E don Chisciotte fece l'inviato

E don Chisciotte fece l'inviato E don Chisciotte fece l'inviato Dietro i corsivi dell'Osservatore La battuta più bella, per spiegare il mestiere i'ha messa in bocca a un vecchio compagno di tante peregrinazioni giornalistiche. Claudio Santini, Inviato del Resto del Carlino: «La carriera di un giornalista è quella dell'inviato. Io l'ho già fatta». E Mario Cicelyn, 67 anni, per 21 inviato del Mattinò di Napoli, quella carriera l'ha percórsa tutta. Ha raccontato la sua storia di giornalista ne L'inviato, libro edito da Pìrontt. Sono le imprese degli ultimi don Chisciotte d'una professione che corre dietro l'elettronica e si è seduta a una scrivania, pronta a celebrare «re telefono- anche a costo di perdere la notizia e la credi¬ bilità. •Inviato, che passione! ». E' questo, ancora oggi, il sogno di tanti giovani che si avvicinano alla professione di giornalista. Girare il mondo, conoscere gente importante, incontrare belle donne e, finalmente, fare lo scoop che renderà famosi. ' Com'è tutto diverso nella realtàI Cicelyn lo racconta: i viaggi faticosi per andare a caccia di notizie', la lotta contro il tempo per- dettare il pezzo, le serate tristi in un'anonima camera d'albergo, le cene obbligate con i colleghi, infarcite di scherzi e pettegolezzi Poi, i personaggi quasi goliardici di una tribù variegata e lacerata da guerre e divisioni: quello che ama i tappeti verdi e sparisce ogni notte per arrivare a Sanremo o Saint-Vincent, 11 presuntuoso che sa tutto e rimedia solo figuracce, le lettere anonime cattive spedite al questore descrivendo come assassino e «mostro» il collega che il giorno prima ha dato un «buco» terribile a tutti sull'omicidio della ragazzina. Romanticismo di un mestiere perduto? Nelle pagine di Cicelyn, pero, passano anche i misfatti e misteri dell'Italia repubblicana e le denunce che sulle pagine dei giornali hanno spogliato 1 «grandi» e smascherato 11 potere: piazza Fontana e le stragi fasciste, i terremoti e le alluvioni, i giorni bui degli «anni di piombo», i troppi cadaveri eccellenti, le tante «verità di Stato» messe in ridicolo dallo scrupolo e dalla tenacia di un cronista. Una tribù che contrabbanda «carte false», come scrive Giampaolo Pansa? Cicelyn ha scritto il suo libro in contemporanea con la «grande fatica» del vicedirettore di la Repubblica e non ha potuto tenerne conto. Ma la risposta è implicita nella prefazione: «Ci siamo esposti in prima persona, e senza serie coperture alle spalle, abbiamo capovolto la logica del convento, in quanto spesso parlavamo male del signor priore». e. bof. Ci sono sempre stati giornali la cui autorità è derivata più da corsivi anonimi ma «autorevoli» che dal prestigio d'un direttore. E' il caso dell'Osservatore romano, Ideato da Pio IX già nel 1860. ma di cui il primo numero usci solo il 1° luglio 1861. Apparve subito difficile, In quel giornale, scrivere la storia quando il vero direttore s'Identificava col Papa stesso. Oggi è diffuso In più d'una lingua in tutto il mondo, ma senza una diffusione proporzionale anche ai soli cattolici praticanti. I testi dei discorsi, i messaggi e la encicliche del pontefici, i decreti delle varie congregazioni hanno sempre raccolto minimi consensi. Per tutto il pontificato di Leone XIII l'Osservatore romano pubblicò ogni giorno — per ben 32 anni — una protesta per la presa di Roma. Durante la prima guerra mondiale, pubblicò quasi quotidianamente I bollettini del conflitto, ma solo riportando quelli dell'agenzia Stefani, e premettendo ogni volta l'imparzialità del Vaticano in merito all'andamento del conflitto. Difficile è sempre stato l'emergere d'un direttore capace di segnare e caratterizzare la li¬ nea e il linguaggio del foglio vaticano, anche sa gli ultimi direttori, in questo mezzo secolo, sono stati uomini di grande cultura, di eccellente personalità come Giuseppe Della Torre, Federico Alessandrini, Raimondo Manzini, Valerio Volpini, e attualmente Mario Agnes. D'altronde dopo il grande credito acquistato durante il Concilio da L'avvenire d'Italia, diretto da Raniero La Valle, anche I cattolici più sensibili ed esigenti leggono solo sui fogli laici le notizie, le problematiche, i conflitti, e le ricerche sia della teologia contemporanea che della vita più carismatica e profetica della Chiesa. Su quei fogli oggi come oggi meritano prestigio alcuni del più grandi vaticanisti degli ultimi decanni. Dall'Osservatore romano giungono Il magistero e le cronache del ministero Itinerante e disciplinare di Giovanni Paolo II; poche sono, e quasi sempre le stesse, le voci di giornalisti che osino allargarne e approfon dirne il discorso sulle altre dimensioni della realtà contemporanea, tantomeno sulla politica mondiale. Ma anche In questi casi, gli interventi più duri, i famosi «corsivi», restano non firmati. Il giornale vaticano che non sembra molto mutato in oltre un secolo di vita, di polemiche e di condanne, è reso unico, quasi abnorme, e insieme autorevole dal fatto che dipenda dall'istituzione al cui vertice è il Papa. Dopo storiche e violentissime polemiche durate mezzo secolo dalla fondazione, il giornale vaticano ha toccato tuttavia, negli anni della seconda guerra mondiale, il più alto ed evangelico dei suoi momenti. Non solo per I documenti più coraggiosi di Pio XI e di Pio XII, ma soprattutto per una breve, umile, anonima rubrica intitolata Aera diurna, dovuta a Guido Gonella. E' stata il punto di riferimento più indicativo e sicuro In tutto il mondo circa il pensiero del Papa e della Santa Sede sui tatti, i protagonisti, s i mistatti della guerra. E' stato più un «servizio» mondiale, rischioso quanto coraggioso, che un «protagonismo» presuntuoso che intendesse fare, Invece che raccontare la storia: non c'era tempo, in quegli arni, per indossare, con civetteria, pseudonimi alla «Ghino di Tacco». Nazareno Fabbretts

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