Mubarak: un conto con gli Usa di Jacques Amalric

Mubarak: un conto con gli Usa Parla il presidente egiziano: da Sigonella alle forniture d'armi a Teheran Mubarak: un conto con gli Usa «I complotti integralisti sono meno gravi dello scontro con Reagan per la Achille Lauro» - «Quando ho saputo delle forniture all'Iran non riuscivo a crederci» - «Washington pretende interessi esosi sul nostro debito» PARIGI — II presidente egiziano Mubarak è giunto ieri a Parigi in visita ufficiale, 30 anni dopo l'attacco angioli-a -'lese a Suez: chiederà appoggio in vista dei negoziati cor. il Fondo Monetario Internazionale per la ristrutturazione del debito del suo Paese. Come gesto d'amicizia, porta in dono a Mitterrand un cannone recuperato dal relitto della nave Patriote, affondata durante la campagna di Napoleone in Egitto. Il Ralss proseguirà per la Germania e la Romania. Prima di lasciare n Cairo, Mubarak ita rilasciato questa intervista a Le Monde. NOSTRO SERVIZIO IL CAIRO — E' sempre un uomo caloroso, semplice, franco. Ma forse più deciso di prima, come se le prove, che non gli sono mancate, l'avessero reso più sicuro. Certe osservazioni, certe risate, certe battute non' ingannano: il presidente Hosni Mubarak ha capito una volta per tutte di vivere in un mondo nel quale bisogna diffidare degli amici quanto delle improvvise collere del popolo. Resta sereno, ma sa di vivere su un vulcano. Un vulcano in primo luogo economico e sociale. Certo per questo (ma non riesce a essere convincente) minimizza con un gesto della mano e con una sonora risata il pericolo Integralista: -Quelli — dice — li teniamo perfettamente sotto controllo, li conosciamo, sappiamo che cosa fanno, dove vivono. Non costituiscono un pericolo. E' vero, hanno incendiato qualche negozio di videocassette. E poi? I colpevoli sono stati arrestati, verranno puniti». Non c'è da preoccuparsi per la recente incriminazio¬ ne di quattro militari integralisti che volevano rovesciare il regime: «La vicenda afferma Mubarak — risale all'aprile scorso, e non riguarda ufficiali di parrlerà, ma riservisti. La giustizia sta seguendo il suo corso, non c'è nulla di nuovo su quel fronte'. Va bene, ma non si può dimenticare che anche l'esecutore del complotto per il quale mori Sadat era un •riservista: E se la vicenda è cosi insignificante, perché quel giro di vite antl-integralista che tutti gli osservatori hanno notato da alcuni mesi a questa parte? Mubarak fa il passo un po' troppo lungo negando qualsiasi influenza integralista nell'ammutinamento delle reclute che nel febbraio scòrso ha insanguinato e messo a fuoco un intero quartiere del Cairo. «GH integralisti non c'entravano per niente — sostiene —. Considero trascurabili i fatti di febbraio: non erano opera di militari ma di reclute che, in seguito a voci e disguidi burocratici, credevano che la ferma sarebbe stata prolungata di un anno. Ripeto che si trattava di reclute, non di militari; i militari li ho usati per aver ragione di quel movimento». Sara: ma ora ci sono riservisti che complottano, ora reclute che si ribellano; non è poco, anche se il regime ha segnato un punto sugli integralisti nelle recenti elezioni universitarie. Forse — ma questo il Raiss si limita a sottintenderlo — il pericolo integralista sarebbe meno grave se gli alleati occidentali si mostrassero più comprensivi nei confronti dell'Egitto, per quanto riguarda sia la situazione economica e il debito del Paese, sia 1 problemi dell'area. A cominciare dagli Usa, che decisamente non sono in odore di santità. Ha appena finito di parlare della rivolta delle reclute, e incalza: «Pare che lei consideri importante quella vicenda secondaria. Ebbene, non lo è. il fatto più importante dell'ultimo anno non è stato l'ammutinamento di febbraio, ma la vicenda della Achille Lauro e il clash che mi ha opposto agli Stati Uniti». Quegli Usa colpevoli di avere dirottato sulla base Nato di Sigonella l'aereo egiziano a bordo del quale c'erano gli autori del dirottamento marittimo. Per gli Stati Uniti, del resto, c'è dell'altro, perché il presidente egiziano non ha ancora 'digerito» le vendite di armi all'Iran. «Sono rimasto sorpreso, molto sorpreso quando ho saputo di quelle forniture. Sul momento non riuscivo a crederci. Un'iniziativa del genere ha fatto perdere credibilità agli Stati Uniti, se non nel mondo inte¬ ro, almeno in quello arabo. E ha dato argomenti a tutti i loro nemici arabi. Ho mandato a Washington un messaggio per esprimere il mio punto di lista, ma capisco che in questo momento laggiù abbiano altre gatte da pelare». Nel corso del colloquio, Mubarak non esclude la possibilità che le forniture americane abbiano dato a Teheran una preziosa boccata d'ossigeno. E per inciso non nega la presenza di •volontari» egiziani sul fronte Iran-Iraq, ma rifiuta di confermarne 11 numero che si sussurra al Cairo — 10-11 mila —, perché •siamo in democrazia, e ciascuno è libero di fare quello che vuole purché non sia un militare». Quelli sono •volontari», e «non li abbiamo mandati noi laggiù». E che pensa del terrorismo? Per esempio, come ha reagito alla rottura dei rapporti diplomatici fra Londra e Damasco dopo il processo Hlndawi? •Ho avuto — con fida — soltanto una reazione molto tiepida, perché sono contrario al terrorisnto. Che si tratti di un Paese arabo o no, della Siria o della Libia o di un altro Paese, sono contrario al terrorismo in qualsiasi caso». Con i sovietici. Il Cairo ha rapporti definiti •buoni», se non altro perché sanno mo¬ strarsi comprensivi sul rimborso di un debito valutato a circa 4 miliardi di dollari, quasi 6 mila miliardi di lire. Un altro punto a favore di Mosca: l'Urss è favorevole alla convocazione di una conferenza internazionale sul conflitto arabo-israeliano, cosa che «non potrà osta* colare un dialogo diretto». Il presidente egiziano è ottimista sul risultato di quest'operazione? •Tutto dipenderà da Shamir — spiega —. Spero che dimostri la stessa flessibilità di Peres». E continua: •Francamente, non riesco a capire Shamir. Per molto tempo ha spiegato alla Keneseth che disapprovava gli accordi di Camp David. Poi ci ha accusato di violare quegli accordi, contraddicendosi dunque, dal momento che non ne riconosce la validità. Un anno fa era in questo stesso ufficio in cui è lei. Mi invita in Israele; cosa che accetto, precisando che non sarei potuto andare a Gerusalemme dal momento che non riconosciamo quella città come capitale di Israele. Ma per lui è impossibile che io vada in Israele senza visitare Gerusalemme. Che cosa dire alla stampa? Concordiamo di dire che il principio della mia visita è acquisito, ma che occorrerà molto tempo per accordarci sul programma. Ed è quanto lui riferisce alla stampa uscendo da quest'ufficio. Ma appena arriva in Israele annuncia: "Se Mubarak non vuole venire a Gerusalemme, tanto vale che non venga del tutto". Non ho polemizzato, non ho risposto; ma in quel momento ho cancellato l'idea di un viaggio in Israele. Dopo tutto, Shamir mi ha reso più facile il compito». Ma torniamo ai problemi economici. Il debito egiziano è valutato a 36 miliardi di dollari, oltre SO mila miliardi di lire, vero? E il deficit commerciale per l'86 a circa 9 miliardi di dollari. E ii tasso d'inflazione al 20%, in un momento in cui 1 proventi del turismo ristagnano, quelli del petrolio si riprendono lentamente, quelli del Canale di Suez non salgono affatto e le rimesse in valuta degli emigranti sono crollate del 50%. Tutti motivi, secondo Mubarak, che non bastano a rendere accettabili le condizioni péste dal Fondo Monetario Internazionale. ,Non si rendono conto del risvolto psicologico e politico della loro proposta — dice —. Eppure, hanno imposto le loro condizioni al Marocco, e sono incominciati i moti; le hanno imposte alla Tunisia, con lo stesso risultato. La stabilità politica di un Paese, a conti fatti, è molto più importante delle pretese del Fmi... Questo non ci impedisce di rifor¬ mare l'economia; abbiamo deciso di farlo alcuni anni fa, ben prima delle richieste del Fondo, e continuiamo, ma per gradi, perché bisogna che la cosa venga accettata dal popolo». Continua: •Non abbiamo aspettato il Fmi per aumentare il prezzo della benzina, del gas, del pane, dell'elettricità. Ma dobbiamo seguire i nostri ritmi: non possiamo dall'oggi al domani ridurre il tasso d'inflazione, portare quello di interesse dall'll al 20-22%. Si vogliono frenare gli investimenti? Provocare sommosse?». Questa battaglia con il Fmi è all'origine della recente sostituzione di Lufti con Sedql alla carica di primo ministro? Il Presidente nega recisamente: «L'ex premier e il nuovo premier hanno la stessa linea per quanto riguarda il Fmi», dice, ma nessuno gli crede. E' molto convincente, Invece, quando s'infuoca ancora una volta contro gli 8tati Uniti, colpevoli secondo lui di non voler rivedere il tasso d'interesse sul debito militare egiziano: il 14%, cosa •oggi incredibile, poiché dovrebbe essere in condizioni normali del 5,56%... E' stato un errore da parte nostra accettare quel 14%, ma un'ingiustizia da parte americana imporcelo». E Washington è pronta a rivederlo? Mubarak aspetta ancora una risposta. Nell'attesa, è «in collera con qualsiasi Paese che faccia del male al mio popolo. Se lei mi da 800 milioni di dollari in aiuti economici e mi riprende 600 milioni di dollari soltanto per ammortizzare il debito militare, che cosa vuole?». Jacques Amalric Copyright «Le Monde>> e per l'Italia «La Stampa»