Lorca, un incubo ad occhi aperti

Long, un incubo ad occhi aperti Milano, al Fossati in prima mondiale «El publico» diretto dallo spagnolo Pasqual Long, un incubo ad occhi aperti Un regista attende il pubblico, invece arrivano i suoi fantasmi - Cavalli bianchi, Giulietta rediviva, uh Cristo straziato fra i personaggi di questa veglia surrealista - Spettacolo discontinuo al quale manca una visualità superiore DAL NOSTRO INVIATO MILANO — E' praticamente impossibile riassumere El publico, Unedito dramma in cinque quadri che Federico Garda Lorca scrisse e riscrisse tra il 1930 e il 1936 (anno della sua morte) e che il Centro Dramdtico Nacional di Madrid, cioè il teatro nazionale degli spagnoli, ospite del Piccolo nel teatro Studio Fossati, ha presentato in prima mondiale, venerdì scorso, per la regìa del suo direttore Lluis Pasqual. Questo è, infatti, un grande sogno-incubo ad occhi aperti: l'utopia di una diversa concezione del teatro — «il teatro sotto la sabbia», cioè quello privato e interiore di ciascuno di noi, contrapposto al «teatro all'aria aperta», esteriore e inutilmente pubblico — e dell'amore: lo specchiarsi di un essere in un altro, con la lucida percezione, tuttavia, che la pienezza di tale rifrazione reciproca non può che durare un istante (e il modello è qui l'amore omosessuale). In un'arena circolare di spessa sabbia bluastra, circondata da doppie file di poltroncine, ciascuna con tanto di lampadine illuminate, il regista Enrique attende il suo pubblico: ma, invece, vengono a visitarlo i fantasmi del proprio io inquieto e profondo: quattro maestosi e possenti cavalli bianchi (gli istinti repressi?); tre uomini con barba, uno dei quali, Gonzalo, è il «doppio» di un antico amore tradito; due parvenze di una mitica paidofilia, la Figura dei Sonagli e la Figura dei Pampini; la sagoma rediviva di Giulietta, balzata fuori dal suo sarcofago di rose e gigli; un Cristo nudo, straziato in rosso, appeso al graticcio di un letto in verticale; quattro studenti e alcune signore in nero, che si sono sottratti, terrorizzati, ad una •rivoluzione scoppiata fuori». Ora Enrique il regista pare spossato dal succedersi di tutte quelle visioni; ha freddo e nevica, mentre l'usciere del teatro gli annuncia che il pub-. ; plico (e so?!o te stesse battute d'apertura) sta davvero arrivando. Ma chi è e dov'è questo pubblico? E cos'era il sogno appena concluso? Ci sono intere sequenze, sulle diciotto complessive, di questa insensata (ma certo per Lorca sensatissima), allucinante «veglia ad occhi aperti» che traboccano della più intensa e alta poesia dell'inarrivabile e spesso frainteso, autore del Roman cero gitano, il problema è teatralizzarle: Pasqual ha lavorato duro e a lungo sia sul piano della trasmissione letterale del testo sia su quello, certo pili impervio, della sua traduzione scenica. Sul prima mi pare abbia conseguito risultati eccellenti: fa recitare, con uno scrupolo interpretativo quasi maniacale, le insensate battute di questo Lorca tragicamente surrealista come fossero le più logiche e comprensibili del mondo: e, devo dire, per chi, come 10 scrivente, ha un minimo di familiarità con lo spagnolo, non solo il testo •arriva», ma risulta efficacemente delucidato: vi si intravede una storia, a tratti, addirittura consequenziale. Sul secondo plano l risultati sono, invece, discontinui, perché qui — sia detto senz'offesa per l'allievo — ci vorrebbe la visualità superiore e transumanante del suo maestro Strehler. Molto suggestive sono le sequenze di quel Coriclone ed Alessi pagani, che si ripetono la volontà di trasformarsi l'uno nell'altro; tutto il quadro di Giulietta reincarnata alle prese con i suoi cinque cavalli bianchi e nero, protettore e tentatori; quelle del Cristo appeso e il finale così angoscioso e terrifico. Irresistibile per comicità l'intermezzo cantato dal pastore scemo (ma 11 cobo nei teatro spagnolo è proprio un ruolo, come lo Zanni della Commedia dell'Arte). Presenti il ministro della Cultura spagnolo, nonché il succitato padrone di casa, che potrebbe a sua volta far bene il ministro dello Spettacolo da noi, gli applausi furon lunghi e fervidi. ì Guido Davico Bonino

Persone citate: Alessi, Federico Garda, Guido Davico Bonino, Lluis Pasqual, Pasqual, Pasqual Long, Strehler

Luoghi citati: Madrid, Milano