E la Storia finisce in melodramma di Ugo Buzzolan
E la Storia finisce in melodramma Questa sera su Raidue Pultima puntata del film di Comencini E la Storia finisce in melodramma Una puntata catastrofica, un racconto ultra-patetico e strappalacrime - L'interpretazione complessiva della Cardinale è di grande livello, intensa e senza virtuosismi compiaciuti Tragedia tremenda nella tersa e ultima parte de La Storia, in onda stasera su Raidue, L'atmosfera di morte è presente sin dall'inizio. Il piccolo Useppe già all'asilo si rivela un disadattato, e il fratello Nino si dà alla borsa nera e viaggia in jeep. Ma è chiaro che gli succederà qualcosa. Difatti: ad un posto di blocco non si ferma e gli americani lo crivellano con i mitragliatori. Cadavere sotto il lenzuolo, riconoscimento da parte della madre annichilita. Ora l'obiettivo è tutto puntato su Useppe e sul cane bianco che lo accompagna. In queste sue libere (sin troppo) scorribande per Roma e lungo i fiumi il bambinello incontra un tredicenne depravato che campa di prostituzione, e un amico di Nino che si è dato al bere e si è ridotto, abbrutito e agonizzante, in una stamberga, e l'ex fidanzata del fratello che da un fugace amplesso tra i cespugli è rimasta incinta e tra le braccia reca un neonata strillante. Ambienti grigi, oppressivi. Se Ida, la madre, sogna, sono incubi lugubri. E intanto l'epilessia assale e devasta Useppe e in breve lo stronca. Il bambino muore sulle rive del fiume vegliato dal cane; la madre lo ritrova, se lo riporta a casa, e impazzisce. I carabinieri sfondano la porta, e — come suggello finale — c'è ancìie l'abbattimento del cane. E' una puntata, ripeto, in cui più che nelle altre due la tragedia picchia e martella, e sulle rarissime pause di quiete incombe perenne la sventura. Per cui — ma mi sembra sia il limite dello stesso romanzo, pur cosi ricco di pagine poetiche — il proposito di considerare la Storia come crudele persecutrice e feroce dlstruggitrice inesorabile di esseri deboli e indifesi deve per forza cedere il passo alla descrizione di un accumulo di casi strazianti e pietosi, certamente avvenuti nella realtà sanguinante della guerra e del dopoguerra, ma che, tradotti in spettacolo, si configurano fatalmente in una dimensione di racconto ultra-patetico e strappalagrime a tutti i costi. Il disegno «alto», la metafora, la visione severa e pessimistica della Storia tendono a trasformarsi in minuta cronaca a forti tinte. Fra l'altro questa terza parte si poggia non tanto sulla Cardinale — direi sostegno, volto e anima dell'operazione — quanto su Useppe, e il peso a carico del piccolo attore Andrea Spada è molto pesante, al limite sproporzionato. Comencini sa manovrarlo con misura (da supporre, dietro, un lungo lavoro di pazienza) e il bambino se la cava, anche se il rischio della stucchevolezza — un rischio comune a tanti piccoli protagonisti dello schermo — non viene sempre evitato. Il rendere in immagini il fluviale romanzo della Morante era ardua impresa: la trascrizione che Comencini ha realizzato è tutta improntata ad un attento, sagace, onesto mestiere che non ha mai avuto colpi d'ala, ma che ha saputo controllare la materia anche nei momenti più critici ed esposti, ed è stata spesso capace di annotazioni di rilevante finezza. Claudia Cardinale aveva più spazio nella prima e seconda parte: comunque la sua interpretazione complessiva è di gran livello, di forte intensità, di schietta semplicità, senza mai concessioni al virtuosismo compiaciuto: riesce a far suoi il dolore e la passività del personaggio e nel finale quel volto perso nella follia che sembra diventare di pietra esprime tutta la disperazione del mondo dei vinti. Se il film fosse stato in concorso a Venezia, chi le avrebbe portato via il premio per la migliore attrice? Ugo Buzzolan tzdn Claudia Cardinale con Andrea Spada in una drammatica scena
Persone citate: Andrea Spada, Claudia Cardinale, Comencini, Morante
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