Jazz d'America, l'antico

Jazz d'America, Vantico Jazz d'America, Vantico Si parte con Herbie Hancock - Poi verranno Cobham, Gillespie, Petrucciani - E l'Italia? MILANO — Con un occhio alla tradizione ma con i piedi bene saldati all'attualità si inizia sabato una rassegna che porterà-nel teatro Cristallo al-, cuni grandi' solisti del jazz americano. Si parte con Herbie Hancock che già nei mesi scorsi si era preso una vacanza jazzistica dopo gli splendori delle sue divagazioni sui temi del rock. Coronato ma forse anche giubilato da un'affermazione commerciale avallata addirittura da una Ornella Vanoni, Hancock diventa oggi un personaggio emblematico della crisi che percorre il mondo del jazz. Jazz sulle soglie di un Manierismo senza esegeti e quindi in odore di mera imitazione o, quando va peggio, di esercitazione accademica. Un grande batterista come Billy Cobham porterà (il giorno dopo) un po' di «confusioni) inserendo il suo rock in una rassegna che invece si sforza di fare del jazz. Ma Billy è un grande nome per il pubblico giovane e inoltre sta girando l'Europa per un tour personale a sfondo pubblicitario (e quindi con costi di produzione ridotti). Il 27 vedrà sulle scene dei Cristallo un Gillespie superstar di un bel gruppo dove fa spicco Walter Davis jr., pianista di gran .classe, già, solista anche con Parker; un beboj*per della prima ora dunque, elemento collaudato da varie esperienze, fedele bluesman dalla vena powelliana. Gillespie, che non conosce il problema della vecchiaia arustica, saprà ancora una volta fare spettacolo con quel suo modo un po' folle di vivere sulla scena ma anche con quella inclub bia capacità di sapere comuni care un complesso mondo mu sicale con una sola frase. Dizzy fa venire alla mente quei grandi campioni del cai ciò che sono capaci di dormire per ottantanove minuti di partita ma poi fanno il gol che capovolge un risultato e quel gol oltre a essere prezioso è anche un capolavoro di bel gioco. Non dimentichiamo infine che Dizzy Gillespie è l'ultime bopper vivente del grande gruppo originario (con Parker, Monk, Powell, Clarke). Inoltre è lui, insieme con Louis Armstrong, il solista più popolare e amato dal pubblico del jazz di tutto il mondo. In comune questi due grandi hanno il gusto per la clownerie utilizzata come strumento di simpatia, un modo per agganciare finìérés» o Jtjfir lo menò)' la curiosità anche di un pubblico digiuno di jazz. Non per altro, sia Louis che Dizzy sono stati i jazzmen che il Dipartimento di Stato americano ha meglio utilizzato per portare la musica afromericana attraverso tutti i continenti. La rassegna si concludrà il primo dicembre con il trio del pianista francese Michel Petrucciani (Eliot Ziegmund alla batteria; Ron McClure al basso). Eccellenti. Tutto bene ma ci si chiede come mai non ci sia un impresario che abbia la capacita di inserire in un programma internazionale almeno un nome italiano. Eppure oramai i solisti anche da noi non mancano. Basterà citare i gruppi di Giovanni Tommaso (che ha appena suonato al Blue Note di New York), di Franco D'Andrea, di Pietro Tonolo per confermare lo scarso orecchie di tanti organizzatori. Franco Mondini

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