Popper: il non sapere di Socrate e il sapere della scienza

In anteprima alcune pagine del grande studioso sui problemi della conoscenza In anteprima alcune pagine del grande studioso sui problemi della conoscenza Popper: il non sapere di Socrate e il sapere della scienza Karl Popper significato. Spesso quest'intuizione non è stata presa sul serio e talvolta è stata addirittura considerata un paradosso: e certo è che nell'Apologia è stata formulata intenzionalmente in un modo che suona alquanto stravagante e paradossale. Lo scolaro di Socrate, Platone, abbandonò la tesi socratica del nostro non-sapere, e con essa anche l'esigenza dell'umiltà intellettuale, che Socrate aveva fatto valere. Tanto Socrate quanto Platone esigevano che lo statista fosse saggio; ma per ciascuno dei due «saggio» significa qualcosa di fondamentalmente diverso. Per Socrate significa che l'uomo di Stato dev'essere consapevole del proprio non-sapere; per Platone che l'uomo di Stato dev'essere addestrato a fondo e in massimo grado: dev'essere un filosofo addottrinato. Durante lo sviluppo storico della teoria della conoscenza la tesi socratica del nostro non-sapere è stata rinnovata più e più volte, com'è accaduto, per esemplo, nel periodo della Media Accadèmia. Nella teoria della conoscenza possiamo, essenzialmente, distinguere tre punti di vista. 1) Un punto di vista ottimistico: noi siamo in grado di conoscere il mondo. 2) Un punto di vista pessimistico: agli uomini è negata la conoscenza. E' il punto di vista che oggi viene solitamente designato come scetticismo. 3) Il terzo punto di vista è quello della scepsi (da tkeptomai: mettere alla prova, riflettere, ricercare) nel senso originario della Media Accademia. E' anche il punto di vista del presocratico Senofane: non possediamo nessun criterio di verità, nessun capere certo; eppure possiamo ricercare e col tempo possiamo, ricercando, trovare il meglio. Stando a questa forma di scepsi è dunque possibile un progresso del sapere. Pino a Newton dalla parte di queste due forme di scepsi avevano militato, in ogni caso, gli argomenti migliori. Ma 1 Principia di Newton (lOffi), crearono una situazione completamente nuova. I Principia possono essere considerati come la realizzazione del programma di ricerca originariamente prefigurato dai presocratici e da Platone: come una realizzazione che supera di gran lunga 1 sogni più azzardati degli antichi. Le predizioni della-teoria di Newton furono confermate con incredibile esattezza e quella che a tutta prima era apparsa come una deviazione dalle predizioni portò alla scoperta del pianeta Nettuno. Qui, indubbiamente, c'era sapere: sapere certo, episteme nel senso di Platone e di Aristotele. Sapere certo sul cosmo; sapere, quale 1 presocratici e Platone non s'erano mai sognati Oli scettici erano sconfitti, o almeno cosi sembrava. Ma gli scettici non se ne accorsero affatto. Cinquantadue anni dopo che Newton aveva scritto 1 Principia, Hume, uno dei più grandi scettici, scrisse 11 suo Trattato nella speranza di istituire, per le scienze sodali, una teoria slmile alla, teoria newtoniana della gravitazione. Fu Kant, convertito da Hume allo scetticismo, a veder più chiaramente di tutti che 11 nuovo sapere era quasi privo di senso. Novantaquattro anni dopo la comparsa dei Principia di Newton, stupito dal successo della teorica newtoniana, Kant si chiese, sotto l'influenza di Hume: Com'è possibile una sdenta naturale pura? Con l'espressione «scienza naturale pura» Kant Intendeva, prima di tutto, le leggi della meccanica newtoniana e la teoria dinamico-ato- mlstica della materia, che era stata fondata da lui stesso (e da Boscovlc). La questione posta da Kant si può Intendere solo In un modo: prendendo le mosse dallo scetticismo hume ano, Kant senti l'esistenza della fisica di Newton come un che di paradossale. La questione lo spinse a porsene un'altra, che considerava ancor più fondamentale: Com'è possibile la matematica pura? E scrisse: •Intorno a queste scienze [alla matematica pura e alla pura scienza naturale], poiché sono effettivamente date, si può chiedere in modo perfettamente appropriato, come siano possibili, perché, che debbano necessariamente esser possibili, é provato dalla loro realtà». La formulazione data da Kant a questa domanda è stata spesso considerata straordinariamente indiretta; ma si vede quanto sia naturale e assolutamente diretta solo che ri si ricordi che aveva origine nello scetticismo di Hume: per uno scettico l'esistenza della meccanica di Newton è paradossale e conduce direttamente alla questione: com'è possibile? Com'è possibile che esista una tale scienza? La risposta di Kant fu: .L'intelletto non trae le sue leggi [ossia le leggi della scienza naturale pura] ...ifalla natura, ma gliele prescrive». In altre parole, la teoria di Newton non è stata tratta empiricamente dalla natura leggendo vela con l'aiuto del sensi, ma è una teoria non empirica, una scoperta «pura» del nostro intelletto: è qualcosa che il nostro intelletto prescrive alla natura. Io credo che ciò sia vero e credo anche che sia una cosa molto importante, ma, contrapponendomi a Kant, direi: La teoria è qualcosa che il nostro intelletto tenta di prescrivere alla natura; qualcosa, però, che spesso la natura non si lascia prescrivere: che sia un'Ipotesi costruita dal nostro intelletto ma — e in questo consiste la mia opposizione a Kant — di sicuro non necessariamente fertile di conseguenze, un'ipotesi che cerchiamo d'imporre alla natura, ma che in natura può far fiasco. Queste mie formulazioni alludono a un risultato che è stato ottenuto solo molti anni dopo Kant: la rivoluzione einsteiniana. ■ La teoria dello gravitazione formulata da Einstein, in conseguenza della quale la teoria di Newton si rivelò ipotetica, ossia frutto di congettura, ha una lunga preistoria, come pure hanno una lunga preistoria le Idee di Einstein sullo . stato della conoscenza scientifica. Fra 1 nomi più importanti di questa preistoria vanno annoverati Bernhard Riemann, Hermann Helmholtz, Ernst Mach, August Poppi e Henri Poincaré. E non è affatto un caso che tali nomi appartengano tanto alla preistoria della teoria einsteiniana della gravitazione quanto anche alla preistoria della teoria einsteiniana della conoscenza. Negli Anni Venti vidi chiaramente, per la prima volta, che cosa significasse la rivoluzione einsteiniana per la teoria della conoscenza. Se la teoria di Newton, che era stata controllata nel modo più rigoroso ed era stata confermata meglio di quanto uno scienziato si sarebbe mai potuto sognare, era poi stata smascherata come ipotesi malsicura e superabile, allora era cosa disperata l'aspettarsi che una qualsiasi altra teoria fisica potesse raggiungere qualcosa di più che non lo stato di un'ipotesi. A quel tempi questa mia intuizione non era affatto accettata generalmente. E' vero che c'erano moiteorici della conoscenza che mettevano l'accento sul carattere ipotetico delle nostre conoscenze scientifiche: quasi tutti però ammettevano che le conferme possono rendere un'ipotesi sempre più probabile finché, da ultimo, questa non raggiunga un grado di certezza, che non è più possibile distinguere dal grado di probabilità. Quando un'ipotesi abbia raggiunto questo grado di certezza non è più necessario chiamarla ipotesi: può ottenere il titolo onorifico di teoria. Solo quando è certa, e solo quando la sua certezza può essere giustificata, solo allora entra a far parte del corpus delle scienze. Infatti scienza è sapere, e 11 sapere implica la certezza insieme con la giustificazione della certezza; cioè la possibilità, empirica o razionale, della fondazione. In questo modo di considerare il sapere scientifico nulla d'essenziale è cambiato tra la Critica della ragion pura di Kant e 11 libro di Carnap La costruzione logica del mondo; e su questo punto sono d'accordo persino 1 due grandi rivali nella valutazione delle scienze induttive, John Stuart Mill e William Whewell. Di fronte a tutto' ciò mi era ormai diventato chiaro che, se mai una qualsiasi teoria avesse potuto raggiungere il più alto grado di conferma che si potesse concepire, questa non poteva essere altra teoria che quella di Newton. D'altra parte, tutte le predizioni scientifiche fertili di conseguenze, che erano state tratte con l'aiuto della teoria di Newton, vengono tratte anche con l'aiuto della teoria di Einstein. Tutte le cosiddette basi empiriche che parlavano in favore di Newton parlavano, dunque, anche in favore della teoria di Einstein. Contemporaneamente, però, c'erano anche predizioni derivabili con l'aiuto della teoria di Newton che contraddicevano le predizioni della teoria di Einstein. Dunque, considerate dal punto di vista logico, le due teorie erano incompatibili ed era possibile istituire esperimenti (experimenta crucis, cruciai experiments) che permettessero di decidere per runa o per l'altra. Allora non erano ancora stati compiuti 1 più importanti tra questi esperimenti decisivi, che: Einstein aveva proposto (con l'eccezione della deviazione del raggi luminosi nel campo gravitazionale dei Sole, e forse anche delle osculazioni al perielio di Mercurio: ma tutti e due questi fenomeni si possono forse spiegare anche facendo a meno della teoria di Einstein). Oggi tutti gli esperimenti proposti da Einstein sono stati compiuti, e in più sono stati compiuti altri esperimenti, e 1 risultati sembrano parlare in favore della teoria di Einstein e contro quella di Newton; ma in ogni caso le misurazioni sono difficili e i risultati non troppo certi Pertanto non intendo asserire che la teoria di Newton è contraddetta (falsificata); e tuttavia la situazione epistemologica che è venuta chiarendosi in seguito alla teoria di Einstein è rivoluzionaria. Risulta infatti che anche per la teorica empiricamente più fertile. T\ (ossia, per una teoria che si pretende certa e giustificata o fondata Induttivamente) può esistere una teoria rivale, T% che da un lato contraddice logicamente ^(cosicché almeno una delle due teorie deve necessariamente esser falsa) ma che. d'altro lato, risulta confermata da tutti quegli esperimenti finora compiuti che confermato anche Tu Per dirla con parole diverse: sebbene lì e n possano contraddirsi reciprocamente, può darsi che all'interno di un dominio empirico grande a piacere esse conducano a predizioni empiricamente non distinguibili tra loro; e potrebbe darsi che, all'interno di tale dominio, entrambe siano confermate a un grado alto a piacere. Siccome le due teorie Ti e Ti si contraddicono reciprocamente, è chiaro che non possono essere tutte e due «certe». Dunque, può darsi che neanche la teoria meglio confermata sia mal certa: le nostre teorie sono fallibili e fallibili rimangono anche quando abbiano ricevuto conferme lampanti Allora mi rilessi da capo a fondo Einstein per vedere dove fosse possibile trovare, nella sua opera, questa conseguenza della sua rivoluzione. Ciò che trovai fu la sua conferenza Geometrie una Erfahrung, in cui scrive: «In quanto le proposizioni della matematica si riferiscono alla realtà, in tanto non sono certe; e in quanto sono certe in tanto non si riferiscono alla realtà». Prima di tutto generalizzai questa asserzione dalla matematica alla scienza in generale: «In quanto le proposizioni della scienza si riferiscono alla realtà, in tanto non sono certe; e in quanto sono certe in tanto non si riferiscono alla realtà». (Era chiaro che, parlando di proposizioni certe ; udbalrtonil3i-riferisconoa1la.')re&ltai ElnsteuVallu-^ deva a Poincaré e al convenzionalismo, ossia al-' l'idea che la legge d'inerzia è una definizione implicita del moto libero, e pertanto del concetto di forza). Più tardi a quest'idea, secondo cui tutte le teorie umane sono incerte, o fallibili, ho dato il nome di «fallibilismo». (Per quanto ne so, que- . st'espressione compare per la prima volta in Charles Saunders Plerce). Ma naturalmente il fallibilismo non è nient'altro che 11 non sapere socratico. In breve, abbiamo: 1) Socrate: Io so di non saper nulla (e nessuno sa più di questo). 2) Kant: La teorìa di Newton è scienza che può essere giustificata, e perciò sapere certo. •<■) ■ O 0' o* ;<3 ■ o