Il diamante Emily di Masolino D'amico

LA DICKINSON CENTANNI DOPO D diamante Kvt&tL LA DICKINSON CENTANNI DOPO LA DICKINSON CENTANNI DOPO D diamante Kvt&tL *Devo raccontarti di un personaggio di Amherst», scriveva una giovane da poco venuta ad abitare nella cittadina della Nuova Inghilterra (meno di tremila abitanti). «£' una signora che la gente chiama il Mita Da quindici anni non esce di casa, tranne una volta e fu per andare a vedere una chièsa appena eretta. Si dice che in quella occasione sia sgusciata di casa la sera e che il tutto sia avvenuto al chiarore della luna. Nessuno di quelli che vanno a trovare sua madre o sua sorella è mai riuscito a vederla; solo ai bambini, di tanto in tatto, e uno alta volta, dà il permesso di entrare nella sua stanza... Veste unicamente di bianco e dicono che abbia un cervello come un diamante». £' il più famoso ritratto della poetessa Emily Dickirv J9Koi'mk:À '1 1881. SWWffei aveva cinquantun anni. Sarebbe morta.! a ; ci nquan t asci, i duri-' que esattamente un secolo fa, lasciando chiusi in una cassetta millescttecentò settantacinque componimenti, quasi tutti brevi o Drevissimi, e praticamente tutti inediti: sólo sette erano usciti a stampa lei viva, e naturalmente, anonimi. Benché la critica moderna coraggiosamente ci provi, appare quasi impossibile separare questa vasta e tutt'altro che uniforme produzione letteraria 'dalle tanto singolari coordinate biografiche del personaggio; e ora il privato della Di "ckinson è diventato flagrante quanto il pubblico del suo contemporaneo Walt Whitman, il grande poeta uÉficiale -americano dell'800. Invero, la rivalutazione postuma della fragile donnina autoreclusa, scapito del fragoroso showman jche occupò la ribalta ai tempi suoi, può ricordare quanto av"venuto in Inghilterra riguardo due figure degli inizi dello .stesso secolo, Jane Austen .Walter Scott La fama della Dickinson si diffuse lentamente, per avere un'edizióne critica completa ' delle sue poesie si è dovuto aspettate fino al 1955; oggi " tuttavia la sua è certamente una delle voci più frequentate di tutta la poesia in lingua inglese, e anche le traduzioni italiane lo confermano. paafcoscceprnopoengBppgqseteQuelle poesie Questo anno centenario ha visto finora due scelte, Poesie cura di Silvio Raffo per Tedi tote Fògola — un elegante volumetto arricchito da acquafotti originali di Dolores Sèlla — e Silenzi a cura di Barbara Lanari per Feltrinelli, oltre al saggio alla Dickinson dedicato da Nadia Fusini in Nomi (Feltrinelli). Sempre per Feltrinelli, Nadia Campana aveva curato un'altra scelta, Le stanze d'alabastro, circa tre anni fa; e poco prima Barbata Lanari aveva tradotto parecchie bellissime lèttere, tir Einaudi. Dicevo che leggendo la Dickinson non si possono dimenticare le eccentriche circostanze della sua vita. Queste circostanze sono brevemente riassumibili come segue. Figlia, non unica, di un uomo pubblico e benché pio, assai - estroverso — primo cittadino ; di Ahmerst, ricopri varie cari ' che, e tu fra l'altro deputato al • Parlamento — Emily Dickinson passati i trent'armi non usci più di casa se non per intolasil alesmmcncgfoeinlcsrstducfgttpiiqv o e e i passeggiare nel suo giardino, affidando tutti i suoi rapporti col mondo a biglietti e lettere scambiati con una ristretta cerchia di amici. Non si sposò mai, anche se probabilmente amò, da lontano, tale Charles Wadsworth e poi tale Otis P. Lotd, giudice, entrambi rispettabili personaggi, coetanei di suo padre. Benché la testimonianza sopraccitata dimostri la sua te putazione di persona di intelligenza eccezionale, nessuno fra quanti ebbero contatti con lei sembra avere sospettato l'altezza del suo genio. e pasicpoobdaeli «Evasione» a i oaa a al o llaze e ri liiote te Fimo ai no ri al non er Questa altezza si manifestò in svariate lettere, e soprattutto nella poesia. E' una poesia la cui catótcHstfca più'appari-; sceritè ' risiedè nel, suo totale il QnaguBKS iuttt>:a»~ «j>yTi anticonformismo: il successo lentamente arriso alla Dickinson sarebbe venuto nei tempi moderni, quando retrospettivamente si trovarono in lei anticipazioni di esperienze centrali nella nuova letteratura americana. Tale anticonformismo riguarda tanto le idee, quanto la forma nella quale queste sono espresse; fra le prime balzando in primo piano l'ironia per non dire la sfiducia nell'incrol labile religiosità di stampo calvinista di cui era saturo il suo ambiente (non che questa religiosità da cui prese le distanze non lasciasse comunque tracce profonde nel suo modo di ragionare e di esprimersi), unita alla costante, intensa ri cerca di un'elevazione, di una fuga dalla quotidianità, nel sogno e nell'avventura intellettuale vissuta con una concretezza accostabile ai cosiddetti poeti metafisici del Barocco inglese. La parola evasione la faceva immancabilmente vibrare, c questa evasione avveniva tal volta nel segno della natura, talaltra in quello dell'amore, idealizzato fino al misticismo, Quanto alla ferma, la Dickinson adottò quella breve e spesso brevissima dei semplici ritmi di ballata o di inno religioso, minandola però sottilmente mediante l'introduzione di rime irregolari, dissonanze, perfino scorrettezze grommati cali, talvolta non sapremmo nemmeno dire quanto deliberate. Il flusso ininterrotto di questi lavori, la loro estrema variabilità, la difficoltà per non dire l'impossibilità di organizzarli in un'evoluzione cronologica, la mancanza un' sistema di punteggiatura unita a quella dì titoli utili per chiarire le intenzioni del l'autrice, hanno talvolta esasperato qualche critico. R. P. Blackmur per esempio una volta disse di lei che «scrìveva indefessamente come altre donne cucinano o fanno la calza. Il suo talento per le parole e la situazione culturale del suo tempo, la condussero alla poesia invece de ai poggiatesta ricamati». Quella della solitaria zitella del New England appare dunque come un'opera aperta per eccellenza, quasi un recipiente nel quale chiunque è libero di cercare quello che vuole: c'è il rischio che «il desiderio del lettore faccia suo il testo, vi metta la sua passione, t arcando in esso il punto in cui il senso sgorga Lafoduse«QscalitbiteRzammMzUnn(usds1fiscmilczdp e e , a i ì creata, annodi, quel dire al suo proprio mancar»» (Fusini). Ma almeno da William Empson in poi il critico piuttosto che spiegare le ambiguità, le scova e moltiplica; adorando fra tutti proprio i poeti che nascondono profonditi vertiginose sotto un'apparenza dimessa, elementare, addirittura, talvolta, infantile, come la Dickinson o come, per fare un altro esempio, William Blake. L'immensa mole e la ricordata discontinuità della produzione della Dickinson fanno si che ogni traduttore, operando una propria scelta, privilegi di lei quegli aspetti che sente congeniali. Quanto al «come* tradurla, risultando ovviamente impossibile riprodurre l'effetto di (finta?) ingenuità, di (fìnta?) facilità, di (finta?) orecchiabilità caratteristico di molti componimenti, rimane soltanto la scelta fra una concisione che renda qualcosa del la scarna c misteriosa incisi vita dell'originale, e una telati va verbosità che, ovviamente scegliendo fra i significati possibili, si preoccupi piuttosto che di tradurre, di spiegare, rimandando all'originale stampato a fronte. Mi sembra che le 137 poe sic tradotte dalla Lanari s pongano piuttosto il ptimo obiettivo, e che le 192 tradotte dal Raffo abbiano, non senza eleganza, il secondo. Entrambi i lavori sono commcndevoli ò a -; e Ti o npi ai ia o o r l o il a ie o ), i na oLa tentazione di confrontarli forte, anche se in comune due traduttori hanno soltanto sette testi. Eccone comunque uno: «Quando sono morta - una mosca I sentii ronzare • l'immobilità della stanza I come l'immobilità dell'aria I tra raffiche di tempesta. //Intorno, occhi riarsi I respiri trattenuti - in attesa dell'ultimo assalto: quando il Re fosse lì I presente, nella stanza. Il Dei miei ricordi feci testamento - lasciando I quanto di me fosse I ereditabile - poi I la Mosca II -Un- ronzio inarto, azzurro; ineguale,' / che tra mr Ut teèé'stVnterpose ■ 1 Poi^kfinestre vennero meno - allora non potei più vedere, per vedere» (Lanari). «Quando morii udii ronzare una mosca - I La quiete nella stanza assomigliava I al silenzio dell'aria I tra l'uno e l'altro schianto di bufera. Il Gli occhi me intomo s'erano asciugati 1 fermi si trattenevano i respiri I fino all'ultimo assalto - quando ' Re I si sarebbe svelato nella stanza - Il Destinai i mìei ri cordi, disponendo I di quanto di me stessa era assegnabile • I Pu in quel momento che tra me e la luce I s'interpose una mosca ■ I con incerto ronzio - ineguale, azzurro - I Le finestre s'empirono di nebbia I poi pian piano I non pota più vedere che vedevo - » (Raffo). Masolino d'Amico ìpaisetdsetsedzculcttfom Emily Dickinson in una caricatura di David Levine (Copyright N.Y. Review of Boote. Opera Mundi e per lltslia «La Stampa-)

Luoghi citati: Barbata, Feltrinelli, Inghilterra, Mosca, Nomi, Nuova Inghilterra