Lo stilista in redazione

Lo stilista in redazione Lo stilista in redazione Lo stilista, il manager di successo, l'ideatore del madc in Italy vanno nominati o non vanno nominati nei giornali? Citare i loro nomi è informazione utile pubblico o è pubblicità mascherata che può influenzare e danneggiare i lettori? Sembra facile, ma sono interrogativi capaci, di suscitare aspre polemiche.,pa| [ùalchc tempo ci sonò onlate1 'ài fondo di una certa' isteria nei complessi rapporti dei mezzi d'informazione con l'opinione pubblica e naruralmente con il potere politico. Il presidente Reagan dà ai giornali la colpa dello scandalo Irangate. Da noi, più modestamente, ma esemplare di una situazione di notevole confusione nel business della stampa, in questi giorni c'è polemica intorno alle accuse rivolte a un diffuso settimanale femminile, Amica, di conuattare «articoli di favore» in cambio di inserzioni pubblicitarie a pagamento. E' accaduto che la stilista Mariuccia Mandelli, famosa con il nome di Krizia, abbia rivelato di aver dovuto negoziare la pubblicazione di servizi sulla sua produzione di abiti ultima moda, conno pagine di pubblicità da inserire nella FRANCO PIERINI rivista, si suppone a caro prezzo. A questo punto la questione, naturalmente, è diventata morale o quasi. Tanto da far intervenire l'Ordine dei giornalisti con un comunicato che definisce «aberrante» l'inquinamento della pubblicità in cc£tj;peperei.. . i, ' ""inutile "ribadire' l'irrjipor!érnzan clell9 p^rMcitif sia* come mezzo per finanziare giornali e riviste (o radio e televisione) sempre migliori, sia per fornire al pubblico comunicazioni di tipo mercantile. I giornali costano molto e se non c'è la pubblicità, c'è per forza un partito politico o uno Stato a finanziarli. Ma questo non significa che giornali e giornalisti siano per forza succubi di chi paga per le inserzioni pubblicitarie, come alcuni polemisri sostengono. Forse bisognerebbe togliere confusione da un campo di attività sul quale da anni si stanno addensando nuvole tempestose con il contributo non indifferente di molti giornalisti. Sembra sia avvenuto anche per i giornali ciò che può avvenire in qualunque attività in espansione. Il successo a volte dà alla testa. Nel commercio e ncll'indusnia ci sono innumerevoli casi di crescite mal gestite che finiscono in rovina. E in qualche caso anche nel giornalismo c'è in giro uno stile da nuovi ricchi. La caccia alle cosiddette carte false pare più un momento di malattia della crescita, in forma di nevrosi maniacale e un po' paranoica, piuttosto che un vero contributo a] miglioramento dei Giornali -é" di chi li fa. A*kj Chiaro che non si dovrebbero vendere articoli su certi prodotti conno pagine di pubblicità. Ma è altrettanto chiaro che il benessere diffuso ha fatto nascete anche da noi periodici, detti di servizio, in cui la commistione fra l'interesse di chi legge e l'interesse di chi vuol farsi conoscere è tale da potersi difficilmente districare. Se ho la smania di vestire all'ultima moda dove mi informo, sui saggi di Nuova Antologia o sui servizi di Amicai Il guaio è di fare di ogni erba un fascio. Quando Amica faceva le battaglie femministe perdeva lettrici. Ora che il femminismo ha vinto, c'è il boom del prità-porter. Se Amica lo fa bène, che male c'è? Salvata la dignità di chi ci lavora, non pare uno scandalo da carte false.

Persone citate: Krizia, Mariuccia Mandelli