Polonia, la fatica della Maschera di Barbara Spinelli

Polonia, la fatica della Maschera EUROPA CENTRALE ANNO ZERO: DOVE LA GUERRA NON E FINITA Polonia, la fatica della Maschera Nessun altro Paese dell'Est ha una società parallela così sviluppata, con 400 giornali clandestini e una nuova razza: il dandy - Oscillante tra salotto letterario, chiesa e politica, egli vuol mascherarsi per sopravvivere ai disincanti feroci - Fame di dollari e corruzione - Alla tomba di Popielusko - «Ridotti a essere nemmeno più lupi per gli altri nomini, ma topi» DAL NOSTRO INVIATO CRACOVIA — II ristorante dell'hotel Polskt, a Cracovia, ha un aspetto abbastanza gradevole. E' illuminato bene, le tovaglie sono relativamente pulite anche se restano briciole dell'avventore che ti ha preceduto. Se non fosse per quel cameriere sudaticcio che ti guarda di traverso, e per mezz'ora ti ignora, e promette scrosci di scortesia, non sospetteresti che anche qui ritroverai la Polonia sdoppiata, il ditirambo che abbiglia l'antipatia. Tanto più. che il menù è magnanimo: una certa quantità di zuppe, quattro tipi di pesce, altrettante proposte di carne, contorni di varia natura. Che importa la scortesia — ti dici — e ordini quel che offre la casa. Invece no. La scortesia non è irrilevante, e in questa parte d'Europa è troppo diffusa per non metterti in allarme. E'così che dopo un biascicato scambio di parole col sudaticcio in questione mi rendo conto che il menù è un bluff. I piatti sono inventati, dal primo all'ultimo. Il sudaticcio non ha complessi ma il mio stupore un poco lo ingentilisce. Tanto quanto basta, almeno, per mostrarmi dietro un'appannata vetrina all'in gresso i soli quattro piatti disponibili: gelatina di pollo e insalata, gelatina di cavolo, formaggio ingiallito, verza cotta. Ordino formaggio ingiallito e verza, aspetto una mezz'ora più scombussolata della prima. Sono precipitata in un mondo assurdo e l'assurdo acuisce i sensi. Ci sono cose non dette nell'aria, interdette, c'è il mondo del menù lirico e quello del menù prosaico e per qualche oscura ragione sei in una trappola. In altre parole: sei invitato a negoziare avidamente un terzo menù,- ad.: ammiccare con furberia piuttosto che a comunicare) -a calcolare l'egoismo dell'Altro pérdosUre nella proporzione giusta il tuo. Sei invitato alla corruzione, soprattutto se vieni dall'Occidente. Lo straniero, quando atterra in Utopia, è Dollaro fatto carne: se non usa del proprio potere l'iniziazione sarà alienante, e nemmeno la pianta della città riuscirai a scovare. Utopia: perdita del Luogo, del tòpos. Difficile trovare la mappa di Varsavia. Fino a qualche anno fa anche a Praga le piantine erano merce rara. In parte è una perdita di memoria imposta dall'alto, e adesso interiorizzata. In parte è «l'indifferenza al paesaggio» di cui parla lo scrittore Adam Zagayevski: virus che minaccia la gente comune come l'intellettuale d'opposizione. Resta che non so spiegarmi sino in fondo questa negligenza nei confronti del turista, in un Paese cosi affamato di valuta. Il turista in Polonia è dissuaso dal restare, è spinto a diffidare, imbrogliare. A Varsavia per esempio girovago un'intera giornata alla ricerca di una camera d'albergo. Eppure gli alberghi sono semivuoti. Alla fine sono accolta all'hotel Victoria (è la terza volta che provo) ma noti senza'sborsare sotto banco, al portiere, la considerevole somma di. 35 dollari:'Uno 'stipendio mensile, al cambio nero. Per i soldi L'hotel Victoria è una Babilonia in mezzo allo sfascio. A Victoria-City sei subito laido. Formicola di arabi, tedeschi occidentali, piccoli businessmen locali che incurvati scambiano dollari. Christof, un polacco che mi guida nei suoi meandri, mi dice che «sono però businessmen per modo di dire: affetti da cretineria autodevastante: i loro dollari li sperperano in dodici ore; o li bevono o li affogano in mezzo alle gambe delle puttane». Brulica anche di puttane, Victoria- City, alcune sono belle adolescenti altre truccano l'età e son pronte a vender tutto pur di tornare a casa con stecca di Marlboro, vodka bevibile, golfino di angora con Strass. Se li fanno regalare al Pevex dell'hotel, che è tempio eretto in onore del Dollaro Re. In ogni Paese d'Europa centroorientale il bazar ha un nome diverso. Ma sbagli se pensi che al Pevex non compri che vodka e Strass. Se hai dollari, troverai anche (a prezzi stracciati) l'indispensabile per esistere: carbone, cemento, vareèltina, dentifricio, carta igienica. Oppure.latte,in,po\pere per neonati, vitamina.C, aspirina. Puoi anche andare ai negozi normali, come Christina, la pensionata che conosco a Cracovia: «Ma normalmente devi alzarti la mattina alle quattro, metterti in coda, e sapere che quest'inverno c'è penuria di varechina, carta igienica, detersivi». «Dimmi tu come difendersi dalla normalità, in simili condizioni. Dalla noia di quelle code. Dimmi tu se non è nichilismo organizzato, quest'uomo defraudato di miti e ridotto a non realizzare altro che se stesso. A essere nemmeno più lupo per l'altro uomo, ma topo: Zinoviev ha ragione perché l'homo sovieticus si infiltra dappertutto, ha ucciso quest'Europa Centrale che è magica ma solo nei nostri sogni». Chrxbtof è uno studente fallito, ai tempi di Solidarietà «tutto era diverso, di soldi non si parlava più. il lavoro aveva un senso». Da qualclie anno però ha «gettato la spugna», si è improvvisato killer privato di scarafaggi, con bombola spray e fame di dollari. Ghostbuster a Varsavia. Mi sbatte in faccia la realtà — la russificazione del paesaggio, delle parole, dei rapporti umani — e poi 77ii scruta coTTte qhi sa che il vizio' nìchilisia é\iMversale, non si sa.penfi.se. nasce a Est. o a Ovest, ili rac-. conta deWirrozzimento delle maniere, della atomizzata società dove l'individuo è ricacciato nel privato per decreto ma intanto cessa di essere cittadino, e paradossalmente si scatena, si sconnette. Mi parla della normalizzazione nichilista che «ha vinto ovunque» a Est, e dell'Occidente che si sente «falsamente risparmiato». Tuttavia Varsavie non è Praga, con V partito di Husàk metamorfizzato in mafia sicula e i suoi dissidenti seppelliti. Né è Budapest con il suo finto altalenare fra Est sovietizzato e Ovest capitalista. La Polonia è spaccata in due come nessun Paese est-euro- p peo lo è, non c'è altra nazione dove la società parallela sia così sviluppata, potente, ricca di riviste, edizioni clandestine (400 giornali circa, decine di case editrici che tirano fino a 8000 copie). Certo decade anche qui il paesaggio, e assai più di altrove, ma sempre coesistono — senza mescolarsi — il cinismo degli scoraggiati e la vigilanza etica dei mobilitati, il partito di chi crede e quello della mafia, il cedimento alla morte per avidità di sopravvivere e l'accettazione liberatrice della morti come* volontà di compiete una vita. In questo senso la storia di Solidarnoscpone dir lemmi eterni, che concernono ognuno di noi. Sull'abisso Ultimamente poi ha fatto irruzione nella società parallela, in concomitanza con l'amnistia di settembre, una nuova razza. E' l'aristocrazia del dandy, brindante come nei romanzi di Roth sull'orlo dell'abisso. E' blasé, reduce innervosito dell'odissea di Solidamosc. Oscilla fra il salotto letterario, la riunione politica e quel centro di raccoglimento nazionale, unica vera colla della Polonia, che è la Chiesa. Anche gli intellettuali cattolici più ufficiali, a loro modo, sono impregnati di dandismo, di appetito di mascherarsi, e mascherandosi distinguersi. Varsavia. Praga. Budapest: in realtà la società parallela la riscoprirò a ogni tappa del mio viaggio, più o meno nascosta. Sorretta dalla filosofia della maschera, che è modo comune degli europei centro-orientali di sfuggire alla sovietizzazione, di non divenire denti senza radici, corone traballanti sulle mascelle del Nuovo Impero. Ogni Paese ricorre alle proprie simbologie, nel confezionare la maschera rispettiva. In Cecoslovacchia è la contadina, astutissima stupidità del bravo soldato Sveyk. In Ungheria è la fabbricazione postuma, febbrile, di una Storia grandiosae solitaria, diversa dallo zoo kadariano di individui tenuti al guinzaglio. Ma il dandy polacco, nobile per necessità, orfano dei suoi ebrei come di una borghesia intelligente, è irripetibile. Sfiancato da cinque anni di normalizzazione, oggi è in piena autocritica, ma autocritica elegantemente dissimulata. «Dietro la maschera puoi ricostruire la Persona integrale», mi dice S.P., filosofo dell'opposizione, collaboratore della rivista clandestina Arka. «puoi pensare la Res publica, dunque la Storia, dunque il rapporto con l'Altro, à partire dall'esperienza della notte e della morte rimemorizzata». £' la «solidarietà degli squassati — scossi «nella loro fede nel giorno, nella vita, nella pace» — di rrui parla il filosofo cecoslovacco Jan Patocka, venerato in Polonia. Le grandi manifestazioni pubbliche sono finite, e sul loro lirismo si comincia a ironizzare, «non fosse altro per sconcertare Jaruzelski». Il dandy polacco ha qualcosa di ottocentesco, sembra uscito dàlie righe di ecp a a a n a a el » odi e o n e o o, di Baudelaire, è disincantato e al tempo'stesso ha una granitica tensione verso il sacro. «In fondo 11 dandismo è una specie di religione» scritie Baudelaire, e sembra scritto per la Polonia di quest'inverno '86. Il dandy polacco non ha nulla a che vedere con il libertinismo di massa, miscredente e conformista, dell'Occidente. Qui esercita ancora un fascino, è un mistico e conservatore per aristocratico disgusto, è antipatriottardo e antimodernista. A 'Officina», una casa editrice clandestina che pubblica Nabokov e Kundera, Nicola Chiaromonte e Orwell, mi confermano: «Conclusa l'epoca entusiastica dell'80, molti di noi hanno scelto di coltivare le distanze, di parlare d'altro. E sappiamo che c'è molto sproloquio sterile, in questo esercizio, ma in realtà è una ferrea disciplina spirituale, e professionale». Il rapporto del dandy con la Chiesa è ambiguo. Trova la Chiesa troppo benpensante e seriosa, ma in fondo è in concorrenza con lo stile religioso e ha un'immensa ammirazione per le due grandi riviste culturali cattoliche che da decenni sfidano le autorità uscendo in pubblico: Tygodnik Powszechny e Znak, edite a Cracovia. Adam Michnik, leader di Solidamosc più volte imprigionato, è un tipico esempio del neo-dandismo polacco. Anni fa assomigliava ai nostri sessantottini, tutto assorto nel lavoro politico e non ancora «squassato: In carcere ha divorato Turgheniev e Dostoevskij, Tocqueville e Thomas Mann. Ora scrive limpidi e autoironici saggi sul ruolo dell'intellettuale in questa Europa globalmente smobilitata, pencolante sempre fra voli immaginari e mediocri-cadute. Eccoci dunque ritornati alla casella di partenza: a quella divaricazione tra menù lirico e prosaico. Tra Grandi Aspettative e disincanti feroci. E' il mio ultimo giorno a Varsavia, prima di partire per Praga. L'ultimo appuntamento è con un economista che ho conosciuto a Cracovia. Ha barbetta grigionera, e sguardo triste. Chiacchieriamo di catastrofe in un caffè, in piedi. Gli dico che prima di partire vorrei portare un fiore sulla tomba di Jerzy Popielusko (il preteprofeta ucciso a bastonate dai miliziani nell'84) nella chiesa di Stanislav Kostka dove è seppellito. S. è commosso, abbiamo i minuti contati e nonostante le mie obiezioni insiste per guidarmi nel pellegrinaggio con la sua Fiat 126 sgangherata. «Poi troveremo un taxi oppure la accompagno io. tanto l'aeroporto non è lontano». Ci raccogliamo davanti alla tomba, un'immensa croce ài marmo marrone sdraiata sull'erba e sommersa di fiori. Taxi, come immaginavo, non ne troviamo e S. baldanzoso ma non troppo imbocca la strada dell'aeroporto. «Siamo vicini, ripete, appena qualche chilometro». 17. che vuol dire: non c'è discrepanza tra aspirazione cavalleresca e realtà, tra slancio alato e forza di gravità. «Erano belli i sedici mesi di Solidamosc», intercala durante la corsa. Invece discrepanza c'è. Ti si rivela come uno Khiaffo matemo, come Icaro che i cessantemente idc. A metà strada la piccoli fiat arancione sbuffa, perde giri, rallenta. «Per la miseria, è finita la benzina», Tnormora l'amico e accosta a destra. Apre la portiera, tira fuori la mia valigia Valextra, fa l'autostop. Si ferma un camioncino ancora più malandato, accetta di caricarmi. Ci salutiamo appena. Come scusarti, come tradurre il groppo in gola: dovevo sapere, lo sapevo, che la benzina è razionata. Non più di 24 litri al mese per la • 126», non più di 36 per le cilindrate più grosse, al mercato nero puoi trovarla ma quattro volte più cara. Domando: «Ma lei come torna a casa?». «Fa niente, sono abituato». Abituato a tentare il destino, a fingere che le barriere non esistano. A sfidare il diavolo e puntare sul Miracolo. Il camioncino parte. Vedo l'amico con barbetta e automobilina arancione allontarsi e rimpicciolire sempre più. E' l'ultima immagine che ho, della Polonia. Che fatica, la Maschera. Barbara Spinelli # R/eszow, febbraio 1981.1 contadini chiedono un nuovo sindacato rurale. «Ai tempi di Solidamosc il lavoro aveva un senso» (G. Neri)