Gli ipocriti di Khomeini

Gli ipocriti di Khomeini r le opinioni ■lliiliiaiil ' ■ iiiiiiiiiiiiiiiii del sabatowmm Gli ipocriti di Khomeini ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA E così, più o meno a distanza di un anno, ci siamo tolti, come si dice, gli schiaffi dalla faccia. D'un colpo solo, grazie alla scoperta di trattative sottobanco avviate da tempo tra Reagan e l'Iran (con seguito di reciproci favori), le critiche all'Italia per la vicenda. deH'«Achille Lauro» sono cancellate, la Farnesina e Palazzo Chigi assolti da ogni colpa, e l'ambasciatore americano nel nostro Paese, Raab, che mentre Abu Abbas gli sfuggiva sotto il naso si espresse in termini durissimi sul conto della politica italiana, costretto a meditare sulle figuracce a cui può esporre il mestiere che si è scelto. Il senso di sollievo per l'onore nazionale cosi inopinatamente restaurato traspare da quasi rutti i titoli dei commenti. «Ipocrisia» è la parola che in essi è ricorsa più spesso: l'ipocrisia del Presidente degli Stati Uniti che bacchetta sulle mani gli Europei per le loro esitazioni nel combattere i terroristi, ma poi non esira a rifornire di armi il regime terroristico di Khomeini; l'ipocrisia di Chirac, che promette di non trattare mai con i terroristi che mettono a ferro e a fuoco Parigi e poi, invece, tratta con la Siria il rilascio degli ostaggi nelle mani delle bande da essa controllate; infil'ipocrisia d'Israele, l'arcinemica del terrorismo, che da anni — si scopre — traffica in armi pure lei con Teheran, non si capisce ancora bene se per conto proprio o in conto ter,zi (gli Stati Uniti). Una vera e propria orgia d'ipocrisia, insomma. E dunque — pare di capire da quei commenti — chi è senza peccato scagli la prima pietra, mal comune mezzo gaudio, e noi non lamentiamoci troppo del nostro Andreotti che, come si vede, non sfigura affatto di fronte ai suoi colleghi di qua e di là dell'Atlantico. Invece il mal comune non può che significare il comune disastro, e questo era ciò che andava, e che va, detto innanzitutto. Nel caso dei Paesi democratici e delle loro politiche estere — in cui il peso dell'opinione pubblica si rivela sempre alla fine determinante — la Ragion di Stato non paga. Basta pensare a quelli che saranno i probabili effetti della catastrofica decisione di Reagan di trattare con Teheran. Di contro ad un possibile (ma tutt'alerò che certo) aumento di peso dell'ala «moderata» del regime iraniano, nonché dell'influenza americana in quello scacchiere, sta la sicura ed enorme perdita di credibilità che d'ora in poi accoglierà in Europa qualsiasi iniziativa del governo di Washington. Ogni richiesta di solidarietà con gli Srati Uniti incontrerà dubbi ed ostacoli assai più forti che per il passato, la leadership americana dello schieramento occidentale ne esce già oggi indebolita e moralmente screditata. Così come indebolitissima e screditatissima risulterà in Francia la posizione di Chirac nel momento stesso in cui un qualsiasi gruppuscolo terrorista dovesse decidere di far scoppiare una nuova bomba nel centro di Parigi. Senza contare, naturalmente, il messaggio implicito che tutte queste awcdutissime trattative trasmettono a chi ha orecchie per sentire e mitra e bombe per farsi sentire: «Terrorizzate, terrorizzate, qualcosa da guadagnare comunque ci sarà». Magari fosse tutto — e soltanto — una questione à'«ipocrisia».

Persone citate: Abu Abbas, Achille Lauro, Andreotti, Chirac, Khomeini, Raab, Reagan