Inquietudini di Strindberg nell'«Inferno» di Salines

Inquietudini di Strindberg nell'«Interno» di Salines Inquietudini di Strindberg nell'«Interno» di Salines TORINO — Antonio Salines è un attore notturno. Sta alle angosce esistenziali come il fulmine al temporale. Ecco perché predilige i personaggi obliqui, gli autori lacerati le atmosfere in nero. Nella Sala Valentino del Nuovo ha rappresentato L'inferno di Strindberg, uno spettacolo che Dario Della Porta ha tratto da alcuni romanzi dello scrittore svedese. Già il titolo ci introduce non a una particolare opera strindberghiana, ma a una condizione biografica. L'inferno è la vita coniugale, il rapporto con la donna complicato da nevrosi individuali, da una strisciante follia, da pulsioni negromantiche, da tormenti teologici appena placati da un ricorrente Agnus Dei. Strindberg ebbe tre mogli, ma cosi simili fra loro che Della Porta le assimila giustamente ad una sola figura femminile. Ed ecco che, nello spettacolo, lo scrittore non si dilania con questa o quella moglie, ma con la Donna, con un essere supremo che contiene in sé la Madre. Per bisogno di sicurezza, naturalmente, per desiderio di regredire nella fanciullezza e nel sogno. Quel cavallo a dondolo messo in proscenio, fra gli arredi borghesi, i libri, l'emblema dell'oro che Strindberg tentò di fabbricare, è il segno di un insanabile dissidio. Dice 11 personaggio Strindberg: «7 libri, loro, la magia, le lettere più segrete uccidono la mia umanità. Le mie follie sono quelle d'un bambino»; e, rivolto all'ipotetica donna-madre, aggiunge: ^Perdona e ritorna, sono tuo figlio, un bambino*. E' tutto 11 l'inferno da camera che Salines fa esplodere con febbricitante Inquietudine. Con lui recitano Francesca Bianco e Umberto Conte, che. in un angolo della scena, legge alcuni brani strindberghiani che fanno da raccordo alle situazioni e da commento all'azione. o.g.

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