A Beirut comanda il dollaro

t»t.?r.. . f*A Beirut comanda il dollaro Dopo dodici anni di guerra si sgretola l'economia libanese t» n*»—*—t.—~~r» «* ?•>•■«\t r.... .. * .. 'if,*v i d il dll t»t.?r.. . f*A Beirut comanda il dollaro Manca l'acqua, scarseggia l'elettricità, la moneta americana regola il ritmo della vita NOSTRO SERVIZIO BEIRUT — Più che i combattimenti, la scarsezza di acqua e il crollo della lira sono oggi le maggiori preoccupazioni dei libanesi. Per l'acqua, è semplice: Beirut — per una volta sono solidali i due settori, vale a dire la metà della popolazione libanese — non ne riceve praticamente più, anche se da 10 giorni, in antìcipo rispetto alla stagione, piove a dirotto. Il motivo è chiaro: i benefici della natura si sono tramutati in calamità dal momento che i servizi pubblici sono stati devastati dalla guerra e dalla disintegrazione dello Stato. Scarseggia anche l'elettricità, la cui penuria si profila all'orizzonte in seguito all'aumento dei prezzi del carburante provocato da una ennesima caduta della lira li' banese. -Il dollaro toccherà quota cento? E' possibile? E' pensabile?». Da due anni, dall'ali tunno '84, allorché la moneta libanese (dopo aver magnlfi camente resistito a 12 anni di guerra) registrava il suo pri¬ mo crollo, è il problema che tutti qui si pongono, con una punta di angoscia e di incredulità. Oggi il dollaro vale 70 lire libanesi; molti sembrano rassegnati al balzo verso le cento lire, ma dicono: -100 lire? D'accordo, purclié si fermi lì e il lavoro possa riprendere su basi stabili». Ma per ora non si ferma: e nulla consente di intravedere una stabilizzazione della crisi. Nonostante i colossali depositi di divise per un cosi piccolo Paese (tra privati, Stato, banche, grosse fortune dell'interno e dell'estero, sarebbero da 30 a 40 miliardi di dollari) e a dispetto di un debito estero quasi nullo, la crisi si aggrava di ora in ora, a seconda del corso del dollaro che qui regola, più che altrove, il ritmo della vita. -L'edificio crolla», scrive la stampa. L'impoverimento tocca, a un'andatura veloce quanto la caduta della moneta, classi finora al riparo della crisi. Qualsiasi budget • non dollarizzato» (cioè senza divise straniere) si scioglie come neve al sole. Il Libano è divenuto il Paese meno caro del mondo: la benzina a 60 centesimi; gli appartamenti tra le 200 e le 300 mila lire il metro quadrato; la carne a 4 mila lire il chilo, il wiskhy a 3 mila lire. Per tanto tempo rampante, la «dollarizzazione» dei prezzi si accelera. Quando si chiede un prezzo in una boutique, la proprietaria armeggia sulla calcolatrice prima di dire il prezzo stesso: in dollari. La gente sospetta anche della Banca del Libano. Che è accusata di manipolare il corso delle monete per finanziare il Tesoro — privato del 95% delle sue risorse per lo sfascio del Paese e della sua amministrazione —, di percepire un'imposta camuffata di cui fanno le spese i risparmiatori e che riduce il debito pubblico in termini reali. Mentre per 12 anni di guerra la sua sede e le sue casseforti a Beirut Ovest erano sempre state rispettate con un tacito accordo dei belligeranti, la Banca del Libano è stata colpita mercoledì 19 novembre da un razzo lanciato dalle «Linci nere-Forze del popolo», un'organizzazione sconosciuta che minaccia di vendicare il popolo e di distruggere le banche e i banchieri. Il tesoro in lingotti d'oro del Libano si trova in parte all'estero, ma un'altra parte è nelle casseforti della Banca centrale. In quali proporzio ni? E' un segreto relativamente ben custodito. Oggi, per drammatici che siano, gli altri problemi — guerra nei campi palestinesi, bombardamenti israeliani nel Sud, divisione di Beirut — sembrano lontani. Dove trovare la speranza? Eliane e Jamil, coppia cristiano-musulmana, possono essere un esempio? Lei ha abbandonato il suo posto di segretaria lui la sua boutique nel quartiere di Hamra per andare a far nascere un piccolo... ame ricano, e vendere, a Pittsburgh (Pennsylvania), gli oggetti fabbricati a BorjHammud, la periferia armena di Beirut. Lucien George Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: Hamra, Lucien George