Birmania, il Paradiso autarchico di Tito Sansa

Birmania, il Paradiso autarchico Un Paese che ha scelto l'isolamento per conservare le sue tradizioni dall'influsso «corruttore» del mondo moderno Birmania, il Paradiso autarchico Il numero dei turisti ammessi è ridotto al minimo, si può arrivare solo in aereo, le frontiere sono chiuse - D buddismo regola la vita di ogni giorno e c'è una grande tolleranza per tutte le fedi - Ma dietro la facciata di serenità si nascondono anche censura, delazioni, guerriglia DAL NOSTRO INVIATO RANGOON — Non c'è più un posto Ubero fino a maggio sui pochi aerei per Rangoon. Tutti prenotati fino alla stagione delle piogge. Perché non aumentate 11 numero dei voli settimanali? «Non sapremmo dove mettere la gente. Non abbiamo abbastanza alberghi', risponde un funzionarlo. Insisto, perché non ne costruite? «Non vogliamo altri turisti, quelli che abbiamo ci bastano: Ma portano valuta e il vostro Paese è meraviglioso, azzardo ancora, il funzionario risponde indirettamente, esponendo — con una semplice metafora — la filosofia birmana: «C'è una strada che diventa sentiero. In fondo c'è una casa con una gallina che fa un uovo. E' l'uovo che ci interessa. Ci basta e ci rende felici*. Nell'intera Birmania, vasta più di due volte l'Italia, esistono 900 camere d'albergo, i letti sono in tutto 1692 (un millesimo dei nostri) e nel 1985 1 turisti sono stati solo 28 mila, quanti da noi ne arrivano in una sola mattina a un qualsiasi posto di frontiera. In Birmania peraltro non si arriva per via di terra o di mare, ma soltanto in aereo; all'aeroporto di Mingaladon, cordone ombelicale verso il mondo. Non esistono ferrovie con i Paesi confinanti e tutti i valichi stradali di confine sono perennemente bloccati. La Birmania è un Paese chiuso, assai più che l'Albania, ha scelto l'isolamento per conservare la sua autenticità e le sue tradizioni dagli influssi del mondo moderno. Agli abitanti, a quanto pare, va bene cosi. L'autoìsolamento — politico, autarchico e culturale — ha rallentato lo sviluppo economico, ma l'autosufficienza alimentare del Paese e la soddisfazione del bisogni di base hanno fatto si che i birmani siano un popolo sereno. A Rangoon ci si accontenta di poco, un po' per merito del socialismo molto per merito della religione buddista, ma soprattutto grazie all'isolamento che a noi sembra tanto anacronistico: l*longi* (una specie di gonna lunga) e un paio di sandali di gomma sono l'abbigliamento uguale per tutti, uomini e donne, ricchi e poveri, le case hanno solo tre pareti per riparare dal sole e dai monsoni, e 11 lavoro non sempre è necessario, le erbe per la zuppa e i frutti non occorre coltivarli, crescono da soli, basta coglierli. Più turismo, invece, significherebbe più automobili e gas di scarico (ora le auto sono poche, benché la benzina abbia il prezzo più basso del mondo, 140 lire al litro), significherebbe Coca-Cola e radioline, pubblicità e insegne al neon, rumore e fretta. Il turismo di massa — secondo i birmani — innescherebbe una reazione a catena di desideri e di bisogni tuttora sopiti, contagerebbe la Birmania, le farebbe perdere la sua aria misteriosa e magica di bella addormentata, la catapulterebbe nel mezzo del ventesimo secolo. «Se hai in odio qualcuno — dice un proverbio — regalagli una macchina fotografica: Un Paese di Bengodi, questa Birmania apparentemente felice? Dico «apparentemente» perché (salvo un paio di eccezioni) mi è stato Impossibile conversare con gli abitanti. Saluti, convenevoli, e molte cortesie, ma basta. Ai birmani è vietato parlare con gli stranieri, c'è sempre qualcuno che controlla e che denunzia, una legge premia i delatori e 1 denunziami. Non è neppure possibile parlare con funzionari di governo, i quali se vedono uno straniero devono fare una relazione scritta. Per pigrizia evitano l'incontro. Se poi il forestiero è un giornalista capitato quaggiù per sbaglio (in Birmania non sono ammessi) perfino i ministri prendono la fuga. E il giornalista viene seguito ad ogni passo. A Rangoon, ogni volta che sono salito su un'automobile guidata da un birmano, accanto all'autista ho trovato uno sconosciuto, «Ho portato un amico-, dice¬ va 11 conducente. L'.amlco», sempre diverso, per tutto il tragitto rimaneva silenzioso, ma con le orecchie aperte. Uno Stato di polizia? Sotto molti aspetti si, tutto è controllato. Il visto di entrata, per esempio, è concesso solo per sette giorni, non ci sono deroghe, e 11 visitatore non può abbandonare itinerari prefissati, 1 giornali stranieri non sono in vendita, 1 quotidiani locali sono allineati e imbavagliati, e di una noia mortale (la lettura più eccitante è il bollettino meteorologico), la posta viene censurata tanto in partenza quan¬ to in arrivo, le telefonate internazionali vengono intercettate da specialisti poliglotti, il «check-up» del forestiero è Ininterrotto. Gli agenti dei servizi segreti sono efficientissimi, onnipresenti, sono stati Istruiti in Israele. Un diplomatico asiatico dice: «Qui sono tutti spie, gli autisti, i camerieri, perfino i finti mendicanti*. Ma che cosa teme il regime del generale Ne Win, che dopo il colpo di Stato del 1962 e la proclamazione (quattro anni fa) della «via birmana al socialismo» è rimasto l'uomo forte e come presidente del partito unico è arbitro della vita politica? Dall'esterno paventa le influenze negative dell'occidentalizzazione di cui si è detto, tanto che la Birmania è uscita perfino dal movimento dei Paesi non allineati, accusato di avere 'abbandonato la purezza dei suoi principi originari». All'Interno incombe minacciosa la ribellione delle minoranze etniche nelle province, dove 1 popoli sono 67 e 1 dialetti ben 242. Circa 300 mila chilometri quadrati, quasi la meta del Paese, sono in mano ai ribelli (comunisti, ma anche appartenenti al defunto Kuomintang di Ciang Kalscek) che si autofinanziano con la vendita degli stupefacenti e a loro volta finanziano gruppi di opposizione intellettuale a Rangoon. Le armate ribelli sono cosi forti che nel novembre dell'anno scorso, per privarle dei loro fondi di riserva, il governo di Rangoon decise a sorpresa una spettacolare demonetizzazione delle banconote da 100, 50 e 20 • kyats* sostituendole con biglietti dal taglio assurdo e di difficile contabilita, da 75. 35 e 15 .kyats*. L'operazione monetaria è riuscita, ma la rivolta conti- nua. Oli stranieri residenti a Rangoon (sono meno di 400) ritengono tuttavia che sia soltanto un malanno cronico e che non costituisca un pericolo immediato per la stabilita del Paese, permeato da una grande tolleranza religiosa. Qui. nel primo Stato buddista del mondo moderno e per di più socialista (ma è un socialismo «sui generis» che mette l'uomo al di sopra del dogma e si Ispira alla compassione, alla bontà e alla buona volontà), è diffuso 11 matrimonio misto tra appartenenti a religioni diverse. Le Chiese, cattoliche, anglicane, battiste. metodiste, armene, le moschee islamiche, i templi hindu e sikh e la sinagoga ebraica sono frequentati liberamente e 1 birmani (che sono in festa e amano gli spettacoli pirotecnici nelle notti di luna piena) osservano le festività altrui, come il nostro Natale. Ma è la religione buddista a dare l'impronta alla vita di ogni giorno. Le pagode ricoperte di pesanti piastre d'oro (quella di Shwedagon ne ha più che Fort Knox e la Banca d'Inghilterra insieme e il re girne non si azzarderebbe mai a sequestrarlo) e sempre affollate di fedeli ne sono il simbolo. E centinaia di migliaia sono i monaci con la testa rapata, la tunica di colore vivace che va dal giallo all'arancione all'aragosta; Il si in contra dappertutto con la ciotola per l'elemosina. Ogni buon buddista due o tre volte nella sua vita diventa «pongi*. monaco per almeno una settimana. In tal modo accumula meriti per la sua prossi ma vita, quando si reincarnerà. Questa di accumulare meriti appare a noi occidentali una mania dei birmani. Non gli basta rispettare le cinque regole dettate dal buddismo locale, il .Theravuda» — non uccidere, non rubare, non mentire, non commettere adulterio, non ubriacarti —, sono ossessionati dal desiderio di fare del bene. Per loro il massimo del piacere non è ricevere, ma donare qualcosa per cui a ringraziare non è 11 beneficato ma colui che dona. L'osservanza di questa regola ha avuto come conseguenza che il 10 per cento di quello che produce, il buddista lo regala in elemosine e la criminalità comune è quasi inesistente. Rangoon, enorme citta giardino con più di tre milioni di abitanti, è una delle poche metropoli nelle quali la sera si esce a piedi senza batticuore. Non ci sono quartieri malfamati, non esistono locali notturni, alle 9 tutto chiude, la gente si ritira a riposare. Nelle prigioni — dicono — ci sono pochissimi delinquenti, quasi soltanto oppositori politici del regime, contrabbandieri e giocatori d'azzardo. Il gioco delle carte, non vietato dalla religione, è vizio endemico, chi lo denuncia viene premiato. Ma raccontano anche che le mogli dei generali «giocano come matte», il controspionaggio del mariti militari è più efficiente dei delatori al servizio della giustizia. Di questo Paese pieno di contraddizioni gli stranieri danno giudizi contrastanti, sempre estremi e passionali: ne parlano benissimo o ne dicono tutto il male possibile. • Vedo in loro alcuni difetti, sono apatici, sospettosi, si controllano a vicenda — dice uno straniero che da molti anni vive a Rangoon —, ma constato anche che sono incontaminati dal materialismo e che noi, stando a contatto con loro, siamo migliorati, più disinteressati. Spesso mi domando se hanno ragione a chiudersi e a rifiutare ciò che è straniero e moderno oppure se sbagliano a contrastare la marcia del tempo e non so darmi una risposta. Di una cosa però sono certo: sbagliamo noi a misurare la qualità della vita in dollari prò capite all'anno. In tal modo la Birmania sta agli ultimi gradini della scala mondiale. Ma dal loro punto di vista il quadro è certamente positivo*. Tito Sansa

Persone citate: Ciang, Knox, Spesso