mi è più caro. L'acqua è qualcosa di abbastanza misterioso, è una delle cose più belle di questo mondo. MONDO — Io tendo a avere un approccio col mondo a livello contemplativo e emotivo. Non tendo a ragionarci su ma a percepirlo, come un bambino. CINEMA — Il cinema è la forma più infelice d'arte, perché dipende moltissimo dal danaro.. All'inizio non riuscivo a capire cosa fosse, non percepivo, non avevo capito che col cinema ci si potesse esprimere come con la poesia. Soltanto tardi capii che era possibile venire in contatto attraverso il cinema con l'elemento spirituale. Ma il cinema è un mistero; come ogni altra forma d'arte.. Non sono mai riuscito a separare la mia vita personale dai film che facevo. Non riesco a scindere la mia coscienza dai film che faccio. Per me è la vita, ogni film è un'azione detta mia vita... Cos'è nel cinema un poeta, un autoret Quel regista che crea il proprio mondo, e che non tenta sfp di riprodurre la realtà che lo circonda. SCIENZA — Galileo, Einstein? Mi pare che entrambi si siano sbagliati... Dopo un lungo processo storico, siamo giunti nella nostra civiltà a un terribile conflitto: c'è un grande dislivello tra lo sviluppo della scienza e della tecnologia e lo sviluppo dell'uomo. PUBBLICO — Io non mi sono mai messo nei panni dello spettatore: è una cosa inutile. La cosa migliore è restare se stessi, e la gente capirà: i poeti, gli autori, non sanno piacere. ARTE — Prima d'interrogarsi sull'arte bisognerebbe farsi una domanda più vasta: qual è il senso della presenza umana su questa terra? Forse innalzarci spiritualmente. Se è cosi, l'arte è uno dei mezzi per innalzarsi. C'è chi afferma che l'arte è conoscenza, come ogni altra forma intellettuale. Ma l'arte serve all'uomo per innalzarsi al di sopra di se stesso, per usare quello che definiamo libero arbitrio... Ogni artista è sotto pressione, e non lavora mai in condizioni ideali. L'artista non vive in un vuoto senz'aria: una pressione deve esistere, e l'artista esiste proprio perché il mondo non è perfetto. L'arte nasce da un mondo malcongegnato. PAURA — Io avverto la natura inerme dell'essere umano, me compreso. Scontrarsi con la violenza umana, col male che l'uomo porta dentro di sé, è la cosa peggiore che possa esistere. AMORE — E' una catastrofe. Non mi piace essere innamorato, perché per me è come una grande malattia. Quando sono innamorato non mi sento felice: mi sento sconvolto. PATRIA — Io amo moltissimo la mia terra, e non so immaginare come potrei vivere molto tempo lontano dalla mia terra. A cura di Lietta Tornabuoni

Luoghi citati: Italia, Mosca, Roma, Siberia, Urss