«Ecco i killer di Dalla Chiesa e Fava» di Francesco Santini

«Ecco i killer di Palla Chiesa e Fava» Palermo: le rivelazioni di un detenuto lasciano perplessa l'accusa «Ecco i killer di Palla Chiesa e Fava» E precisa: «C'erano Nitto Santapaola e altri dodici uomini» - Dalla gabbia urla di protesta DAL NOSTRO INVIATO PALERMO — Un detenuto si presenta al maxiprocesso alla mafia e afferma che i killer del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e del giornalista Giuseppe Fava hanno un volto, un nome, un cognome. La rivelazione è di Francesco Vanaria, un «picciotto» di Catania, In trasferta dal carcere di Novara. Deve scontare ancora 5 anni di reclusione per furto e rapina. Ha chiesto di essere interrogato. Sarà la Corte a giudicare, a valutare le sue parole. Sull'asse Catania-Palermo, Vanaria accusa Michele Oreco, il «papa» della mafia, di essere il mandante del due omicidi. Aggiunge che Nitto Santapaola, 11 boss del «clan dei catanesl», ha sparato «per sfregio» al prefetto, a sua moglie e all'agente di scorta in via Isidoro Carini. Poi elenca 1 nomi del gruppo di fuoco: Zanca, Vernengo, Prestlfllippo e Pino Greco, per i palermitani; i fratelli D'Antoni e. i Rapisarda, con Giovanni Giusti, Giovanni Di Gaetano, Marcello D'Agata, Claudio Scuderi per i catanesl. La deposizione di Vanaria sconvolge la difesa dei mafiosi. Michele Greco, il «papa» di Cosa Nostra, ascolta in silenzio dietro le sbarre. Calogero Campanella, dalla cella numero 19 esplode. Nega di aver assistito, nel carcere di Noto, alle rivelazioni. «Questo signore — grida — è un bugiardo, non ho mai visto Vanaria, non l'ho mai conosciuto. Nes suna confidenza è stata fatta in mia presenza». E' un momento molto deli¬ cato per l'udienza. Sale la tensione. Fuori, Palermo è nello sgomento. Cinque delitti, in dieci giorni. E' caduto, per ultimo, un giovane incensurato. E' Francesco Di Marco, 21 anni. L'esecuzione riporta indietro nel tempo, al mese scorso, al 9 di ottobre, all'omicidio di Benedetto Calati, braccio destro di Michele Greco, legato, per parentela e amicizia, all'ultima vittima, a Francesco Di Marco. E si dice che Oalati avrebbe venduto 11 •papa». Duecento milioni dai servizi segreti per catturare il capo della mafia. Gl'inquirenti non si pronunciano: «Ogni ipotesi — affermano —| è azzardata: Ecco, nell'aula-bunker. Vanaria, in tuta blu da jogging e scarpette bianche da tennis, Accetta di essere ripreso dalle telecamere. Chiede garanzie. Il presidente Giordano lo ammonisce; « Vanaria, lei ha chiesto di venire a Palermo, di essere ascoltato. Questa Corte non può darle, alcuna garanzia. Non può prometterle nulla. Se la sua famiglia è in pericolo, lei deve dire ugualmente la verità. Ha giù rato, ora deve parlare, faccia in fretta». Vanaria adesso si decide: •Ero in carcere, parlando con Aldo Ercolano e con Calogero Campanella mi è stato detto che ad eliminare il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa sono stati i palermitani e i catanesi. Gli stessi che poi hanno ucciso il giornalista Fava di Catania, che dirigeva la rivista I siciliani. Questa è la verità che aspetta tutta l'Italia, sono qui per dirla». Presidente: «Avanti Vanaria, ci dica, che cosa sta aspettando?: Vanaria: «/ catanesi tono Stefano e Giovanni D'Antoni, i figli dello "Scucciatu", i figli del macellaio, sa, Presidente, loro scuoiano gli animali è per,questo che li chiamano così. Con loro, i fratelli Antonino e Alfio Rapisarda. Il primo lo chiamano "Pelé", il secondo "Turacchia". E ancora Giovani Giusto, che ha il nome di "Bafacchia", e Giovanni Di Gaetano, detto "Maristella". Infine, sempre per i catanesi, Claudio Scuderi che, ad Ognina, sulla costa di Catania, ha un bar e una pompa di benzina: I nomi dei palermitani sono più conosciuti. Si chiamano ZdtAdrcsQdhrcsdssnLSd Zanca, Vernengo, Scapazzedda. Sono nomi noti. Agivano tra corso del Mille e Ciaculli. Adesso Interviene il presidente Giordano: «Lei, Vanaria — dice — ha parlato anche dell'omicidio del giornali sta catanese Giuseppe Fava. Questa Corte non si occupa dell'assassinio Fava, ma se lei ha delle notizie da dare, saranno trasmesse agli uffici competenti». Sempre più sicuro, Vanaria si avvicina al microfono e dice con chiarezza: «Fava è stato ucciso dalle stesse persone, da Giovanni Di Gaetano e da Marcello D'Agata. L'ordine è venuto da Nitto Santapaola». Dalle gabbie ecco Rapisarda e Campanella insorgere: •Non conosciamo questo Vanaria, è un bugiardo, è un bugiardo». Vanaria non tace, riprende: 'Come, Campanella, non ti ricordi di me? Io ero un giovanottello: avevo 14, 15 anni quando tu già eri un uomo al rione Piganello. Eravamo amici, è inutile che fai finta di non conoscermi e di non ricordare». Vanaria è determinato. La sua vita è quella di un balordo di provincia. Non è inserito nel crimine organizzato, è ai margini dei clan mafiosi. Ci si domanda perché abbia parlato, perché si sia deciso ad affrontare, nei cinque anni di carcere che gli rimangono da scontare, le ritorsioni inevitabili che neppure le celle riescono ad evitare per chi rompre la regola, ferrea, dell'omertà. Le rivelazione nell'aulabunker coincidono con la ripresa del sangue a Palermo, La caccia agli assassini di] Francesco Di Marco è serrata. I clan e 1 loro uomini sono in movimento. Il mondo delle cosche è percorso da nuove tensioni. Gli investigatori attendono nuovi segnali. C'è, alla base, la convinzione di un rapido e imprevisto mutamento di equilibri. Dice un ufficiale dei carabinieri •Dopo un anno di tregua apparente, cinque morti in poco più di una settimana vorranno pur dire qualcosa. Abbia mo pochi elementi per avan zare ipotesi Altro sangue, altri morti, chiariranno quanto succede in questo mattatoio palermitano». Francesco Santini Palermo. Il pentito Francesco Vanaria dopo le sue rivelazioni