L'Eenigma dell'oro di Napoli di Giuseppe Zaccaria
Eenigma dell'oro di Napoli 140 ANNI DEL LIBRO DI MAROTTA: MOSTRA E DIBATTITO Eenigma dell'oro di Napoli NAPOLI — Forse sta nella pazienza, forse nella rassegnazione. C'è chi lo considera un'intelligente, superiore espressione di pacatezza, memoria storica impastata nelle pietre di lava del vicoli, e chi lo vede solo come una forma di resa. Sono quarant'anni che «l'oro di Napoli» tenta di rivelare la sua preziosa consistenza, e ancora se ne discute come della pietra filosofale. Non è solo accademia: a quella fortunatissima immagine letteraria la citta deve un elicile da cui non si è più liberata, anche perché forse ha' ritenuto più comodo immergervisi. Da quel popolo di filosofi splendidamente raccontato eppure mal scoperto, è emerso un autentica problema di identità. La prova? Proprio quarant'anni fa, assieme al notissimo libro di Giuseppe Marotta usciva Spaccanapoli. Ma l'umida, oscura ferita al ventre della citta descritta da Do menici) Rea è ancora 11. sofferente, brulicante, aperta: discuterne non avrebbe senso. E' l'altra Napoli, quella paziente, gioiosa, soddisfatta del proprio ruolo, priva di conflitti, ricca solo di umanità — in una parola, la Napoli raccontata — che si sta tentando di trovare ancora. '. O'è chi addirittura, e da tempo, accusa Marotta di aver provocato nei concittadini una sorta di camaleonti smo che un po' alla volta 11 ha spinti a comportarsi esattamente come 1 non napoletani immaginano dovrebbero fare. Marotta ha finito per lo stare a Napoli esattamente come il marottlsmo a una certa napoletanità: ecco spiegato come mai ancora oggi un convegno sui quarant'anni de L'oro di Napoli — che prelude a una mostra di Giuseppe Marotta junior, 11 figlio pittore, e a una massiccia riapparizione delle opere di Marotta senior in libreria — desti tanto interesse, e provochi gli interventi di interpreti cosi lontani del modo d'essere della città. C'è stato chi, rifacendosi a una «napoletanità sveva» in contrapposizione a un'indub¬ bia «matrice araba», se n'è andato perché il dibattito tardava a Iniziarsi: è stato il caso di Riccardo Pazzaglla. Chi, come Luciano De Crescenzo, ha dichiarato a un uditorio assolutamente disposto a credergli che la sua aspirazione è sempre stata quella di scrivere un libro alla Marotta. Forse, il problema sta nel fatto che L'oro di Napoli venne subito scambiato per un'opera neorealista. Forse, nel .clamoroso successo di un racconto impastato di ricordi che ha finito col sovrapporsi alla realtà. Nel potere di seduzione di una Napoli che, come ha detto Rsa, «é esistita, cosi come Marotta l'ha descritta, ma è la Napoli piccolo-borghese, un sogno, un paese che se ne frega di tutto e di tutti.. Lo scrittore trasferiva nelle pagine il ricordo e forse i rimpianti per la «sua» Napoli, quella del primo Novecento, abbandonata per un'avventura che avrebbe finito col legarlo indissolubilmente a Milano, com'è accaduto a molti altri uomini di cultura del Sud. La città vera, dice Rea, quella del popolo'e della plebe, viscerale e violenta, è tutt'altra -cosa. Ma è giusto, in fondo, chiedere allo scrittore quel che lui stesso non aveva mal pensato di dare? .Dare all'Oro di Napoli il valore di un documento di vita, dice Domenico Porzio, sarebbe conte assegnare al presepio napoletano un significato di testimonianza su Gesù, la Madonna, la Natività.. No, non è questo che Marotta si proponeva: forse anche lui, come molti di noi, tendeva a conservare artificialmente un'armonia perduta, a mantenerne In vita certe forme esteriori. A quelle totali, bellissime astrazioni nessuno può assegnare rilevanza storica o evangelica. •Il valore di un'opera letteraria, conclude Porzio, sta tutto nella qualità, nell'intelligenza della sua "messa in pagina": E almeno su questo, discutere lo scrittore sarebbe davvero difficile. Giuseppe Zaccaria Marotta nella primavera dei 1963: una delle ultime immagini
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