Il mito necessario

D mito necessario TRA IDEALI, UTOPIE, POTERE D mito necessario Si è discusso in questi giorni al Goethe Instimi di Torino, fra studiosi tedeschi e italiani, se «il potere abbia sempre bisogno di miti». La domanda è derivata dal crescente successo, specie in Germania, del Movimento dei Verdi. Infatti a questa domanda se ne affiancava un'altra: «E' l'ecologia un nuovo mito?». Anche questo dibattito è reso difficile dal significato ambiguo delle parole. Nell'universo del discorso politico, la parola «mito» ha un significato prevalentemente negativo. Forse più nell'uso italiano che in quello tedesco. Domandarsi se l'ecologia sia un mito vuol dire guardarla con sospetto. Nel secolo scorso si parlava di idea del progresso: ora che non ci crediamo più diciamo che il progresso è un mito. Un ecologo convinto rifiuterà di considerare il proprio ideale un mito. Dirà che e un'utopia. La differenza fra mito e utopia è netta: il mito fa appello alla passione e affonda le sue radici nel tempo dei tempi, in quel tempo di cui si è perduta la memoria storica. L'utopia è una costruzione razionale proiettata ver so il futuro. Si dirà il mito dell'età dell'oro e l'utopia della società senza classi. L'uso culogico di «mito» appartiene oggi soprattutto al linguaggio della destra radicale. Con questo non voglio dire che la sinistra estrema non abbia anch'essa i suoi miri. Nel '68 il mito di Che Guevara o della Qna. Sovrastante su tutti, il grande e terrificante mito del nostro secolo: il mito di Stalin. Mi riferisco non all'uso di miti, ma alla cosciente teoria di quest'uso. Se oggi in una società secolarizzata come la nostra si torna ad affermare la necessità di miti, accade perché una destra radicale con pretese teoriche ha cominciato a far parlare di sé. In un convegno organizzato da aderenti a questa nuova destra,- uno storico^ ha scritto-1 <Ll~xivHiei fyqftnp;',bisogno sl(#ttura{menfe dei miti, tanto che là toro assenza (o il loro esaurirsi o il loro essere rifiutati) provoca o risultati deleteri o l'insorgenza di surroga ti a esorcizzare le conseguenze dell'assenza dei miti veri». L'unico grande teorico del mito, fra gli scrittori di sini¬ stra, è stato Sorel. Ma Sorel era un marxista non ortodosso che, introducendo il discorso tema, dichiara di chiedere lumi alla filosofia di Bergson, che non era un filosofo rivoluzionario. A differenza di Sorci, Marx e i vari movimenti marxisti si sono sempre mossi tra scienza e utopia, fra ragione dimostrativa e ragione costruttiva. Non è un caso che alcuni autorevoli seguaci di Sorel si siano convertiti al fascismo. Nel Doctor Faustus Thomas Mann introduce verso la fine con tratti grotteschi una discussione fra dotti saccenti e fatui, che si svolge nell'atmosfera cupa e tragica delle ultime ore del Terzo Reich. Costoro indicano compiaciuti le Riflessioni sulla violenza come «il libro dell'epoca», perché aveva predetto «inesorabilmente l'anarchia, designato l'Europa come terreno di cataclismi bellici, insegnato che i popoli di questo Continente sanno unirsi soltanto in un'idea, quella di fare la guerra». E commentano: «Nel secolo delle masse la discussione parlamentare doveva risultare assolutamente inadatta a formare una volontà politica e in avvenire bisognava sostituirvi un vangelo di finzioni politiche destinate a scatenare e a mettere in azione le energie politiche come primitivi gridi di battaglia». Il mito non appartiene al puro mondo dell'immaginazione o della fantasia. Il mito è il prodotto di una credenza. Si rifletta per un momento alla differenza fra una realtà creduta e una realtà immaginata. Le due cose non coincidono necessariamente: io posso credere nella Trinità senza immaginarla; o posso immaginare il Paese di Cuccagna senza crederci. Questa distinzione consente di cogliere la differenza tra un mito politico, come quello della razza o del sangue, e l'immaginazione al potere, proclamata dai giovani del '68. Il mito non può pie scindere dal senso della tradiì?fì^%FM& dcll.'irnmaginaz'ionc e volta ài futuro» a, uh ifUwr.0. 'ritenuto.,oJ.tKtutco. portata di mano. In tutti questi anni quando si è voluto contrapporre in politica un discorso scientifico a uno non-scientifico, un discorso puramente teorico uno cui si attribuisce una fun zione pratica diretta, si è par lato di ideologia, non di mito. Il mito fa appello alla nostra facoltà di desiderare, l'ideologia fonda la propria efficacia sulla pretesa di soddisfare i nostri interessi. Il mito eccita le nostre passioni, l'ideologia offre una speranza ai nostri bisogni. Le ideologie possono essere di destra e di sinistra. Non vi è movimento politico che non abbia, palese o occulta, la sua ideologia. Vi è stato un periodo non tanto lontano in cui si è predicata la fine delle ideologie. Ma le ideologie, come i miti e le utopie, non muoiono mai. Sono morti che resuscitano continuamente, perché l'azione pratica non ne può fare a meno, secondo i diversi tempi, le diverse circostanze, e soprattutto secondo i diversi soggetti dell'azione. ** La confusione può derivare non solo dalla difficoltà di di stinguerc il concetto di mito da concetti affini, ma anche dalla molteplicità di significati dello stesso termine 'mito' Quando si è tentato di elencare i miti del nostro tempo, il catalogo è risultato sin troppo ampio. Prova ne sia che in un ibro recente, Mythes et mithologies politiques di Raoul Girardot (Seuil, 1986), vengono illustrati quattro miti: della cospirazione, del salvatore, del l'età dell'oro, e dell'unità. Dubito che il primo e l'ultimo possano essere considerati miti nel senso proprio del termine: i due di mezzo sono miti a di verso titolo. CI siamo domandati infine se la democrazia, a differenza dei regimi del passato, non abbia bisogno di miti. Il problema è rimasto aperto. Una delle principali funzioni pratiche del mito è sempre stata quella di costituire un princi pio di legittimazione del potete. Il principio di legittimazione del potere democratico è la libera elezione secondo regole stabilite. Non si vede in quale senso della parola, pur accogli«aic}oj^ nella sua ^ccczip.n£ più ^mpia, le norme che rego- , tf*n m.to. Mirt mm!{senza una risposta precisa un'ulteriore domanda: queste regole sono sufficienti? Forse non sono sufficienti, ma per indicare ciò che sta al di sopra delle regole, preferirci parlare di ideali. „ . Norberto Bobbio

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