L'arte di fotografare volti di Angelo Dragone

L'arte di fotografare volti La mostra di Cedi Beaton al Museo dell'Automobile L'arte di fotografare volti Nelle 350 opere, che saranno esposte fino al 25 gennaio, si colgono evidenti influssi che vanno dai miti preraffaelliti a Man Ray, a Duchamp, a Dali Proveniente dalla Barblcan Art Gallery di Londra, rimarrà aperta a Torino, in esclusiva per l'Italia, sino al 25 gennaio, una mostra dedicata a Cedi Beaton (19041980) che Costituisce un'autèntica messa a fuoco sulla figura e il genio creativo di uno del grandi interpreti della fotografia internazionale. Ordinata al Museo dell'automobile, la rassegna compi »nde otre 350 immagini che, dopo Torino, verranno presentate in Spagna, Germania, Olanda per approdare, nel 1988, a Parigi. Beaton è stato il fotografo di sovrani e di grandi, personaggio che per tutta la vita (salvo la parentesi della guerra e qualche altra dimenticata occasione) sembrò muoversi unicamente neWhigh society, dedicandosi all'alta moda e disegnando scene e costumi di commedie e di films su quella mappa Internazionale che doveva comprendere pressoché esclusivamente Londra, New York e Hollywood. E tuttavia, proprio per il modo in cui si articola, questa mostra, come già quella londinese, riesce ad aprire un nuovo fronte di indagini mettendo in evidenza come le fotografie di Beaton non marichino mai di riferimenti ben connessi con le arti visive. Che, inizialmente possono anche affondare le radici nel paesaggio corotiano (come in Babes in a Corot Wood del 1915), ma, di 11 in avanti, mostrano un coerente sviluppo attraverso le più vive esperienze culturali del tempo: fin dai miti preraffaelliti e dalle prime suggestioni del surrealismo, per seguire, poi, quei filoni che avrebbero portato Cecil Beaton ad accostare Man Ray, Duchamp, Dali, e persino Florence Henri, ove si tenga conto, come A.C. Quintavalle ricorda nel sag- gio introduttivo in catalogo, che è proprio lei ad utilizzare -largamente gli specchi e reinventa in fotografia lo spaesamento, lo stacco dal contesto, tipico di dada». Il primo esempio di quell'Immagine riflessa cui l'autore — che aveva esordito, quasi bambino, usando una piccola Brownie Box. a cassetta — rimarrà fedele per tutta la vita, risale a Babà Beaton con Cecil allo specchio, che è del '17. Dieci anni più tardi si farà maggiormente esplicita una cultura legata all'avanguardia parigina, mentre il Gary Cooper (1931) sembra ricalcare la stessa inquadratura di un'immagine di Moholy Nagy sebbene all'idea strutturale che vi si legge, Beaton non manchi di unire in chiave narrativa il discorso fotografico dei Surrealisti • Ed è su questa via che, attraverso alcuni ritratti di Katherine Hepbum, Beaton scavalca il modello per riscoprire nel ritratto qualcosa che può appartenere anche alla vicenda privata degli attori e delle attrici di Hollywood, ma che in Europa aveva già connotazioni chiaramente sociali e politiche. Accanto agli s-.-.tori degli Anni 30, e ai membri della Casa Reale britannica, la mostra documenta le foto di moda. Più avanti, sotto il titolo «Aria di gloria», sono accomunate tre sezioni che. come altrettanti fronti, tra il 1940 e il '45. segnano la presenza di Beaton in Gran Bretagna, in Medio ed Estremo Oriente. Egli non è, tuttavia, un fotografo «di guerra., ma un uomo che riflette sugli avvenimenti. Al suo Churchill nello studio dà come didascalia «Keep cairn». Con altre immagini si torna al teatro e al cinema, con foto di scena e con i ritratti di nuove celebrità. Tra queste Greta Garbo, che rifiuta di sposarlo e rompe la relazione quando Cecil non riesce a impedire la pubblicazione di alcune fotografie prese in privato. A questo punto le vicende del Beaton uomo di teatro — attore in Lady Windermer's Fan di Oscar Wilde, costumista per il musical Gigi che gli vale un Oscar, mentre altri due Oscar gli vengono nel '64 con la versione cinematografica di My Fair Lady — possono ancora intrecciarsi con la carriera del fotografo cui, nel '69, il Museo di New York dedica una grande retrospettiva. Ed è qui che, per la prima volta, si ha la sensazione di un'opera che è da leggersi tutta in termini di cultura. Angelo Dragone I.'attrice I.iz Taylor in una famosa immagine di Cecil Beaton