Missionario tra gli autonomi di Marco Tosatti

Missionario tra gli autonomi Inedita assemblea degli extraparlamentari romani con un frate saveriano Missionario tra gli autonomi Don Luigi Melandri: «Il 25 ottobre avete parlato coi bastoni, la violenza è debolezza» - La replica: «Spesso è Tunica strada» - Ma anche all'interno del movimento qualcuno ha dei dubbi ROMA — Tema: un'omelia sull'inutilità politica della violenza. Protagonisti: un religioso saveriano, direttore di «Missione Oggi», una delle riviste di punta del mondo missionario, e decine di «autonomi», quelli ritenuti responsabili degli incidenti di Roma nella Marcia per la pace del 25 ottobre. Luogo: il Comitato di quartiere dell'Alberone, sull'Appia Nuova, una sede «stòrica» della sinistra extraparlamentare capitolina nelle annate dure, '68 e '77. Commento finale di anonimo dal fondo dello scantinato fumoso: •Ahò, se questo prete continua a parla ancora un po', va a finire che ce porta tutti a fa' la communione.. Era solo una battuta, ovviamente, e 1 presenti non hanno rischiato una conversione immediata in quest'assemblea Inedita. Don Luigi Melandri, un religioso di Parma sulla quarantina, tarchiatello e con una gran criniera di capelli precocemente bianchi, non era 11 per caso. L'avevano invitato gli autonomi stessi, dopo una sua lettera aperta al movimento, pubblicata sul Manifesto del 21 novembre. •Io ero a Roma il 25 ottobre — scriveva il religioso — e fra i tanti linguaggi parlati durante la manifestazione c'era anche il vostro. Un linguaggio duro, talmente duro da farsi violenza. Avete parlato coi bastoni, con le' lamette, con i bulloni. Io però vi confesso di non aver capito. Per questo vi lancio una proposta: incontriamoci, dialoghiamo, litighiamo anche, ma parlandoci, cercando di capirsi, uscendo da pregiudizi e incomprensioni. Sema sospetti reciproci, senza paure-. Qualche giorno più tardi, la risposta e un invito. Giovedì, l'assemblea. La testa di un gran drago di cartapesta giallo e verde, un po' malconcia per aver aperto tanti cortei, troneggia nel piccolo ingresso. Una scaletta con la ringhiera in ferro scivola verso un seminterrato bianco a calce. Sui muri, manifesti di prote¬ ste antiche e attuali, al centro un tavolaccio di legno dipinto di rosso davanti a una platea di sedie scompagnate. L'uditorio è altrettanto eterogeneo. Giovanissimi e militanti «storici» sul quaranta e più; giacconi di pelle e capelli lunghi affiancati a un «look, stile austerità rivoluzionaria; un tocco punk qua e la e orecchini strigoli ostentati da giovani barbuti. Al tavolo rosso, emozionato, apre il dibattito Marco d'Ubaldo, Piccolino, scattante, baffetti, capelli corti su occhi chiari. Prima di dare la parola al missionario rivendica: -Negli anni del riflusso siamo stati lo zoccolo duro della memoria, coloro che si sono rifiutati di abiurare-. Don Melandri, nel suo completo spigato su un maglione a losanghe, lo fissa sorridendo e attacca a fon¬ do. 'Non so se qui ci sia qualcuno che pensa che la violenza sia produttiva, ma ritengo che anche chi fa la violenza deve averne le ragioni — dice nel suo rotondo accento emiliano —. La violenza è segno di debolezza, è fuga, incapacità di usare altri sistemi e credere ad altri valori'. Cominciano quattro ore di dibattito, in cui uno Stato quasi orwelliano e monolitico e un pei quasi onnipotente fanno la parte del malvagio. Di violenza, all'inizio si parla poco: ne accenna uno degli «ideologhi», Giorgio, un esperto nucleare che lotta contro le centrali. Sulle responsabilità del 25 ottobre non si pronuncia: •£' il problema dell'uovo e della gallina', ma accusa il servizio d'ordine del pei. La pace? -Si strappa pezzo per pezzo, quando i brani di oppressione vanno in frantumi'. Plano piano dagli interventi qualcosa emerge. Il 25 ottobre non era stato preordinato niente, nessuno «voleva andare alla marcia a tirare bullonate e stalinatc» (lo «Stalin» è il corto bastone tozzo a cui si appende una bandierina-pretesto). Ma in piazza c'erano anche 'portatori di grosse contraddizioni, disoccupati, o magari quelli che si bucano, o vivono in quartieri che li marginalizzano'. Le botte con il servizio d'ordine pei a piazza del Popolo? Colpa del pei, che ci voleva cacciare. Ma anche all'interno c'è discussione. Fulvio, un ragazzo biondo sui trent'anni: «Ho alzato anch'io, in passato, il bastone contro un compagno di diversa linea politica. Ma il nodo è questo: chi ti dice che quando il bastone tocca la testa, le possibilità di dialogo con quella persona non finiscano per sempre? La democrazia interna al movimento va garantita'. Il missionario ascolta sorridendo le confessioni autonome, le proteste di un arrestato il 25 ottobre per «megafortaggio contro lo Stato-. Riccio, in giubbotto bianco, l'aria triste, difende la violenza: 'Non è debolezza, fuga, spesso è l'unica strada.. Un anonimo «filosofo» in giubba nera afferma: «C'é una mano della morte che si sta impadronendo della terra, e non è il Demonio. Credo che uno dei maggiori strumenti di violenza sia quel'Inquinamento che è la pubblicità'. Don Melandri è d'accordo: 'Il mondo si am¬ manta di violenza in maniera cosi subdola... Bisogna trovare strumenti fantasiosi, anche disobbedienti alla legislazione'. E afferma di stare per querelare la Voce Repubblicana. -Mò te pijano pure a te» e l'avvertimento dal fondo dello scantinato, che è andato riempiendosi di gente e di fumo. 'Siamo tutti potenziali Hitler o vescovo Remerò' continua, poi.corregge: «O Che Guevara, potenziali oppressori o martiri come Rosa Luxemburg,. L'accenno al martirio fa Insorgere una ragazza bionda in tacchi alti e una sua amica bruna in cappellino Anni 30, mezzi guanti di pizzo e camicetta di seta: «La tua è una cultura di morte, parli di morte e martirio, non vogliamo il sadomasochismo della Chiesa cattolica'. Il frate ci mette un po' a rassicurare l'uditorio sul suo amore per la vita. E' tardi, gli agenti di guardia hanno già chiesto due o tre volte quando si finisce, e l'assemblea si scioglie fra strette di mano e scambi di indirizzi. -Non posso dire di aver capito tutto. Anzi forse ho capito poco, ma abbiamo parlato', dice don Melandri. Marco Tosatti

Persone citate: Guevara, Hitler, Luigi Melandri, Melandri, Riccio, Rosa Luxemburg, Sema, Stalin

Luoghi citati: Parma, Roma