Salvarsi dall'inferno come Robinson

Salvarsi dall'inferno come Robinson PHILIP ROTH INTERVISTA PRIMO LEVI: LA VITA DEL LAGER, IL MESTIERE DI CHIMICO, I LIBRI Salvarsi dall'inferno come Robinson _ j j : Incontro a Torino tra i due scrittori - Il lavoro nell'isola spietata di Auschwitz: «Eravamo consci, e felici, di salvare i nostri compagni» - «Sono convinto che l'uomo normale è biologicamente costruito per un'attività diretta a un fine» - Non esiste una regola: «Ho visto sopravvivere persone astute e stupide, coraggiose e vili, pensatori e folli» - H piacere delle cose ben fatte che sorregge anche gli schiavi - Gli atroci ricordi e «il desiderio intenso di capire» - L'attività in fabbrica - La scrittura — Nel Sistema periodico, il tuo libro sul «sapore forte e amaro» della tua esperienza di chimico, tu parli di una collega. Giulia, che spiega la tua /.mania di lavorare» con il fatto che tu, poco più che ventenne, cri timido con le donne e non avevi una ragazza. Ma credo che sbagliasse. La tua effettiva mania di lavorare ha un'origine più profonda. Il lavoro sembra un tema ossessivo per te, persino nel tuo libro sulla detenzione ad Auschwitz. Arbeit Macht Frei, il lavoro rende liberi: sono le parole incise dai nazisti all'ingresso di Auschwitz. Ma il lavoro ad Auschwitz e un'orrenda parodia del lavoro, senza scopo e senza senso; è fatica come punizione, che porta a una morte tormentosa. Si può considerare la tua intera fatica letteraria come tesa a restituire al lavoro il suo senso umano, redimendo la parola Arbeit dall'irridente cinismo con il quale i tuoi datori di lavoro di Auschwitz l'avevano sfregiata. Faussone ti dice: «Ogni lavoro che incomincio è come un primo amore». Gli piace parlare del suo lavoro quasi quanto gli piace lavorare. Faussone è l'Uomo Lavoratore, reso realmente libero dalla sua fatica. cNon credo che Giulia avesse tonò nell'attribuire la mia mania di lavorare alla mia timidezza di allora con le ragazze. Questa timidezza, o inibizione, era un dato di fatto, concreto, doloroso e pesante. A quel tempo, era molto più importante per me che non la passione per il lavoro: del resto, il lavoro nella fabbrica di Milano che ho descritto nel capitolo Fosforo del Sistema periodico era un falso lavoro, in cui io non credevo; la catastrofe dell'armistizio italiano era già nell'aria, e non avrebbe avuto molto senso ignorarla per immergersi in un lavoro fittizio e scientificamente insensato. «Non ho mai cercato seriamente di analizzare la mia timidezza sessuale di allora, ma è certo che essa era in buona parte condizionata dalle leggi razziali; anche altri miei amici ebrei ne soffrivano, alcuni nostri compagni di scuola "ariani" ci decidevano,.dicevano..che la circoncisione non era altro, in sostanza, che una castrazione, e noi, almeno a livello inconscio, tendevamo a crederci (aiutati in questo dal puritanesimo che dominava nelle nostre famiglie). Di conseguenza, credo che a quel tempo il lavoro fosse effettivamente per me un equivalente sessuale piuttosto che una pas sione. •" > «Tuttavia, per quanto mi riguarda, sono ben consapevole che dopo il Lager il lavoro, unzi, i miei due lavori (la chimica e lo scrivere) hanno avuto, e tuttora hanno, un'importanza fondamentale nella mia vita. Sono convinto che l'uomo nor male è biologicamente costruito per un'attività diretta a un fine, e che l'ozio, o il lavoro senza scopo (come /Arbeit di Auschwitz) provoca sofferenza e atrofia. Nel mio caso, e in quello del mio alter ego Faussone, il lavoro si identifica con il "problem solving", il risolvere problemi. «Ma ad Auschwitz ho notato spesso un fenomeno curioso: il bisogno del "luvoro ben fatto" è talmente radicato da spingere a far bene anche il lavoro imposto, schiavistico. Il muratore italiano che mi ha salvato la vita, portandomi cibo di nascosto per sei mesi, detestava i tedeschi, il loro cibo, la loro lingua, la loro guerra; ma quando lo mettevano a tirar su muri li faceva dritti e solidi, non per obbedienza ma per dignità prò fessionale». d Torino. I^vi e Roth durante l'intervista. «La sofferenza è stata compensata dagli incontri umani» (Foto «La Stampa» - Cesare Bosio)

Persone citate: Arbeit, Arbeit Macht Frei, Cesare Bosio, Faussone, Robinson, Roth

Luoghi citati: Auschwitz, Milano, Torino