Ma la sfida del Club Tenco è sempre valida

Ma la sfida del Club Tenco è sempre valida Ma la sfida del Club Tenco è sempre valida SI chiude oggi a Sanremo la tredicesima Rassegna del Club Tenco. E' un'occasione del tutto particolare: Amilcare Rambaldi, cioè l'inventore del Club, colui che ne è stato per quindici anni l'anima e la mente, annuncia stavolta definitivamente 11 suo ritiro. Anche se nel frattempo Intorno a Rambaldi è cresciuto un gruppo di gente tanto entusiasta quanto seria, ci è difficile pensare al Club Tenco senza chi l'ha diretto per tutti questi anni. Rambaldi fu il primo, nel '45, a suggerire che Sanremo organizzasse un Festival annuale della canzone e quando il Festival nacque, nel 1951, fu il primo ad esserne deluso. Nel libro che racconta la vita del Club Tenco (Per chi suona il cantautore, (Edizioni II Ponente, pagine 176, lire 9000) a cura di Sergio Sacchi) Rambaldi confessa: »Io pensavo che la manifestazione dovesse presentare la miglior produzione non solo italiana; avevo nella testa Glenn Miller, Cole Porter, Duke Ellington Parla un ex-partigiano libertario, per 11 quale la canzone è anche rinnovamento civile. Parla un commerciante di fiori che non ritiene che testi, musiche e canti debbano affondare in un'aiuola consolatoria, tra voli di bianche colombe e conversazioni di mamme. La morte di Luigi Tenco lo convince che un cambiamento si impone con urgenza. Il Festival nel frattempo ha ospitato e stravolto il rock, il beat, la ballata. Sempre è rimasto una balena bianca immobile, capace di ingoiare profeti, anime perse e burattini con assoluta imperturbabilità. Il Club Tenco nasce non per volontà d'opposizione, né di separatismo: RamL-ldi anzi chiede che la Rassegna sia ospitata all'Interno del Festival. Niente da fare. Ci vogliono sette anni perché il Comur.3 di Sanremo si decida a finanziare, poco, la Rassegna, ovviamente ben al di fuori del Festival. Sono gli anni in cui le vendite degli L.P. superano ogni precedente primato, proprio grazie al fenomeno cantautori, quel cantautori che il Festival ospita in misura minima e che non vogliono andarci anche per un omaggio postumo a chi la gara ha ucciso. Paradossalmente il suc¬ cesso ingenera difficoltà. Si potrebbe cavalcarlo, ma la Rassegna diventerebbe una passerella di vincenti, non un'occasione per gli esclusi, i dimenticati, i nuovi, i «difficili». E poi la prospettiva di un Festival alternativo non rallegra certo i sogni degli assessori del Comune. Un po' per forza, un po' per convinzione, il Club Tenco imbocca la via della documentazione, ospita artisti misconosciuti di tutto il globo, si circoscrive sempre più alla salvaguardia del folk. Insieme favorisce il contatto tra mondi paralleli: canzone e fumetto, canzone e cinema, canzone e teatro. L'impressione è che oggi la Rassegna viva un momento cruciale. Quella che un tempo era giudicata canzone vincente, ha perso. Il Festival ufficiale è diventato faraonico. L'esperienza accumulata dal Club Tenco dovrebbe imporre un salto. La scelta dell'orgogliosa diver¬ sità non è certo la più entusiasmante. Più che concerti di interpreti-poeti da accattare in toto, vorremmo sentire uscire dal Teatro Ariston canzoni strane che non fanno parte del repertorio nazionale consueto, ovvero canzoni d'autore che ci facciano intendere il senso della parola «autore». Canzoni scritte apposta per la Rassegna magari, per prendersi un'occasione di libertà espressiva fuori dai canoni, per segnalare, se c'è, una diversità, una ricerca. Queste cose non possono essere certo delegate al Club Tenco. Ma quelle allusioni a Cole Porter, a Duke Ellington... sarebbe una bella cosa se gli allievi di Rambaldi continuassero nel suo prezioso lavoro di rinnovamento del gusto musicale e di testimonianza di prodotti inconsueti. Grazie Amilcare, grazie dei tuoi fior. g. m.

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