La «frontiera» biotecnologica

La «frontiera» biotecnologica Italia: i miliardi alla ricerca La «frontiera» biotecnologica Negli Usa trasferito nelle piante di tabacco un gene che dà luminosità MILANO — La notizia è di questi giorni: ricercatori dell'Università della California sono riusciti a trasferire alle piante di tabacco il gene che dà luminosità alle lucciole (luciferase) ottenendo cosi foglie fosforescenti. E' l'ultimo, eclatante risultato ottenuto dalle biotecnologie, un termine che ricorre sempre più spesso nelle cronache scientifiche. Secondo una definizione ufficiale, le biotecnologie sono 'l'utilizzazione integrata della biochimica, della microbiologia e delle scieme dell'ingegneria genetica per realizzare applicazioni tecnologiche partendo dalle proprietà dei microrganismi, delle colture cellulari o di altri agenti biologici». In parole più semplice, l'uso programmato dei sistemi biologici per ottenerne beni e servizi. In un certo senso l'utilizzo delle trasformazioni biologiche è primordiale, basti pensare a quei prodotti frutto della «chimica delle fermentazioni» come il vino o i derivati del latte. Ma adesso si possono programmare trasformazioni complesse in moltissimi settori: medicina, chimica, alimentazione, agricoltura. Si può arrivare, insomma, a vedere i campi di tabacco brillare da soli la sera... Il prof. Arturo Falaschi sorride a questa prospettiva e spiega: «In realtà la notizia, seppure può accendere la fantasia popolare, in campo scientifico non apporta novità. Si era già riusciti ad innestare il luciferase in colture di batteri e nelle piante erano già stati inseriti geni di origine animale; proprio in quelle di tabacco si era innestato un antiparassitario natu-%i rale». " LPafas6hi, uno dei massi*; mi esperti italiani di biotecnologia, è il futuro di¬ rettore del Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologia che l'Unido (l'ente delle Nazioni Unite per lo sviluppo della ricerca) aprirà l'anno prossimo a Trieste. Un passo in più per incrementare le ricerche in questo settore che in Italia e in generale in Europa sono ancora indietro. 'Non so — dice Falaschi — se riusciremo mai a raggiungere gli Stati Uniti». Ma le possibilità sono immense: secondo stime recenti, tra il 1990 e il 2000 le potenzialità del mercato saranno di 100 miliardi di dollari (al cambio attuale, circa 140 mila miliardi di lire). Coscienti di queste possibilità, industrie e governi di Usa e Giappone stanno investendo a tutto spiano. Le grandi aziende Usa, che stanno comprando 1 progetti o direttamente assorbendo le «nuove società di biotecnologie», hanno investito finora 4 miliardi di dollari e di 630 milioni è stato l'anno scorso il contributo governativo; poco più della metà il budget del governo giapponese. E l'Europa? La distanza è notevole. La Cee ha finanziato due progetti di ricerca per complessivi 100 miliardi di lire che non hanno dato finora risultati di rilievo. Investe di più la Germania (120 miliardi di lire il finanziamento governativo dell'anno scorso) seguita da Francia e Gran Bretagna. L'Italia è tra gli ultimi. Il ministro per la Ricerca scientifica, Granelli, intervendo al Convegno sulle biotecnologie che s'è tenuto ieri a Milano, ha detto che è stato costituito un comitato apposito il quale jha predisposto un progetto !(ihe-■^prevede-■ Un-; investi-cinque anni. • •

Persone citate: Arturo Falaschi, Falaschi