Enzo Paci, il filosofo anti-accademia di Mario Baudino

Emo Paci, il filosofo ontl-occqq'eniiq Emo Paci, il filosofo ontl-occqq'eniiq A dieci anni dall milano — E' stato il primo filosofo italiano a portare la sua disciplina fuori dai confini accademici, a confrontarla e arricchirla con la poesia e l'architettura, a trasformarla in una sorta di forza propulsiva, in un nutrimento per le altre discipline, persino per l'editoria. La Milano degli anni 60 fu lo scenario della sua grande stagione. Alle sue lezioni (era titolare della cattederà di filosofia alla Statale) andavano Michelangelo Antonioni e Monica Vitti, i letterati e i pittori, le signore alla moda (pronte a fiutare i minimi segni di successo) e le persone più colte e curiose. Enzo Paci era uno strano, affascinante, maestro. I suoi amici erano, artisti come Renato Guttuso, poeti come Vittorio Sereni, musicologi cernie Luigi Rognoni, storici dell'arte come Giulio Car¬ lla sua scomparsa, lo Argan. Poi, a poco a poco, brillarono gli ultimi fuochi. Morì esattamente dieci anni fa, ossessionato dall'idea di essere stato ingiustamente dimenticato. Ora sulla Milano post-ideologica, cosmopolita ed eclettica, proprio come la pensava lui, soffia aria di revival. Mercoledì. e giovedì prossimi, alla Statale, si svolgerà un grande convegno dedicato alla sua opera. E' uh convegno accademico, ma in cui figurano nomi di rilievo estranei all'ambito dell'Università. Ci sono i filosofi (Enrico Filippini, Salvatore Veca, Paolo Caruso, Pier Aldo Rovatti, Stefano Zecchi, Augusto Viano, Pietro e Paolo Rossi), i poeti (era atteso Attilio Bertolucci, che non potrà intervenire, ma invia una reiasione), gli architetti come Ugo Qregotti, e poi Guttuso e Argan. la Statale di Milan «Questa varietà di interventi spiega bene quel disagio che Paci avvertiva quando la' filosofia veniva chiusa nelle aule universitarie — spiega Stefano Zecchi, ordinario 'd'Estetica alla Statale, allievo di Paci e fra gli organizzatori del convegno — per proteggerla da chissà quali impurità». Afa chi era Paci? - «Una figura eccentrica nel panorama filosofico italiano — spiega ancora Zecchi —, un professore con tutta l'autorità e austerità che gli proveniva dall'lnsegnare da una delle cattedre più prestigiose d'Italia, e insieme un professore che capiva che la propria identità filosofica si giocava fuori dall'Università, in contatto con le esperienze vive della nostra cultura, dalla poesia alle arti figurative, dal teatro al cinema, alle imprese editoriali». ano lo ricorda (merc Insomma il primo filosofo che ha portato la filosofia fuori dall'aula accademica. Che cos'ha lasciato? «Se prescindiamo dall'aspetto più evidente (Paci è stato il maggior teorico italiano di quel pensiero filosofico che si chiama fenomenologia) il suo modo d'essere filosofo, cioè Interlocutore aperto alle fondamentali esperienze culturali del tempo, è un'esigenza tipica dei filosofi di oggi più attenti ed impegnati, esigenza che soltanto una quindicina di anni fa era assolutamente un fatto raro e spesso deprecato». Ora è in via di edizione la raccolta delle sue opere complete, mentre Bompiani sta mandando in libreria una serie di scritti fenomenologici (-11 senso delle parole»;, la rivista Aut-aut un fascicolo monografico, e all'Università di Pavia è in preparazione oledì e giovedì) c una giornata di studi. Insom- i ma, il revival è già comincia- ' to? «Forse no, ma la possibilità esiste. Si può scoprire tutto l'interesse interdisciplinare che allora c'era ed oggi è molto più evidente. Prima la cultura filosofica era 'bloccata' dall'ideologia marxista. Oggi liberandosi da quella impostazione, diventando meno dogmatica, permette una maggiore possibilità di discussione, aperture, interventi». E il ricordo di quella totale assenza di dogmatismo e altrettanto totale ricchezza di apertura ce lo consegna proprio Bertolucci, che conobbe Paci giovanissimo, a Parma,' negli anni della guerra. Era un momento straordinario per la città: nasceva la casa editrice Quando, e all'Università si raccoglievano alcuni di quelli che sarebbero diventati on un convegno i maggiori intellettuali del dopoguerra. C'era Mario Luzi, erano attesi gli ermetici fiorentini. A Filosofia un giorno arrivò Paci, giovane e quotatissimo professore. «Scoprimmo subito fortissimi interessi culturali in comune — racconto Bertolucci —, Noi eravamo grandi lettori di Proust, gli amici cattolici un po' meno. Lui si rivelò subito un appassionato conoscitore della 'Recherche' e di Thomas Mann. Ci portò la cultura tedesca, che non ci era troppo famigliare. E noi gli regalammo molta gioia di vivere. Parma era .una città meravigliosa, fatta di eleganze, di conversazioni al caffè, di circoli intellettuali Un giorno ci annunciò che aveva chiesto il trasferimento: qui si sta troppo bene — disse —, finirà che non riuscirò più a lavorare». Mario Baudino

Luoghi citati: Italia, Milano, Parma