Letteratura

Letteratura Letteratura a casa Gino scopre che i ladri hanno svaligiato l'alloggio, e ne è contento, e, anzi completa l'opera prendendosi il televisore che i ladri non hanno portato via e andando a rivenderselo per avere qualche soldo con cui poter fare regalini alla moglie e anche pagare l'albergo dei loro rapidi e furtivi incontri amorosi. Efficaci sono i ritratti morali dei figli e delle loro famiglie: delusa e oppressa (per quanto abbia un amante) dal marito prepotente e parolaio la figlia Giannina: un fallito il figlio, impiegato alla Sip. sposato con una donna di molte pretese sociali, che lo disprezza; vittime i nipoti, gli unici che prendano un poco le parti dei nonni. Mi sembra meno convincente, invece, la parte del romanzo dedicata all'amore fra i due coniugi separati a forza, e (soprattutto Gino) alla ricerca di ogni occasione per rivedersi e stare insieme e anche fare l'amore nelle poclie ore di libertà, come due amanti clandestini, nei piccoli alberghi che i pochi soldi racimolati in tutti i modi consentono loro. C'è. forse, un eccesso di insistenza sull'aspetto fisico di questo amore di anziani: troppi particolari, troppo erotismo in fondo, più intellettuale che fisico. Di conseguenza, non c'è la leggerezza del gioco amoroso, l'avventura, la rottura dei divieti familiari; ma, in Gino c'è il formarsi di un pensiero quasi ossessivo, e, in Elvira, un accondiscendere sempre maggiore alle iniziative del marito, una partecipazione cÌLe sembra capovolgere la ritrosia di lei, quale appare nei ricordi del marito. Insomma. Buon Natale Buon Anno, se appare una svolta nella vicenda della narrativa di Festa Campanile, purtroppo destinata a restare sema seguito, non sembra indicare una scelta tematica ben precisa e decisa, se non fosse, forse, quel di più di asprezza e di acredine che si avverte qua e là, nel romanzo, come protesta contro le difficoltà, gli ostacoli, le malignità che gli uomini non cessano di creare, incapaci di abbandonarsi aliinventività e al piacere della vita. Giorgio Bàrberi Squarotti Pasquale Festa Campanile, «Buon Natale Buon Anno», Bompiani, 147 pagine, 18.000 lire. IL romanzo postumo di Pasquale Festa Campanile, che esce ora a pochi mesi dalla morte dello scrittore, si stacca abbastanza nettamente dai temi e dai modi delle altre sue opere narrative Buon Natale Buon Anno ha come protagonisti due anziani coniugi che non possono più permettersi una casa tutta per loro, poiché hanno speso per il matrimonio dei figli tutti i risparmi, e sono costretti, allora, a vivere separati. Elvira sta con la famiglia del figlio, e Gino, ex parrucchiere pensionato, con la famiglia della figlia, entrambi costretti a lavorare ancora per pagarsi vitto e ospitalità (Elvira) o a lasciare l'intera pensione in casa (Gino). Direi che il romanzo si svolge su due piani die non sempre riescono ad armonizzarsi. Da una parte, c'è la descrizione della vita nei due nuclei familiari in quello che ha di più meschino, gretto, e anche ridicolo; dall'altro, c'è l'amore che Elvira e Gino (la voce narrante) ancora hanno, vivo e appassionato, l'uno per l'altra. Un amore tanto più ansioso e quasi accanito ora che possono vedersi soltanto per strada, brevemente, di rado, perché abitano ai due estremi di Roma e perché i figli non concedono loro nessuna libertà, li sorvegliano, li vogliono sempre in casa ad aiutare, non permettono neppure che si telefonino. La parte migliore del romanzo è quella in cui Festa Campanile espone le piccole proteste, le minime astuzie, gli inganni, anche le cattiverie segrete di Gino nei confronti della figlia Giannina e, soprattutto, del genero Giorgio, un rappresentante di commercio convinto di essere insuperabilmente bravo e di avere un vasto giro di affari, ma. in realtà, ben poco capace di uscire da - ta condizione economica e di carriera molto modesta. E' una lunga e sotterranea ribellione contro i figli che hanno costretto lui ed Elvira a separarsi, e che rinfacciano loro continuamente l'ospitalità concessa. Ci sono momenti di bella acredine; come quando Gino durante l'assenza della famiglia della figlia per le vacanze, è rimasto solo a Roma e ne ha approfittato per recarsi dalla moglie, che è invece ad Anzio, in vacanza, con il figlio. Al ritorno shakespeariani quella .pietra angolare dell'intelligenza, che imbroglia le carte del reale. Con il suo costante trasformismo, i sui hokus-pokus, i suoi letarghi le sue vacanze dal quotidiano, il suo dileguare nel nulla, la sua eterna attitudine alla partenza. Eduard Sam previene (e dunque sfida) il destino, recitando in anticipo il ruolo che la storia, solerte regista, affiderà nel finale all'-ebreo errante»: la sparizione — definitiva sembrerebbe —. in un campo di sterminio. La coscienza di essere un Titano senza la forza dei titani un ribelle dalle ali mozzate, conferisce a questa creatura risibile e grottesca, la paradossale dignità dell'eroismo: continuando anche dopo la morte le sue illusionistiche scorribande nel mondo, il Clown divino ci fa intendere come impostura e inganno abbiano il senso di una disperata rivolta metafisica contro .'.ordine esistente». Almeno alcuni lettori italiani dovrebbe ro ricordare / leoni meccanici (Feltrinelli 1980) di Danilo Kis. che è nato in Jugoslavia nel 1935 (il padre, ebreo di origine ungherese, mori ad Auschwitz) e oggi vive a Parigi. Se quei bei racconti rievocano con grande intelligenza narrativa la mortifera tragedia delle repressioni staliniane. Giardino, cenere (pubblicato nel 1965. fa parte di una trilogia incentrata sulla figura del padre) ci riporta a una fase precedente della creazione letteraria di Kis. Facendo i conti con la propria storia privata, con il proprio passato, questo scrittore dà voce — una voce originale pastosa, densa di umori visionari — all'anima di un'epoca, di una civiltà culturale che. come il vecchio divano color viscida marcia emergente nelle ultime pagine del libro, •anche nel rantolo dell'agonia conservava intatta la sua sonorità.. Serena Vitale Danilo Kis, «Giardino, cenere», Adelphi, 187 pagine, 16.500 lire, traduzione di Lionello Costantini DA qualche parte, alla periferia dell'impero austroungarico illuminato dai bagliori d'incendio del tramonto, trascorre l'infanzia di Andreas Sam. Una tornita macchina per cucire di ghisa nera, i merletti di un'aristocratica modista epilettica superstite del Titanic. le nudità di pesca della piccola Julija. i mirabilia di frutta secca che come un prestidigitatore il signor Galvanski estrae dalle tasche del cappotto, le riviste illustrate che la zia Rebeka riceve da Pest. la Piccola Bibbia scolastica, treni, binari, stazioni, case precarie dense, nuvole di odori (di caffè, di semi di papavero, di olio di fegato di merluzzo, di vaniglia e cannella, delle sigarette Symphonia. di gulasch)... In questo universo minimo e ingombro (più che di oggetti e persone, del loro rilievo tattile, visivo, olfattivo) avviene l'ingresso nell'età adulta del ragazzo Andreas Sam. e cioè la sua Iniziazione alla morte, al mistero della fine: dell'infanzia e insieme di un mondo vetusto, già gravido della propria rovina. Fin dalla prima e sbigottita scoperta dell'esistenza della morte. Andreas le dichiara guerra, tende trappole al sonno, sua immagine ridotta e quotidiana, coltiva tenacemente l'idea dell'immortalità, la sua e quella dei suoi cari. Andreas coglie una prima vittoria con le armi sottili del ricordo, di una memoria avida che subito consegna a un tempo immobile ed eterno i volti, i fatti, i piccoli eventi quotidiani Ma è un trionfo illusorio: il tempo è in agguato e blocca .la macchina che produce bellezza., il vento della storia soffia irniente e porta scompiglio nella pietosa collezione di -.cartoline illustrate., il sottile strato di doratura che la memoria ha depositato sulle cose si incrina, va in polvere. E allora i tasselli del mosaico, le tessere del ricordo, si riaggregano in una visione ormai sghemba c allucinata, seguendo un disegno surreale, onirico, che è omaggio alla pittura di A ridosso dello sceneggiato americano dedicato al grande zar russo, le edizioni E/O mandano in libreria la biografia dedicata a Pietro il Grande di Aleksej Toltoj, un classico degli Anni 30 (traduzione di Renzo Oliva, pp. 291. L. 22.000). Si tratta del primo volume della mastodontica e romanzesca biografia che Aleksej Nikclaevic Tolstoj, fra il 1930 e il 1943. dedicò al sovrano innovatore mettendo soprattutto in risalto le somiglianze politiche con un altro sovrano assoluto dell'epoca: Giuseppe Stalin. Concepito in parte come giustificazione dello stalinismo, il libro vale tuttavia anche come romanzo storico, come mirabile affresco sul 700 russo, un periodo cosi pieno di fermenti occidentalizzanti e cosi cruciale per la storia di quella nazione. Piacevole e divertente, per anni fra gli intellettuali sovietici è stato un best seller, un. libro conosciuto da tutti, e che ogni guida turistica non manca di citare fra i corridoi di palazzo Menshikov a Leningrado (Se. tr.) Chr^all ma soprattutto testimonianza di devozione e amore per la figura del Padre, per la sua sgangherata e geniale filosofia dell'esistenza. L'ispettore delle ferrovie a riposo Eduard Sam non abita l'universo di Giardino, cenere ma lo visita soltanto, in redingote e bombetta, coi suoi piedi piatti e il suo maestoso naso screziato di venuzze rosse e azzurre: sono apparizioni fulminee, strampalate esibizioni circensi di un'eterna tournee, ma proprio attraverso l'assenza, il «cosciente sabotaggio della curiosità edipica, del narratore, il padre diventa protagonista assoluto del racconto. Nuova incarnazione dello -m'schugoim.. della creatura stramba e un po' tocca della tradizione yddisch. Eduard Sam è autore di un Orario delle comunicazioni tranviarie, navali, ferroviarie e aeree, summa di tutti i sistemi filosofici esistenti, religione dell'Avvenire, panacea contro le nequizie del mondo: è giocatore di scacchi, profeta invasato, predicatore di bettole, messia alcolizzato, oratore dall'eloquenza veemente e demagogica. Zarathustra che si risveglia nei campi con gli abiti imbrattati di vomito. Possiede la matteria dei buffoni ti «Il canto di Accmapjf|^a>> fantasy di Tad Williams. I discuti debbano " et stroncare, creare o meno scale di valori. Sotto il pretesto dell'etica ci si aggrappa alle proiezioni di uno storicismo privato. A tale revival, uno dei tanti, e certo non dei più felici per le sorti della letteratura, come ha giustamente rivelato Mila, sembra rispondere la lezione severa che viene da II lungo ritorno a casa di Peter Handke, un libro del 1978-79. La prima riflessione cìie possiamo infatti derivare da questa non facile lettura è die l'osservazione sospende ogni giudizio e che guardare alla realtà del mondo e della vita, è un rilievo paziente di fenomeni e non permette illazioni di rapporti tra cause e effetti. Il protagonista, Sorger, persona che secondo la prospettiva di Heidegger si prende cura delle cose, avverte il curatore violando Zorzi. è un geologo e segue le linee delle apparenze naturali, ne registra l'ordine e le incrinature, le d.'; ■gna con pazienza, sapendo che il disegno accurato trattiene più particolari di quanto non riesca uno sguardo d'insieme. L'avvio del racconto, che presenta Sorger a contatto con un paesaggio dell'America del Nord e con le sue 'forme primeve', ricorda le impressioni d'infanzia di Levi Strauss sugli strati delle rocce; ed è invito a interrogarsi sulla struttura, sulle ragioni profonde delle cose e della letteratura. Più che allinflusso del -nouveau roman., la vocazione descrittiva di Handke va riconosciuta nella tradizione austriaca: i gruppi di Vienna e di Graz che accolgono le sue espe- 9 S0 I romanzo di formazione

Luoghi citati: America Del Nord, Anzio, Auschwitz, Jugoslavia, Leningrado, Parigi, Roma, Vienna