Se trabocca il Royal Show

Se trabocca il Royal Show L'INGHILTERRA E LA REGINA: I SEGRETI D'UN NUOVO IDILLIO Se trabocca il Royal Show Da oltre un millennio, la monarchia britannica è protagonista d'uno spettacolo continuo - Giornali e tv raccontano troppi fatti e frottole sui chili persi da Fergie, sulle pene di Margaret, sui viaggi di Carlo e Diana - Ma se negli Anni 70 metà dei britannici avrebbe fatto a meno della monarchia, ora ì'89 per cento chiede che resti e prosperi - Un rapporto emotivo, certo irrazionale — r e ? è i , e e o a l a è e i o n di o de à a re e o e n d ure o a e e erdi eè al e DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — C'è uno show perenne, -n Inghilterra: il royal show. Un drappello di Ussari, nella bruma mattutina, lungo il Parco di San Giacomo; il «discorso della regina; a Westminster, con la sovrana sotto la corona torreggiane e rutilante; la regina Madre, tutta fiori e sorrisi, nell'abbraccio di una folla commossa; Diana prodiga di carestie a piccoli handicappati; Sarah Ferguson, la duchessa di York, briosa ospite d'onore a una serata di beneficenza. Dopo oltre un millennio di vita, la monarchia britannica resta maestra incomparabile di tutte le arti sceniche. Neppure il Vaticano l'eguaglia. Ma è uno show che trabocca, che sembra aver perso il senso della misura. Quasi come una di quelle soap operas americane o di quelle telenovelas brasiliane, che, proprio perché fortunate, si trasformano in saghe interminabili, in bizzarre pantomime. Giorno dopo giorno, la stampa popolare si nutre di royalty con avidità insaziabile: e tale è la sua ingordigia che le altre fonti di informazione, anche le più rispettabili, non possono restare indifferenti. Non c'è quotidiano senza una foto di Diana o di Fergie; non c'è telegiornale sema un'immagine della regia famiglia. E' un gran minestrone. Di sacro e di profano, di solennità e di fatuità, di fatti e di frottole. In questi giorni, ad esempio, si apprende che la «favolosa Fergie», la duchessa di York, ha perso sei chili in un solo mese. Un trionfo, per una giovane donna, 27 anni, che molti giudicavano «un po' troppo rubensiana», troppo maggiorata fisica per le anoressiche mode contemporanee. Come si è liberata di quel surplus? Grazie a una dieta speciale, rivela una gazzetta, succkt*di f'rutJ ta e càrne^nulì^altrq. Ma per. più drammatica. Fergie ha mangiato meno, perché ipnotizzata. Lunghe trances hanno domato la sua voracità. E i chili disciolti non sono sei ma più di dieci. E' impossibile sottrarsi a questo bombardamento impietoso. A metà novembre, stampa e tv stavano ancora sfoderando cronache verbose e deferenti sul viaggio di Carlo e Diana attraverso la Penisola Arabica, quando il Sunday Teleghaph sparo uno ^studio' di tre pagine sulla principessa Margaret («A 56 anni, Margaret è sempre una figura controversa. Adorata e biasimata, oggetto di adulazione e vittima di curiosità pruriginosa»J, si tenta la fuga, ma non c'è salvezza. Si precipita subito nell'ennesimo 'scandalo' attizzato dalla garrula principessa di Kent, la bella moglie del primo cugino di Elisabetta, Michael. Lui, un uomo mite, blando: lei, un uragano. Valchiria. , La. principessa è la-crocedella regifia\ che la vede come il fumo negli occhi. Per vari motivi. Non tanto perché è una outsider, cattolica e straniera (di origine austriaca, Marie-Christine Von Reibnitz), non tanto perché già sposata, a un banchiere: e neppure perché suo padre, come si scoprì lo scorso anno, non fu un simpatico, mite barone perseguitato dai nazisti ma un maggiore delle SS. Ma perché non sta mai tranquilla, perché cerca golosamente, inesorabilmente, l'attenzione del pubblico, perché si è impelagata, pare, in un'azzardata, chiassosa avventura con un petroliere americano, perché ha scritto un libro ed è stata subito accusata di plagio. Per la quarantunenne principessa, il galateo reale è un bavaglio insopportabile. Alta quasi 1 metro e 80, Marie-Christine è chiamata dagli altri membri della royal family «Our VaU, la nostra Val, le prime tre lettere di Valchiria. Non è che uno del tanti nomignoli, rivela implacabile la stampa. vUn altro, inventato da Fi^fih, la definisce Mptprj^Mth, una bocca instancabile come un motore. Si legge che Lord Mountbatten, incaricato da Elisabetta di vagliare segretamente Marie-Christine quando Michael l'amava e la bramava, riferì alla regina: «E' una donna terribile. Parla sempre. Ma Michael la vuole, ad ogni costo. Tanto vale la pena di autorizzare il matrimonio». Il nuovo 'Scandalo-? La principessa ha criticato Fergie in un'intervista. Non le sarebbe piaciuta la sua spigliata condotta durante il rito nuziale, in luglio, con Andrea. Si parla e si scrive troppo di queste sciocchezze, «ad nausearli», come dicono non pochi inglesi. E' quasi una droga, che, come tutte le droghe, appanna la realtà, crea immagini false e false prospettive. Come Dallas non ha nulla a che fare con la vera Dallas, città seria, con tradizioni culturali e religiose, come l'Oil Business non ha nulla che fare con J.R. e meno ancora con Carrington di Dynasty; così, questo policromo spettacolo ben poco ha che fare con il ruolo della monarchia in questa irrequieta fin de siècle. C'è chi ha scritto: «E' una bella festa. Ma la Corona non è qualcosa di più?». Non è però facile avviare un dialogo serio. Perché? La risposta è semplice. La Corona è oggi amata come non lo era da circa un secolo. Ben l'89 per cento degli inglesi chiede che la monarchia resti e prosperi, soltanto il 7 per cento ne auspica l'abolizione. E' un progresso straordinario rispetto al "77, quando, in un sondaggio, il 16,4 per cento si pronunciò per una repubblica. E ancor più vistoso rispetto all'inizio degli Anni 70, quando alcune esplorazioni demoscopiche rivelarono che metà dei britannici avrebbe fatto a meno della monarchia e della casa reale. Non esagera chi dice che Elisabetta II riceve adesso tanta calda devozione quanto Elisabetta I. Per soldi Cosa rivelano queste fluttuazioni nel favore popolare? Non certo che l'Inghilterra potrebbe divenire una Repubblica, evento assai improbabile nel limite del prevedibile: bensì che, come tutte le istituzioni umane, anche la British Crown ha i suoi alti e bassi. L'esempio del 71-72 insegna. La famiglia reale chiese un aumento nella Civil List, nell'appannaggio, e l'ottenne: ma le pressioni, dirette o indirette, di Buckingham Palace, in quegli anni tanto tribolati e burrascosi per tutti, turbarono, amareggiarono, delusero. Molti giornali protestarono. Il Daily Mirror valutò che, per ogni lettore favorevole a un più abbondante appannaggio, otto erano arcignamente contrari. Erano quelli gli anni in cui molti,persino politici egior■nalistìrscopi li uiurche fcr famiglia reale non paga tasse, che ,la; regina, Elisabetta,ha un imponente patrimonio personale (frutto della continuità monarchica, di abili e liberi investimenti, di un'immunità fiscale che abbraccia ogni movimento di denaro e di beni) e, soprattutto, che era impossibile, per il Parlamento stesso, conoscere l'intera verità. Comunque, la tempesta passò e, da allora, anzi, la Civil List, l'esborso dello Stato, ha continuato a dilatarsi fino ad arrivare a quattro milioni e mezzo di sterline, nove miliardi di lire. La sola Margaret riceve, ogni anno, quasi 220 milioni di lire. Il costo globale annuo della monarchia non sembra essere inferiore ai 50 miliardi di lire. Passione Questi privilegi, ormai unici nella costellazione monarchica europea, non sono scomparsi: eppure, in poco più di dieci anni, tutto è dimenticato e perdonato, la famiglia reale è al pinnacolo degli affetti nazionali. E' una di quelle trasformazioni che confermano la special relationship tra gli inglesi e la Corona, un rapporto intensamente emotivo, quasi passionale, certo irrazionale. Il sessantesimo genetliaco di Elisabetta, nata il 21 aprile '26; la consapevolezza delle sue notevoli doti, della sua savia maturità; la perenne garbatezza della Regina Madre; Carlo e Diana, Andrea e Fergie, tutto ha contribuito al novello idillio. Più la sensazione, già manifestatasi in passato, che la monarchia sia l'unica stella fissa in un firmamento mutevole e oscuro. E, così, si abbraccia tutto, qualsiasi balordaggine giornalistica, qualsiasi adulazione televisiva: e diviene impossibile, nel desiderio generale di non toccare nulla, un franco dibattito, a qualsiasi livello, sulla monarchia. Perché la casa reale inglese resta protetta da una segretezza anacronistica? Vero è che il potere, qui, non ama la luce del sole, ma la Corona dovrebbe essere la prima a spezzare questa soffocante tradizione. Perché non si può conoscere la ricchezza della regina? Finiranno mai quel privilegi fiscali, retaggio di altri secoli? Quali saranno i poteri di Elisabetta se le future elezioni accresceranno i candidati a Downing Street? Perché la Royal Family resta emblema di un patriziato agricolo-militare, mentre l'Inghilterra deve ritrovare, e al più presto, una muscolatura industriale? In un recente libro, lo storico Piers Brendon, pur riconoscendo le brillanti virtù di Elisabetta, conclude che la nazione deve divorziare dalla monarchia e sposare una Repubblica. Neppure l'idea di trasformare la Corona in un Department of State, un semidicastero, responsabile per legge verso il Parlamenta, glL-sembra soddisfare le. mille, incalzanti esigenze di qties'M travagliata Inghilterra alla soglia del Duemila. E conclude: «Una Gran Breta¬ gna repubblicana potrebbe avere una rinascita. Se non altro, si libererebbe delle arcaiche influenze che, oggi, corrompono il suo carattere, deformano la sua società e ritardano i suoi progressi». Parole forti, di un uomo schietto. Ma il trono è ancora robusto. E, in parte, lo è proprio perché corrisponde al modello descritto dal grande costituzionalista del secolo scorso, Walter Bagehot, conoscitore profondo della natura umana e, soprattutto, della natura inglese: «La segretezza è elemento essenziale della Corona Britannica. La royalty dev'essere venerata e, se si fruga troppo, la venerazione sì dissolve. La monarchia vive perché misteriosa». Non per nulla quest'isola è terra di teatro, di attori: la monarchia dev'essere come un play shakespeariano, nobile e magico, altero e amico, vivido e vivace. Magico, soprattutto. La sparuta pattuglia repubblicana insiste che gli inglesi hanno bisogno di realtà, non di apparenze, ma è un discorso difficile. Prima o poi, fra cinque, dieci o vent'anni, l'attuale idillio s'intiepidirà. E' inevitabile. E il pubblico, insoddisfatto, tornerà a ringhiare, con irriverenza tutta britannica, come fece durante tutto il Settecento, per buona parte dell'Ottocento e per certi lustri del Novecento. Quando Giorgio IV mori, i londinesi fecero baldoria; quando Guglielmo IV chiuse gli occhi, il Times scrisse: «Era un uomo onesto e gioviale, ma debole, ignorante, banale»; quando Vittoria sposò Alberto di Saxe-Coburg-Gotha, le folle cantarono scurrilità antitedesche e i macellai esposero enormi wtlrst. Ma l'istituzione sopravvisse. Come osservò Churchill: «Se vincono una battaglia, gli inglesi gridano God Save the King. Se la perdono, licenziano il primo ministro». Mario Ciricllo Windsor. 11 principe Cario giocatore di polo bacia la mano di sua madre la i egina durante un torneo. Per tutto il 700, parte dell'800 e alcuni lustri di questo secolo la Casa reale è sopravvissuta a momenti di grave impopolarità: quanto porrà durare il nuovo idillio con il Paese?

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