Il mercurio scintilla sul Reno di Alfredo Venturi
Il mercurio scintilla sul Reno L'incendio alla Sandoz di Basilea ha avvelenato Finterò corso del fiume sacro al mito germanico Il mercurio scintilla sul Reno In dieci giorni di inesorabile avanzata, tonnellate di prodotti tossici hanno ucciso pesci e alghe - Dopo la strage dei boschi e le polemiche con la Francia per le centrali atomiche a ridosso della frontiera, in Germania torna l'incubo dei rischi ecologici importati (Segue dalla 1' pagina) Mentre la prima ondata si sta disperdendo nel Mare del Nord, la seconda comincia il suo viaggio, ieri era già segnalata a Karslruhe. A Bonn, intanto, una superba giornata di sole restituisce l'illusione che nulla sia accaduto. Il sinistro bagliore è ormai scivolato a valle, il nuovo veleno è ancora lontano, la corrente rapida del Reno scintilla e riflette l'azzurro del cielo. Ma non c'è più vita in quell'acqua. Proprio quando, lamentano gli abitanti del villàggi renani, era in corso un complesso programma di risanamento. Tutto inutile, tutto da rifare. Cinque anni fa si erano lanciati decine di migliaia di salmoni, le industrie avevano dovuto costruire impianti sicuri per impedire il deflusso delle sostanze inquinanti. Ola, in Germania. Ma altrove? Come già per le due centrali atomiche che i francesi hanno costruito a ridosso del confine, Fessenhelm e Cattenom, il risentimento dei tedeschi per la disinvoltura ecologica dei vicini è altissi¬ mo. Per un popolo afflitto, in conseguenza della sua tragica storia, dal senso della catastrofe incombente, è inconcepibile che una grande impresa come la Sandoz ignori, com'è stato rivelato, l'avvertimento dei suoi assicuratori, e non sappia dotarsi di serbatoi supplementari destinati a ricevere, in caso d'incidente, le sostanze sfuggite dai depositi. E poi il risentimento non si limita ai responsabili dell'industria, investe 11 governo svizzero. Per la lentezza con cui ha fatto scattare l'aliar- me, per gli iniziali tentativi di minimizzazione. Anche i francesi accusano la Svizzera: chiederemo il rimborso dei danni, annuncia a Parigi Alain Carignon, ministro dell'Ecologia. Proprio ieri il disastro è approdato, a Bruxelles, alla sede comunitaria: ma sul banco degli accusati c'è un Paese, la Svizzera, che della Cee non fa parte, che quindi non potrà èssere vincolato dalle decisioni dei Dodici. C'è chi sostiene che se l'onda velenosa fosse stata segnalata in tempo sarebbe stato possibile neutralizzarla almeno in parte, nelle prime fasi del suo viaggio verso Nord. E' mai possibile stare con le mani in mano mentre il Reno muore? D'accordo, si chiederanno i darmi alla Svizzera, all'industria responsabile: ma in quello che è accaduto c'è qualcosa che non si può tradurre in moneta. In un parco di Bonn c'è una scritta che riassume ciò che 11 Reno rappresenta per 1 tedeschi: «17 fiume della Germania, non il suo confine'. Non è soltanto un battagliero . avvertimento alla Francia, e alla sua secolare tentazione di considerare cosa propria la riva sinistra fra Basilea e l'Olanda. E' anche la sottolineatura di un mito, di un ruòlo: la centralità di questo fiume nella tradizione culturale germanica. Il Reno ha alimentato la storia dei tedeschi é le loro leggende, 11 folklore e la poesia. E' un simbolo di unii* e di identità. Dal recente congresso del sue partito a Magonza, mandando il rituale saluto ai «fratelli separati» della Ddr, 11 cancelliere Helmut Kohl cominciò con queste parole: «Dot fiume del destino germanico:.... E' questo senso collettivo d'identificazione che l'assassinio del Reno ha brutalmen te colpito. Qualcosa del genere lo si è visto anche quando un altro disastro ambientale, non cosi improvviso ma non mei^^raamatì «j, ina* jqtòrta dei boschi, si propose In tutta la sua complessità. E' stato detto che i popoli germanici hanno con il bosco un rapporto di amore quasi fisico: che affonda le sue radici nelle antiche leggende, nei riti ancestrali. Credo che la stessa cosa si possa dire per il Reno. In un slmile clima psicologico, certi dettagli sembrano fatti apposta per sconvolgere. Come la rivelazione, fatta ieri a Stoccarda da Gerhard Welser, ministro dell'Ecologia del Baden-Wuerttemberg, che c'è anche chi della tragedia ha saputo approfittare. Abbiamo scovato nel fiume, ha detto Weiser, certe sostanze che non potevano essere uscite dalla Sandoz. Le ricerche hanno portato a quésta scoperta: un'altra impresa chimica ha colto l'occasione per scaricare 1 suoi rifiuti tossici. L'azienda in questione conferma: è la Ciba-Geigy, sempre di Basilea. Un portavoce tenta di spiegare: «E' stata un'dvaria*. In un Paese dai nervi scoperti in fatto di ecologia, il disastro ha mobilitato i partiti. Verdi, naturalmente, che hanno illustrato nei dettagli il rapporto dell'assicuratore zurighese ignorato dalla Sandoz. I socialdemocratici, che hanno accusato il governo di avere reagito all'emergenza con troppa lentezza. Ieri si è riunita a Bonn la Commissione parlamentare dell'Ambiente. E' una creatura del dopo-Cernobil, cosi come il ministero dell'Ecologia, affidato da Kohl a un suo stretto collaboratore, Wallmann. Lo stesso Wallmann ha incontrato i responsabili della Sandoz: gli hanno promesso di riesaminare i piani d'emergenza, di fornire ogni Informazione sui meccanismi produttivi. Ma lungo il corso del fiume avvelenato, dal Baden alla Renania, c'è un senso di rabbiosa impotenza, di desolata frustrazione. Se anche un nuova coscienza emergesse da questo incidente, e cose del genere non accadessero più, per vedere il Reno resuscitato alla vita bisognerà aspettare almeno un decennio. E anche allora, si teme, nulla sarà più come prima. Alfredo Venturi Unkel (Germania Occidentale). Gli abitanti del villaggio costretti a rifornirsi d'acqua dalle autocisterne
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