A Capodimonte la luce degli Impressionisti di Angelo Dragone

A Capodimonte la luce degli Impressionisti NAPOLI: 47 CAPOLAVORI «AMERICANI» DI UN MOVIMENTO (E DI UN COLLEZIONISMO) A Capodimonte la luce degli Impressionisti DAL NOSTRO INVIATO NAPOLI — Nelle sale del Museo di Capodimonte che con dipinti e sculture, risorgimentali e non, costituiscono la «Galleria dell'Ottocento», un più intenso gioco di luci sottolinea l'eccezionale presenza di 47 quadri che, col loro nucleo di Impressionisti francesi, provengono dal , Metropolitan di New York e dalla National Gallery di Washington. E' il primo frutto d'uno scambio culturale con gli Stati Uniti cui venne dato avvio dal soprintendente di Napoli Raffaello Causa e, dopo la sua improvvisa scomparsa, da Nicola Spinosa. Due grandi rassegne — nell'83 La pittura a Napoli da Caravaggio a Luca Giordano e l'anno dopo Caravaggio e il suo tempo — varcarono l'oceano, mentre una terza, su L'età del Correggio e dei Carrocci (organizzata dalla Soprintendenza di Bologna), proprio In questi giorni sta riscuotendo grande successo a Washington ed è prossima a trasferirsi a New York. Per l'apporto offerto in quei frangenti dalle raccolte milanesi, sarà 11 capoluogo lombardo a ospitare, dopo Napoli, 1 «capolavori» statunitènsi presentandoli nelle, sale di Brera da poco ristrutturate. Nonostante la disponibilità americana, tutto questo non sarebbe stato possibile senza 11 cospicuo finanziamento del Oes.fl.mi e l'appoggio dell'Amalia. Quarantasette opere non bastano a riassumere una vicenda di capitale importanza quale fu l'Impressionismo durante gli ultimi decenni del secolo scorso (con sviluppi databili tra il 1867 e l'80) e nel primo Novecento. La mostra non aspira dunque a una documentazione scientifica dell'importante pagina di storia dell'arte nella quale dovevano emergere, con Manet e Degas, che ne erano stati gli antesignani, Monet — il cui quadro intitolato Impression, soleil levant avrebbe dato 11 nome al movimento —, Pissarro, Ouillaumln, Cézanne e Renoir. Berthe Morizot e l'americana Mary Cassat, sino a Oauguln e a Van Oogh con Signac e Sisley. Se quindi nell'esposizione si è inteso muovere dall'ancor. romantico Corot e dal realismo di Courbet, per illustrare le radici dell'Impressionismo, con le opere più tarde si toccano le mete degli ultimi Cézanne e le svolte del postimpressionismo, col puntinismo e 11 simbolismo, In cui devono vedersi le estreme declinazioni formali del fenomeno sino alle soglie del cubismo. Anche più interessante, forse — soprattutto spigolando tra le schede del catalogo èdito da Elocta-Napoli —, la possibilità di gettare uno sguardo sul collezionismo privato e pubblico in America, dove un cosi Ingente patrimonio d'arte era stato accumulato di decennio In decennio, fin dagli Anni 80 del secolo scorso. Per accen- naie ad alcuni di quei «nomi» si potrebbe ricordare Louislne Havemeyer, amica di Mary Cassat. La sua donazione di 35 dipinti dèi maggiori interpreti dell'Impressiónismó, fondamentale per 11 Metropolitan di New York, è del '29. Altre donazioni di grande rilievo sono state le 252 opere della collezione Chesterdale: con numerosi Corot e Courbet, Manet e Monet, Renoir, Pissarrc, Cézanne e Degas, e con una clausola che ne avrebbe Impedito 11 prestito ad altri musei. Diversamente Ispirato fu il diplomatico e statista W. Averell Harriman, che chiese invece l'Impegno al prestito dei dipinti donati, sicché cinque dei più suggestivi tra 1 47 dipinti giunti a Napoli sono suol: ricordiamo 11 puntinismo del Paesaggio marino di Seurat, i Coponi di fieno in Bretagna di Oauguln e l'allucinata, inquietante bellezza delle figu¬ re del suo Parole del diavolo («Parau na te Vania ino») avvolte da una natura carica di misteriose tensioni e accensioni di colore. Decisamente rilevante è il contributo avuto dalla National Gallery dalla donazione di oltre 900 opere impressioniste, da parte di Paul Mellon e di Ailsa Mellon Bruce, cui si devono altri 14 dei dipinti esposti, come la Donna col parasole di Monet o i due straordinari Manet: La prugna, quasi imparentata col probabilmente coevo, famosissimo Absinthe di Degas (1876). da intendersi quindi come la verifica dell'appartenenza loro a una stessa temperie, e i minuscoli (cm 24x32 circa) ma bellissimi Fiori in un roso di cristallo. In alcuni dei quadri scelti per Napoli si direbbe prevalga il documento: Madame Edouard Manet, non finito, è stato rifatto tre volte sulla stessa tela prima che Manet l'abbandonasse privo di firma, ma ha conservato l'ariosa atmosfera e l'eleganza d'Impianto, mentre nel Ragazzo con spada e in Ostriche, una delle prime sue nature morte, s'avvertono i debiti con Velasquez, Goya e gli stessi Olandesi del Seicento. I «capolavori» In ogni caso non mancano. E fin dalle prime battute. Per esempio nella figura assisa all'aperto di Donna che legge e nel luminoso arabesco del paesaggio con la Donna che lega fascine a Ville d'Avray, entrambi di Corot, come nel¬ l'ampio respiro del bosco, fatto tutto di memorizzati realismi, che fa da sfondo ai Cani da caccia di Courbet, ma più ancora nel trionfante mezzo nudo femminile di Donna ira le onde, destinato a oscurare la tradizionale bellezza d'ogni classicheggiante divinità. Al vigoroso paesaggio di Pissarro. che a suo tempo potè apparir persino volgare, verrà spontaneo opporre la luminosa atmosfera dei quadri di Degas. col movimento che vi assumono te Ballerine — in questo periodo da porsi a Napoli in diretto rapporto con le sue sculture in bronzo, esposte contemporaneamente in una loro sala attraverso una diversa iniziativa napoletana — ma soprattutto l'estrema libertà impressionistica che con le sue ombre colorate, caratterizza le figure femminili di Renoir, ma anche l'essenzialità di forme che, pur nella luce dell'Impressionismo, venne raggiunta da Cézanne. Ciò che si vede chiaramente nelle Bagnanti come nella «Invenzione quasi geometrizzante del suoi Mont Saint-Victoire, e non diversamente nella concretezza con cui negli stessi ritratti della moglie, il maestro riuscì a raggiungere la modernità: costruendo a fronte delle suggestioni* del vero, l'ideazione di una costruzione propria, dotata di leggi tutte sue come pure d'una sua chiave di poetica lettura. Angelo Dragone ustave Courbet: «Donna tra le onde» (Metropolitan, New York