I principi ombudsman del desert

/prìncipi ombudsimn del deseri ARABIA SAUDITA, OLIGARCHIA DEMOCRATICA BASATA SUL CORAN /prìncipi ombudsimn del deseri «La nostra Costituzione è nei testi sacri, che garantiscono la democrazia» - Quattromila prìncipi reali, ciascuno ten ogni mattina a ricevere i cittadini che reclamano - Un sistema che ha consentito di attraversare senza scosse i proto mutamenti sociali portati dalla ricchezza del petrolio - Dopo un New Deal conservatore, il riflusso della fede islam DAL NOSTRO INVIATO RYAD — Davanti a un bicchiere di apremuta d'Or rancia macie In Saudi Arabia parlo con il funzionario di Corte che il 13 febbraio 1973, a Gedda, mi fece da interprete in una lunga intervista con Re Feisal. Ricordiamo quel grande sovrano che fece impostare, graeie anche al 'borghese» Omar Sakkaf, una politica estera incentrata sul realismo pili asciutto. Sono trascorsi 13 anni, i capelli del funzionario sono strinati dal tempo, come del resto i miei, ma è fresca in noi la memoria di quel giorno. Feisal Ibn Abdul Aziz, re dell'Arabia Saudita, Emiro degli Emiri, custode della Mecca, Imam dei musulmani, avvolto nelle sue lunghe vesti di seta bianca somigliava a una colonna alta e sottile. Maestosamente drappeggiato nell'ampia abbaya nera (il mantello beduino) listata d'oro, corona di corda dorata sulla kaffiah bianca, mi guardava impassibile. Il volto dal profilo d'aquila, allungato da una barbetta grigiastra, è inciso di rughe profonde. La bocca, leggermente sbieca a una estremità, appare contratta da un rictus scettico. Oli occhi, pressoché rotondi, malinconici e slavati, fissano un punto lontano e indefinibile; il Re ti guarda senza vederti. Sono le nove della sera, Feisal partirà tra un'ora, in automobile, percorrendo i quattrocento chilometri che separano Gedda dalla Medina, in tre tappe. (Alla Medina, accanto alla tomba di Maometto, hanno lasciato aperto un loculo che attende «un nobile profeta», Cristo/ La lunga carovana reale sosterà nel deserto tiepido per consentire all'ascetico sovrano di meditare a ridosso delle mobili dune «solo f raterra é cielo». "!'uSòitanHo^ctri^àe aiaiV-prX-■■ ' ma di quel, mia «incontro*,, al'ÀraÌ>faS(iùtath WrtflUtdvuaddirittura di ammettere l'esistenza di Israele. Il giorno dell'intervista, a una mia precisa domanda, il re, volendo che fosse Sakkaf a tradurre in inglese, mi disse, incredibilmente, che «la pace con lo Stato ebraico è' possibile». Esiste lo strumento adatto, aggiunse, ed è la risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza: «Occorre applicarla integralmente poiché l'unica soluzione della crisi è il ritorno di Israele sulle frontiere del 1967». Alcuni mesi dopo, quasi alla vigilia del Kippur, re Feisal, nel corso di una lunga intervista con una tv americana, proclamò che se Israele non avesse restituito i territori egli era deciso «a far ricorso all'arma del petrolio». Infine, nel settembre del fatale 1973, Feisal s'era detto disposto a venire incontro alle-esigenze americane (cioè l'aumento della produzione di greggio, entro il 1980, a venti milioni di barili al giorno), «purché il presidente Nixon rivedesse con senso di giustizia e realismo l'intera politica americana in Medio Oriente», (cfr. F. Manzella, La guerra del Kippur, Roma 1983). Ma, data testimonianza del realismo dei sauditi (tradotto politicamente nel 1982 in quel piano Fesche al punto 7 riconosce Israele) gioverà ricordare la risposta di Feisal a un'altra mia domanda perché la questione è tuttora aperta. «Una Costituzione, per farne che? Il Corano è la più antica e la più efficace di tutte le Costituzioni del mondo. Mi creda, giovine amico, l'Islam è una religione abbastanza previdente e flessibile per assicurare il benessere del nostro popolo, La democrazia, quella vera, è dentro 11 Corano. Strumenti sapienti guidati dalla Fede potranno cavarla fuori in qualsiasi momento». Nel 1924, re Ibn Saud il grande, colui che1 fondò il regno, promise una Costituzione e un •consiglio consultivo' appannaggio della classe media (una majilis al-shuraj «tra il popolo e me». Ma non se ne fece nulla. Nel 1980, un anno dopo il sacrilego attacco di uno pseudo Imam integralista alla Mecca, Fahd, a quel tempo principe ereditario ma in fatto vero re poiché il mistico Khaled si limitava a inaugurare i crisantemi, rispolverò la vecchia idea della majilis al-shura, una sorto di camera bassa formata da borghesi illuminaitj atti a consigliare il Sovrano. La proposta venne affidata a uno speciale comitato presieduto dal ministro dell'Interno, principe Naif, e, successivamente, dirottata in una sottocommissione con l'incarico di redigere una bozza diremó'ttàiuiaria. "r1" fr I fi1 «Pe"afft no, ma, francamente, e poi' davvero indispensabile ette l'Arabia Saudita abbia una Costituzione sulla falsariga delle nostre, e una assemblea (majilis) consultiva? L'Arabia Saudita è un Paese atipico dal momento ch'è composto da una rete di tribù legate da feudali vincoli di sangue, e tutte soggette alla sharia. Persino il re deve sottostare alla legge che è una sola, quella coranica appunto. E poiché il sovrano sottostà alla legge, egli è automaticamente soggetto al suo popolo, al quale rende conto del suo operato con la «consultazione». Secondo Robert Harvey si tratterebbe di «una deliziosa sceneggia¬ ta», per altri, invece, la quotidiana consultazione (che si basa sul principio islamico della shura) non è per niente folclore. Considerato il fatto che i principi reali sono aipmè7to',r«invn^eT^'dt:'gtfariromila e che ovunque essi si, strolHno,ssuY:cHe amministri-1 no le quattordici province del reame (fungendo da proconsoli), sia che risiedano in un villaggio il più remoto o governino Ryad la capitale (è il caso del principe Saiman, padre dell'astronauta principe Sultan), ogni mattina che Allah manda sulla terra son tenuti a ricevere a palazzo, o sotto la tenda, i cittadini che han qualcosa da reclamare o da proporre, ecco die una sorta di ombudsman — con poteri deliberativi — è a perenne disposizione del saudita qualunque. Questo sistema del majilis (l'assemblea) serve d'altra parte a una monarchia attenta al vento inquietante che soffia da Teheran, per non rimanere tagliata fuori dal vissuto dei cuoi sudditi, in numero di circa 5 milioni. 71 circa è d'obbligo perché in questo Paese di sabbia, petrolio e-grattacieli si navigò nell'indefinito. Non è chiaro quanti'ésatljimente siàMà \ cittadini del regno (anche perché t beduini vanno e vengono) e nemmeno tutti i confini nazionali risultano ben segnati sulle mappe. Tutto sprofonda perennemente in una antichità maomettana per riemergere, contestualmente, in una realtà operosa che conosce la perfezione d'un Welfare State persino più avanzato di quello scandinavo. E' giocoforza arrendersi all'evidenza: dai lontani Anni Trenta la pratica del majilis ha consentito alla monarchia saudita di seguitare a governare «più o meno serenamente» un Paese che in poco più di trentanni ha vissuto una serie di trasformazioni talmente violente che avi ebbero demolito qualsiasi struttura di potere diremo convenzionale. Dopo un'espansione addirittura brutale realizzata nel volgere di dieci-quindici anni, l'Arabia Saudita si trova, <V0% <" fronte a un ribasso, altrettanto brutale, della rendita petrolifera. Il boom è durato sino al 1981, quando il barile superava i trenta dollari e le royalties annuali eccedevano i cento miliardi di dollari. Da un anno e mezzo a questa parte è tempo se non di vacche magre senz'altro di vacche sciupate: il bilancio del 198S s'è dovuto contenerlo in 30 miliardi di dollari, mentre la nuova legge finanziaria non potrà superare i 25 miliardi. Sorridendo tranquillo, il ministro del Plano, lo Sceicco Hisham Nazer, mi dice che «grazie a Dio» il traumatico ribasso delle entrate i sopravvenuto quando l'Arabia Saudita aveva portato a termine «la quasi totalità» degli immensi lavori di infrastruttura previsti dai due piani quinquennali precedenti: aeroporti, porti, comunicazioni, scuole, ospedali, strade (30 mila chilometri di autostrade, 40 mila di piste carrozzabili). Al tempo stesso, l'Arabia Saudita he saputo costruirsi un Industria di base — petrolchimica soprattutto — che la sottrae alla camicia di forza del petrolio. Costruiti a tempo di record, i complessi petrolchimici di Yambo e di Jubail «garantiscono 11 futuro». Certo la congiuntura a venire non appare facile. Tutto è stato fatto dallo Stato sicché la grande scommessa, oggi, è sul possibile intervento della mano privato, finora più propensa a investire all'estero che in patria (nelle banche occidentali «riposa no» qualcosa come 110 miliardi di dollari). Comunque -sia, osserva il vice ministro del Commercio, Zar, 1976 non eravamo di Paese evoluto die adesso. Eravamo pi isolati dal menda c'i si tutto da costruire da Inventare: dal gr bergu al telefono, i! al computer, all'ari dall'università alle E pur vivendo con terzo delle entrale eravamo considerati coni. Oggi non slam mente diventati dei bili, si tratterà solo pllnare le spese, tri uno spartiacque ter necessario e il suoer Un giorno Scott Fi disse a Hemingway ricchi sono diversi <i me». «81 — rispose l hanno più denaro». I sono veri ricchi. Sono Il potere, qui, è olig. non sta nelle mani uomo solo come nt dello Scià. Il clan ha i taggio sulla guida poiché è. in fatto, un-, dra (e con la panchir ga) di potenziali gove Certo, il clan comporr lità interne, ma e«j sono mai sfociate >:•.' i né mai si tingeranno so: l'Islam e il cen,.lega I principi sa ', contano, i sette Sudai slam i, al tempo stessi, ma di vita e strumenti tere. Non a caso, non 1 che un mese, re Fan. nunciato al tire < •Maestà» per quello <i stode delle due sacre la Mecca e la Medina. , la ricchezza e Ut •->« emergente* torna al ■ rito chiusa» del Con : somma, dal New Dei. senatore al riflusso, nato, della Fede. «Qvi mare e brutto, fede j: non legno di barca», I vecchi pescatori di (L'avevo già sentito -, Sicilia, ai pe :alon Trezza. quana\ro bc li Mecca. Un pellegrino bacia la Pietra Nera, incastonata nell'argento, sotto lo sguardo di un poliziotto

Persone citate: Abdul Aziz, Feisal Ibn, Hemingway, Ibn Saud, Manzella, Mecca, Nixon, Robert Harvey, Saudi Arabia, Sceicco Hisham Nazer