Integralisti sciiti a Beirut «Liberano 3 francesi» di Enrico Singer

 Megralistì S€Ìitì a Beirut «libereremo 3 francesi» ^Organizzazione per la giustizia rivoluzionaria» filosiriana Megralistì S€Ìitì a Beirut «libereremo 3 francesi» Gli ostaggi attesi nel comando degli osservatori di Damasco - La notizia ha attenuato le polemiche che rischiavano di travolgere il governo PARIGI — In poche ore, ieri, il barometro politico francese è passato dal pericolo di tempesta alla speranza di una schiarita. I tuoni si erano annunciati al mattino, dagli Stati Uniti, dove il Washington Times aveva pubblicato, come promesso, la registrazione integrale delle contestate dichiarazioni di Chirac sul caso-Siria. Aggiungendo particolari ancor più imbarazzanti per il capo del governo di Parigi: giudizi di una violenza senza precedenti sulla strategia americana e inglese nella lotta al terrorismo. Poi, da Londra e da Beirut, è arrivato un po' di sere¬ no: la ritrovata solidarietà francese con 1 partner della Cee e, soprattutto, la liberazione, per ora solo annunciata, di due o forse tre ostaggi prigionieri in Libano da sette mesi. Sul plano emotivo, in Francia, è quest'ultima notizia a superare tutte le altre. A ridurre, almeno, gli effetti della polemica diplomatica aperta dalle dichiarazioni di Chirac al direttore del giornale Usa. Una boccata d'ossigeno che non è certo indipendente dal complesso groviglio di mosse e contromosse giocate nelle ultime settimane da Parigi con Damasco al prezzo di critiche e di attriti da una parte e dall'altra dell'Atlantico. Gli ostaggi che dovrebbero tornare liberi nelle prossime ore sono due tecnici della rete televisiva Antenne-2 (rapiti l'8 marzo scorso assieme a due giornalisti già rilasciati il 21 giugno) e un francese (definito dal terroristi «spia di Parigi») sequestrato in febbraio. Sono nelle mani di un gruppo dell'integralismo sciita libanese (l'Organizzazione della giustizia rivoluzionaria) che, a differenza del più agguerriti e filo-iraniani hezbollah (carcerieri di altri tre ostaggi francesi), è in buoni rapporti con la Siria. Tanto che la liberazione è attesa nella sede del comando degli «osservatori» siriani a Beirut, l'albergo Beaurivage, dove ieri sera erano già arrivati un inviato personale del presidente Hafez el Assad, l'ambasciatore francese Christian Graeff e un delegato della Croce Rossa. Un messaggio esplicito: inseguire i «buoni uffici» di Damasco, come ha fatto la Francia, può dare dei risultati. E non è senza significato anche il momento scelto per l'annuncio della liberazione: lo stesso giorno della riunione dei ministri degli Esteri dei dodici Paesi della Cee che ha permesso alla Francia di non isolarsi dal resto dell'Europa, ma sulla base di un pacchetto di ritorsioni antisiriane addolcite. E a Parigi ci si chiede quanto abbia influito la posizione di Chirac per convincere Londra a non insistere nella richiesta di provvedimenti più duri nei confronti di Damasco. Ma se all'interno la tempesta che stava per rovesciarsi sul governo sembra attutita, le dichiarazioni fatte dal primo ministro al direttore del Washington Times spnp destina wu te a lasciare un segno profondo nei rapporti internazionali della Francia. Jacques Chirac, dopo le incerte smentite di venerdì e di sabato, ieri ha scelto il silenzio: 'nessun commento», ha detto il portavoce di palazzo Matignon. Del resto, di fronte alla trascrizione letterale della registrazione della sua conversazione con Arnaud de Borchgrave non ci sono altre tattiche possibili. Sarà difficile, però, archiviare quell'intervista tra gli «infortuni, più o meno clamorosi degli uomini politici. Contiene giudizi, accuse e sospetti che appaiono troppo pesanti. Non solo ipotizza che il fallito attentato di Londra contro l'aereo della El Al — quello che ha innescato l'intero caso-Siria — sia stato orchestrato dai servizi segreti israeliani per destabilizzare il regime di Assad (che è poi la tesi di Damasco), ma arriva a lanciare il dubbio di -prove costruite- dagli inglesi. E, ancora, contesta la politica di Londra e quella di Washington in Medio Oriente. 'Abbaiare alla luna — ha detto Chirac al direttore del giornale americano — non serve, anzi è pericoloso». Le rappresaglie, compreso il raid contro la Libia, averebbero il solo risultato di esasperare i fanatismi. Anche perché -chi critica la Francia- vende poi armi all'Iran. L'attacco alla linea Reagan è diretto: «Se tutto quello che sanno fare gli Stati Uniti è abbaiare, allora farebbero meglio a stare zitti-. L'unica strategia giusta sarebbe quella della Francia che avrebbe trovato la miscela miracolosa tra fermezza e concessioni, che seguirebbe una politica coerente nel mondo arabo («un ruolo che non vogliamo perdere-). Enrico Singer gSJ

Persone citate: Arnaud De Borchgrave, Assad, Chirac, Jacques Chirac