Dieta piena di zuccheri per l'eroe d'alta quota di Gigi Mattana

Dieta piena di zuccheri peri9eroe d'alta guata I/alimentazione e le grandi imprese alpinistiche Dieta piena di zuccheri peri9eroe d'alta guata DAL NOSTRO INVIATO MILANO — Quando, distrutti dalla fatica, si rientra nella tendina a sette od ottomila metri su una parete hi*malayana, viene il momento della magra cena, fatta dì poco cibo e tante bevande per reidratarsi. E come ci si può gratificare se non con un faticoso (perché bisogna sciogliere la neve) tè con tanto zucchero? Le cronache dell'alpinismo di tutti i tempi sono ricche di questi episodi; a sentire i grandi scalatori, senza cibi e bevande zuccherati non si sarebbe potuti procedere cosi come senza corde o chiodi. Eppure mai alimento è stato tanto vituperato e considerato nocivo quanto lo zucchero, fino alla recentissima smentita fatta da Allan Forbes, direttore della severa Food and Drug Adminlstration degli Stati Uniti che ribadisce come è solo la quantità smodata che può essere dannosa. «Quota 8000», la società che ha come ragione sociale un sogno, quello di scalare tutte le montagne della Terra superiori agli ottomila metri unendo all'impresa sportiva forti contenuti scientifici, di immagine e di spettacolo (e ci è già riuscita quattro volte sui due Gasherbrum, sul Broad Peak e sul K2. mentre la prossima primavera sarà la volta dell'ultima vetta pakistana, il Nanga Parbat e del cinese Shisha Pangma), ha organizzato a Milano un interessante, perché breve e molto concreto, convegno sui rapporti fra zucchero e alpinismo di alto livello o più estesamente fra zucchero e prestazione sportiva. Certo, l'industria saccarifera italiana è finanziatrice ufficiale di «Quota ottomila» e questa potrebbe parere la delicata risposta ai tanti messaggi di un'azienda di non zucchero che sponsorizza Messner, ma i dati nutrizionali sono incontrovertibili: anche Messner, insomma, al di là di ogni possibile abbinamento pubblicitario, in alta quota vive e può vivere soltanto di glucidi, qualsiasi confezione essi abbiano. L'alpinismo in questi anni sta sempre più perdendo l'etichetta di misticismo e l'alone romantico per entrare nell'orbita sportiva; a una sempre più esasperata ricerca tecnologica per abbigliamento e attrezzatura fa però riscontro un diverso atteggiamento verso il cibo. «L'estate scorsa il campo base del K2 — dice Agostino Da Polenza, leader di Quota 8000 — era affollatissimo di spedizioni da ogni angolo della Terra. Le nostre tende ricevevano decine di visite quotidiane, sia per la ricchezza che per la qualità del nostro menù. Visto che si è già a cinquemila metri, stanchi, in attesa di stancarsi maggiormente, bando alle tristi buste da riscaldare, ma trionfi di risotti, frittate, bresaola, parmigiano, crostate, soltanto con l'avvertenza di non eccedere nei grassi». Lo stress a cui un organismo viene sottoposto in Himalaya è spaventoso: in vetta all'Everest la pressione barometrica è un terzo di quella registrata al livello del mare e se un uomo ha perso a cinquemila metri il 35 per cento della popria potenza muscolare, a 8000 gliene rimarrà soltanto il 20 per cento. Il prof. Paolo Cerretelli, fisiologo di fama, docente a Milano e Ginevra, buon alpinista e già vicecapo nella amplìssima spedizione italiana all'Everest nel '73 (quella che era addirittura dotata di elicotteri), ricorda non l'opportunità, ma l'obbligo di ricorrere a una forte somministrazione di glucidi (fruttosio, saccarosio, glucosio) sotto sforzo e in alta quota per ricostituire le riserve dell'organismo e ritardarne l'esaurimento. Grande aluto dallo zucchero, quindi, molto più di quanto si pensasse di ottenerne un tempo dalle bombole di ossigeno. Messner è stato il primo a realizzare la salita all'Everest senza bombole (e subito dopo di lui più nessuno si è azzardato a parlare di ossigeno in Himalaya) non perché fosse un superuomo, ma perché, con la sua intelligenza, aveva intuito che i rischi per il fisico calavano se la permanenza in quota era di pochissimi giorni. E' probabile che l'alpinismo extraeuropeo del futuro assuma sempre più le connotazioni di laboratorio viaggiante: già si riesce, con le celle fotovoltaiche dell'Enea, a produrre tutta l'energia elettrica sufficiente a una grande spedizione; comunicare via radio ogni giorno con l'Italia è facile; abiti e attrezzatura resistono al peggiore maltempo. Forse il maggiore sforzo da fare è proprio in campo medico. E non è peregrino pensare quali nuovi exploit (non dimentichiamo che, scalate le vette, quasi tutte le grandi pareti molto difficili sono ancora da superare) l'alpinista meglio allenato e nutrito potrà raggiungere. Gigi Mattana

Persone citate: Agostino Da Polenza, Allan Forbes, Messner, Paolo Cerretelli

Luoghi citati: Ginevra, Italia, Milano, Stati Uniti