Faust, campione di successo

Faust, campione di successo L'interprete di Goethe in scena all'Alfieri interviene sulla crisi del teatro Faust, campione di successo Un viaggio nell'interiorità e nella trascendenza - Uno spettacolo avvincente tra lirico e allegorico TORINO — Un'incisiva traduzione in prosa di Dario Del Corno, una riduzione asciutta (due ore e quaranta esatte) di Del Corno e di Glauco Mauri, una limpida regia dello stesso Mauri che miscela, con accorto controllo dei toni e dei tempi, il tragico e il grottesco: queste le componenti del successo, riscosso da oltre un mese, da Faust primo e secondo di Goethe, che la compagnia Mauri ha presentato l'altra sera all'Alfieri. La prima parte del Faust — che qui scorciata occupa il primo tempo — è quella dell'esplorazione del «piccolo mondo», quello dell'interiorità individuale. Faust, il dotto che ha tutto immagazzinato nel proprio archivio mentale, vuole, dopo aver firmato il patto con Mefistofele, tuffarsi nel gorgo impetuoso dell'universo pulsionale e passionale. E.' la storia della conquista, del possesso, del dominio di Margherita, dal piano erotico a quello psichico: la donna ingenua e pura, che sa proprio per questo amare con totale dedizione, sino all'infanticidio e alla follia. In uno spazio simbolico suggestivo un'alta, lignea elisse, coi suoi ripidi camminamenti che si scompone in varii tronchi e, ruotando, disegna sempre diverse situazioni spaziali (la scena è di Mauro Carosi) Faust e Mefistofele (interpretati a turno da Mauri e Roberto Sturno) s'inabissano nell'inganno e nella seduzione in tempi assai stringenti, con toni molto variegati (delizioso \l MefistofeVf irtf^l£tfquri)Jn urCJihrire continuo di occasioni visuali e auditive: oggetti e apparizioni, musiche su strumenti antichi per spietate canzoni. La freschezza dell'esordiente Angela Di Nardo (Margherita), l'irresistibile vitalismo di Gianna Giochetti (Marta), la penosa malinconia di uno Sturno in bianca zazserina (Faust giovane) stendono su questa prima parte un'affascinante patina preromantica. Ma poi c'è il viaggio nel «grande mondo» esterno oppure trascendente l'individuo (siamo al Faust secondo), in cui presente, passato, futuro s'intersecano di continuo. Il presente è quello precapitalistico, con imperatore e corte da scatola di pupazzi, che esaltano l'invenzione della cartamoneta (i Qostumi, tra fiabistico e grottesco, sono di Odette NicoletU); il futuro è quello dell'Homunculus, l'uomo-embrione che sarà assoluta onniscienza, ma non avrà individualità (quella membrana che vibra e parla mette i brividi). Ma Faust viaggia soprattutto nel passato, alle scaturigini delle grandi Madri (un lembo di altissima garza cerea, che s'insinua spettrale): e qui assistiamo all'evocazione di Elena, cioè della Bellezza come incorruttibile durata (una statua candida velata, ancora la Di Nardo); alla nascita di lei e Faust di Euforione, il pallido eroe-adolescente dell'Ardimento sino alla morte; al diverbio di Faust con Filemone e Bauci, cioè con la saggezza della vecchiaia paga del proprio angusto orizzonte (un tenero Rinaldo Porta e ancora la Giochetti). E c'è, dopo la grande contesa con l'Angoscia, dalle lunghe diafane ali di avvoltoio (sempre la Giochetti), il riscatto di Faust ormai vecchio e morente, che, dopo aver tutto desinato'ccmiprépi^vhe^ vita è. un premio.ld£i'còn<ìu{s(are giorno per giorno: «Fermati, attimo, dunque: tu sei cosi bello!». Come una solenne sequenza di epifanie (c'è, ad esempio, un magnifico Linceo, dal costume tutto corde e molluschi, che ha la voce sinistra dì Felice Leveratto), questo secondo tempo è un esempio singolare di teatralità liricoallegorica che non solo non impaurisce, ma tiene di continuo avvinto lo spettatore. Il quale è letteralmente conquistato quando Mauri, nel ruolo di Faust vecchio, dice in apertura tutto il suo Streben f« Desiderare con ogni mia forza... !»> e, in chiusura, entra nella bara e si cosparge della sua stessa polvere: «Questa è la terra dove fioriscono le nostre gioie, questo il sole che rischiara i nostri dolori Guido Davico Bonino Glauco Mauri e Roberto Srumo in un momento del «Faust». L'attore regista è anche riduttore con Del Como dell'opera di Goethe

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