«La Siria ci dette l'esplosivo» di Alfredo Venturi

«La Siria ci dette l'esplosivo» Attentato alla Società arabo-germanica: palestinese confessa «La Siria ci dette l'esplosivo» A Berlino, uno degli imputati è fratello di Hindawi - Accuse ai servizi segreti di Damasco DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BONN — Sono stati i siriani, dice Faruk Salameh. O per meglio dire, siamo stati noi del clan Hindawi, Ahmed Hasi e io, a far scoppiare il 29 marzo, contro gli uffici berlinesi della Società arabo-germanica, la bomba che fece nove feriti. Ma l'esplosivo ce l'avevano dato i siriani: per la precisione quelli dell'ambasciata di Damasco in Germania Orientale. Davanti a un tribunale di Berlino Ovest, in stato d'assedio per ragioni di sicurezza. Salameh. un palestinese dal passaporto giordano, insiste: c'era la Siria dietro di noi. U coimputato Ahmed Hasi, invece, si limita a confermare una sola cosa: di aver preso parte all'attentato. Il resto, cioè 11 coinvolgimento siriano, si rifiuta di confermarlo. Hasi è fratello di Nezar Hindawi, l'uomo che una corte londinese ha condannato a 45 anni per la mancata strage sul jumbo israeliano. Dice che le deposizioni gli sono state estorte sotto tortura psicologica. In che consiste la tortura psicologica? Hasi parla di voci che lo assillavano, minacce di suicidio, droghe nel cibo. La magistratura berlinese smentisce Hasi, anche lui palestinese di passaporto giordano, chiede un avvocato arabo. E invita Salameh a associarsi nella denuncia di una deposizione estorta. Salameh conferma invece punto per punto. E racconta la genesi del clan Hindawi. Fu proprio Nezar, dice, a creare questa organizzazione terroristica. Dapprima si era rivolto per appoggi alla Libia: ma 1 libici avevano rifiutato. Non avevano rifiutato invece i siriani: nel febbraio '86, a Damasco, un certo Abu Ahmed aveva promesso il suo appoggio. Abu Ahmed altri non sarebbe che il colonnello Said, l'uomo che il controspionag¬ gio britannico indica come anello di congiunzione fra i servizi siriani e i gruppi terroristici appoggiati da Damasco. Ma prima, ricorda Salameh, bisognava superare una specie di test:"ecco, l'attentato del 29 marzo era appunto un test, destinato a dimostrare che il gruppo Hindawi sapeva progettare ed eseguire azioni terroristiche. Ideato e diretto da Nezar, l'uomo del jumbo El Al, l'attentato prendeva di mira un'organizzazione, la Società arabo-germanica, rea di non finanziare i duri del movimento palestinese, accusata addirittura di avere rapporti con Israele. La deposizione di Salameh riapre dunque lo scottante capitolo delle responsabilità siriane in materia di terrorismo. Come si ricorderà, dopo la condanna di Nezar Hindawi, Londra decise immediatamente di rompere le relazioni diplomatiche con Damasco. E chiese ai soci della Comunità europea di fare altrettanto. Ma gli altri Paesi non andarono al di là di una serie di limitate sanzioni economiche. Ora da Damasco è giunta, immediata, una smentita: con l'attentato di Berlino, dice il vicepresidente Khaddam in un'intervista a Die Welt, non c'entriamo per nulla. Ma a Bonn non si escludono nuove misure nel confronti di Damasco, se dal processo emergerà una diretta responsabilità siriana. Non proprio la rottura delle relazioni diplomatiche, come hanno fatto gli inglesi, ma per esempio la mancata sostituzione dell'ambasciatore. Il capo della missione diplomatica tedesca a Damasco, Herbert Woeckel, è sul punto di rientrare in patria per avvicendamento: la sua sede, si lascia capire a Bonn, potrebbe restare vacante per un tempo indefinito. Alfredo Venturi