Cattedrale d'orgoglio di Enrico Castelnuovo

Cattedrale d'orgoglio NUOVO MUSEO DEL DUOMO A PISA Cattedrale d'orgoglio Nel mezzo di un prato il duomo di Pisa squaderna sulle sue mura lapidi, epigrafi, iscrizioni. I grandi momenti della storia della città, una capitale del Mediterraneo che si proclamava «Roma altera», un'altra Roma, sono evocati in carmi scolpiti sul marmo, qui sono incisi i nomi degli architetti . che hanno costruito la candida chiesa, quelli dei committenti che la arricchirono di opere. Le scritte ricordano incursioni nei porti, battaglie e vittorie sui saraceni, lamenti di principesse prigioniere, imprese meravigliose di uomini più geniali di Ulisse, più abili di Dedalo. Lettere si addensano sulla facciata, o si distendono lungo il paramento murario, compongono i nomi di Buschero e di Rainaldo, i due grandi architetti, di Burgundio Tadi committente di tante opere, dei magnati — prima fra tutti la contessa Beatrice madre di Matilde di Canossa — che si erano fatti seppellire accanto alle mura del tempio negli antichi sarcofagi trasportati da Roma. Ricordano gli anni delle imprese di Palermo o delle Baleari, la commissione del nuovo pulpito o quelle dei gradini scolpiti di cui l'edificio venne cinto tutt'intorno. Per secoli la cattedrale fu per eccellenza il luogo degli investimenti simbolici, qui si produsse una vertiginosa accumulazione di opere d'arte: capitelli, mosaici, tessuti, avori, smalti, tombe, altari, pulpiti, statue, rilievi, dipinti. Qui i ptodotti degli spogli romani furono avvicinati ad opere prese ai saraceni o da essi acquistate, qui un capitello firmato da uno scultore di Cordova di nome Fath si accosta a marmi ostiensi e lastre strappate alla basilica di Nettuno presso il Pantheon (reimpiegate per farne una transenna presbiteriale) stanno accanto a un rutilante grifone lavorato in bronzo da artefici iraniani. io' ih t.v iarty * * -Biotti. .ini MioO .o_.. Altri edifici sorsero accanto al duomo fondato nel 106} venendo via via a costruire la più bella piazza del mondo: i battistero progettato un secolo dopo da Diotisalvi (1154), la celebre torre (1174), il camposanto, l'ospedale, la casa dei canonici. Appunto in questa dimora trasformata nei secoli e oggetto di un recente restai ro (che ha permesso tra l'altro il recupero della rara decorazione pittorica duecentesca di una sala) l'Opera del Duomo ha aperto un nuovo musco dalle collezioni strepitose. All'ombra della cattedrale della torre incombente che sembra volersi tuffare nel chiostro sono esposte opere (prevalentemente, ma non esclusivamente scultute) provenienti da edifici della piazza o che in essi erano state raccolte e che, nel corso dei secoli, in seguito a catastrofi, restauri, intemperie, crescente inquinamento atmosferico eventi di altro genere hanno dovuto lasciare la loro sede originaria. Alcune date segnano i momenti più rilevanti di questa diaspora, la fine del Cinquecento quando in seguito a un disastroso incendio che aveva devastato il duomo molte opere vennero spostate e smembrate, i primi anni dell'Ottocento in cui Carlo Lasinio raccolse in Camposanto sculture classiche e mcdioevali di provenienza pisana e non e, unendole alla famosissima serie di sarcofagi ivi esistente, creò un museo dalla straordinaria suggestione, emulo italiano di quel Musée des Monuments Francais con cui Alexandre Lenoir andava nutrendo le fantasie dei grandi romantici. E ancora gli anni tra il 1825 e il 1860 in cui, in seguito a una grande campagna di restauri, molte opere vennero deposte e sostituite da copie (uno splendido capitello della torre pendente, rimpiazzato in loco con una copia, orna oggi un castellò prussiano, mentre L:atrualc facciata del duomo è ormai in gran parte ottocentesca), quelli infine dell'ultimo dopoguerra, anni in cui per proteggerle dal crescente deterioramento alcune sculture non furono risistemate nelle loro sedi originarie. Come le lapidi e le iscrizioni sulle mura della chiesa le opere raccolte nel museo raccontano la storia della cattedrale, complessa e aperta in mille direzioni. Dall'arco trionfale doveva pendere un tempo l'alto e terribile crocifisso ligneo, probabilmente borgognone, un capolavoro della scultura romanica europea; opera di un artista provenzale è il Davide citaredo nella stessa sala: mentre islamici sono il celebre grifo, un grande bacile di bronzo e un capitello firmato. Unico per numero e importanza il gruppo di sculture uscito dalla taglia di Nicola e di Giovanni Pisano: mensole, chiavi di volta e nove busti colossali provenienti dalla decorazione esterna del Battistero, da cui giungono anche una ventina di figure più o meno mutile, tra le quali alcuni assoluti capolavori di Giovanni: accanto sono le «gradule», gradini cioè intagliati da Giovanni e dai suoi che correvano tutt'intorno alla cattedrale. Sempre di Giovanni, che qui ha un suo incomparabile musco, la Madonna del Colloquio, che stava su una porta del duomo, la Madonna con i due San Giovanni e un donatore, già su una porta del Battistero e i frammenti di un altro gruppo spezzato da un fulmine quand'era su un'altra porta del duomo. E qui sono la celebre Madonna d'avorio scolpita nel 1299 unico resto di un com plesso posto sull'altar maggiore e danneggiato dall'incendio e un crocifisso ligneo pressoché sconosciuto perché celato per secoli dietro una grata in un anfratto della tomba del vescovo Elei. Accanto a quelle di Giovanni è un gruppo nutrito di opere di un altro protagonista della scultura gotica europea, il geniale Tino di Camaino, senese, capomaestxo dell'opera, che mentre stava finendo la tomba dell'imperatore Arrigo VII scappò dalla città stufo di celebrare le glorie ghibelline per raggiungere le truppe guelfe e fu deposto dal suo in carico «cum sit guelphus et in exercitu et prelio de Montecatino fuit conlra pisanas». Di lui sono il bell'altare di San Ranieri e lo spettacoloso gruppo di Arrigo VII e dei suoi consiglieri, la più straordinaria raccolta di ritratti che a quel tempo si potesse vedere in Europa, nonché i frammenti del fonte battesimale distrutto nell'incendio del 1595 e pieto samente conservati. ★ * Si aggiungano le tombe dei vescovi Scherlatti e Moricotti di Nino Pisano, gli smalti limosini e le molte oreficerie — alcune di assai grande importanza — del tesoro, i rotoli illustrati degli Exultet che dal l'ambone il celebrante srotolaci àJ'onku\fà$ ha di Pasqua, i codici miniati, i rtieamijiOìStoSe, » i patimenti; le tarsie lignee, le statue e dipinti quattro e cinquecente schi, le antichità classiche rac colte dal Lasinio e quelle egi zie portate da Ippolito Roscllini esposte con bel garbo nel l'appartamento tra neoclassico Biedermeicr abirato da Giovanni Rosini quando l'edificio era ormai in mani private. Dopo questo elenco som mario, qualche suggerimento non aedo opportuno esporre grandi busti, per anni al riparo nel battistero, nel bel chio stro dove pur giunge la pollu zione atmosferica, rimpiango d'altra parte la spartizione del le collezioni di Lasinio che vede quelle antiche nel nuovo museo e quelle medievali San Matteo. Poche riserve di fronte a un avvenimento eia moroso. Tutti a Pisa dunque e al più presto. Enrico Castelnuovo Giovanni Pisano. «Crocifìsso d'Elei», nel museo del duomo di Pisa

Luoghi citati: Camposanto, Canossa, Europa, Palermo, Pisa, Roma