Storie di crudeltà e morti ammazzati di Lorenzo Del Boca

Per scrivere l'ultimo capitolo sul clan dei catanesi 1600 pagine di requisitoria Per scrivere l'ultimo capitolo sul clan dei catanesi 1600 pagine di requisitoria Storie di crudeltà e morti ammazzati Il sostituto procuratore della Repubblica, dott. Francesco Saluzzo, ha chiesto il rinvio a giudizio di 150 imputati -1 killer dalla Sicilia in Piemonte per eseguire le sentenze ordinate dal tribunale della mafia - Ricostruiti fatti di sangue archiviati come ^pp^.ra, di, ignoti» e fra questi 21 omicidi - Unico processo perché l'indagine del magistrato è una tranché dell'inchiesta, conclusa a giugno, sull'organizzazione Milleseicento pagine di requisitoria e qualche quintale di verbali. Il sostituto Procuratore della Repubblica Francesco Saluzzo ha firmato l'ultimo capitolo della storia del clan dei catanesi: da quando, il 22 maggio 1976, vennero uccisi i tre biscazzieri «Mustafà» Aissa, Antonio Ardizzone e Giovanni Pistorio. Una storia di delitti e di crudeltà dove, per anni, bande rivali si sono affrontate a colpi bassi. Le pagine di verbale raccontano di 21 mortiammazzati e di rivali torturati, annegati, squartati, segati in due, sfigurati a mattonate, falciati da scariche di lupara. Gli imputati sono trecento: per la metà il magistrato ha chiesto il rinvio a giudizio. Questa tronche pur ponderosa di inchiesta andrà ad aggiungersi al primo capitolo della storia del clan che era già stata conclusa all'inizio del giugno 1986 e per la quale è già stata fissata al 31 marzo la data dell'inizio del processo. I due fascicoli che riguardano episodi diversi ma con gli stessi protagonisti verranno probabilmente unificati. Gli inquirenti sono riusciti a ricostruire fatti di sangue che erano già stati archiviati come •opera di ignoti». Chi aveva ucciso Salvatore Guarnieri o Antonino Finocchiaro o Vincenzo Moncada? Indizi, sospetti anche pesami ma di cludere l'esame de Lungo Dora Voghera. 28 settprove certe nessuna: tutte le indagini finivano contro il muro di omertà della mafia che fra le poche leggi non scritte fa del silenzio la più rigorosa. Il clan aveva un cassiere (in tempi diversi il tesoro venne custodito da Antonino Saia. I Puglisi. Carmelo Giuffrida, gli otto progetti ttembre *84, un killer ha colpito a n ù n e . , Pietro Dimo). Pagavano gli stipendi agli uomini in prigione in modo che le loro famiglie non avessero problemi economici. E con altri soldi era possibile comperare la complicità di uomini che per dovere avrebbero dovuto combattere la mafia. Un marescialo. Antonio Martino, è Ribadito all'assembl accusato di aver informato i capibastone sugli ordini di cattura che erano stati firmati. Dicono che il maresciallo del carcere di Catania, Aldo Belfiore, fece abbattere alcuni muri del braccio detenuti perché faceva comodo a Franco Romeo braccio destro del boss Santapaola. E il direttore del penitenziari, Giovanni Chimento, è definito dal sostituto procuratore, Saluzzo, -uomo pronto a calpestare la dignità dell'ufficio». Se i delitti hanno dei responsabili — nome e cognome — lo si deve alle confessioni dei pentiti. I killer Salvatore Parisi «Turinella». «Ciccio» e Roberto Miano, Antonino Saia, Lorenzo Catania. Salvatore Costanza, Vincenzo Tornatore, Carmelo Giuffrida, Pietro Randelli attraversavano l'Italia, dalla Sicilia al Piemonte, per eseguire le sentenze di morte decise dal tribunale della màfia. Sono gli stessi che, adesso, hanno deciso di parlare e confessare tutto. «Ci stavo pensando da tempo — ha am messo Salvatore Parisi — Avevo capito una cosa: che a pagare siamo sempre noi che andiamo per le strade a sparare. Ai capi non succede mai niente: ricchi, potenti, rispettati. Se proprio finiscono in carcere ci escono subito. Per noi soldati della mafia non ci sono die due possibilità: carcere o cimitero. Prima o poi tocca a furti». tore Bologna. Per lo più sono stati regolamenti di conti. Per ammazzare Angelo Pavone che era in prigione hanno preparato un'imboscata al casello dell'autostrada di Catania. Le raffiche di mirtaglietta hanno falciato anche i carabinieri di scorta: il brigadiere Giovanni Bellissima e i militari Domenico Marrara e Salva¬ Mario Bellol, invece, era una guardia giurata della Mondialpol che lavorava davanti alla Banca di corso Belgio. Il 14 giugno 1976, lunedi, era il suo sesto giorno di lavoro. Lo circondarono In quattro, lui tentò di reagire e il capo del commando lo fulminò con una rivoltellata. Lorenzo Del Boca

Luoghi citati: Bologna, Catania, Italia, Piemonte, Sicilia, Voghera