Amadeus, quattro sempre magnifici
Amadeus, quattro sempre magnifici Beethoven per l'Unione Musicale Amadeus, quattro sempre magnifici TORINO — Prosegue felicemente all'Auditorium della Rai il ciclo completo dei Quartetti di Beethoven eseguiti per l'Unione Musicale dal glorioso Quartetto Amadeus. Quarantanni di musica insieme: lo si sente nella scioltezza dell'esecuzione, nell'intesa spontanea realizzata quasi senza guardarsi, attraverso un affiatamento diventato ormai come una seconda natura. Il programma ruotava attorno alla grande vetta del Quartetto in do diesis minore op. 131 dove gli Amadeus favoriscono le affinità piuttosto che 1 contrasti, avvolgono tutto in una calda luce dorata che mostra come nell'ultimo Beethoven affiori frequentemente il ricordo di Mozart. Anche a rischio di sfiorare la monotonia, l'esecuzione del Quartetto Amadeus mette in rilievo le linee portanti del discorso, concedendo poco alla varietà del suono ed alla esplorazione del timbro quartettistico condotta dall'ultimo Beethoven con una audacia senza pari: per loro ciò che conta è quasi esclusivamente la costruzione del discorso musicale, e sanno offrire agli ascoltatori una guida sicura per penetrarne i segreti. I quartetti dell'op. 18, n. 2 e n. 1, che contornavano la grandiosa cattedrale, hanno fornito ancora una volta agli ascoltatori l'Immagine tangibile e sempre esaltante dell'enorme percorso compiuto da Beethoven in questo genere sommo. E l'esecuzione degli Amadeus ne ha reso tangibile la vastità. ★ * TORINO — Gradito ritorno a Torino della pianista Annie Fischer che la Riki Haertelt ha ospitato, questa volta, all'Auditorium della Rai. Nata a Budapest e formatasi con Szekely e Dohnany, la Fischer mantiene saldi legami con la scuola classica dei grandi del passato. Ha infatti un modo molto vigoroso ed efficace nello squadrare le linee fondamentali del pezzo e una capacità egregia di di' segnare l'orografia con i suol rilievi, le depressioni, le luci e le ombre, il bianco delle nevi e l'azzurro dei corsi d'acqua. Immagini suggerite, naturalmente, dal bel paesaggio romantico definito dal programma: Patetica di Beethoven, Improvvisi op. 142 di Schubert, Sonata in fa maggiore di Brahms. Un Beethoven notevolmente interiorizzato nello scavo tragico del do minore; uno Schubert spiegato proprio nella sua miracolosa capacità di subii mare la quotidianità borghese; un Brahms tutto estroverso e giovanile di cui la Fi' schei- mette in chiara eviden za i legami con l'entusiastico romanticismo di Schumann. Tre esecuzioni che impedivano all'ascoltatore di di strarsi, anche solo per un momento: slanciate, energiche e mai uniformi. Qualche distrazione nel denso intrec ciò polifonico della Sonata in Brahms non ha impedito di goderla appieno e, al pubblico, di festeggiare calorosa mente la pianista alla fine della serata. p. gal.
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