Intrighi e realismo alla corte dell'Imam di Igor Man

ighi e realismo alla corte dell'Imam Il gioco tra fazioni ha favorito l'America ighi e realismo alla corte dell'Imam Quando McFarlane nega di essere stato in Iran «il mese acorso», dice il vero. Infatti la sua missione nel campo di Agramante ha avuto luogo in settembre. Lo assicurano a Teheran, dove aggiungono che il viaggio di McFarlane era stato concertato «da tempo» con la dirigenza iraniana grazie ai buoni uffici dell'Algeria (che, come si ricorderà,riusd a risolvere il caso degli ostaggi dell'ambasciata americana). McFarlane, sempre secondo fonti iraniane senz'altro buone, era latore di una proposta semplice quanto allettante nella sua spregiudicatezza: parti di ricambio, specie per i Phantom e i radar, contro la liberazione degli americani prigionieri dei militanti sciiti che operano in Libano. Portava anche, si aggiunge a Teheran, una Bibbia sul cui frontespizio Reagan aveva vergato un versetto esaltante la consonanza fra le religioni monoteistiche; e un dolce a forma di chiave. Ma la.missione di McFarlane falli, non appena egli e i suoi quattro accompagnatori misero, piede dXHiltón. Falli perché l'ala radicale dell'invero dialettico establishment iraniano riuscì a convincere l'Imam (a dispetto delle ricorrenti voci secondo cui il grande vecchio sarebbe afflitto da una terribile demenza senile, è sempre lui a decidere), che trattare con un emissario del, «grande Satana» (gli Usa).avrebbe pericolosamente incoraggiato la maggioranza silenziosa, stanca della guerra. In Iran i radicali hanno facile udienza a Niavaran, il sobborgo di Teheran dove Khomeini vive in un alloggio spartano di ottanta metri quadrati; ma anche i moderati godono dello stesso privilegio. L'Imam ascolta tutti e sempre in silenzio, poi congeda gli interlocutori per chiudersi nella meditazione che porterà sìftrman (l'inappellabile diktat). Chi filtra quanti chiedono udienza è il figlio Ahmed, vera eminenza grigia del regime. Accortamente Ahmed favorì ripetuti incontri dell'/mam con diversi ayatollah che, più che moderati, sarebbe corretto definire pragmatici. Essi gli dissero che l'offerta americana meritava d'esser presa in considerazione: 800 mila barili di greggio al giorno non bastano a pagare e la guerra e il cibo di 47 milioni di iraniani. Senza' pezzi di ricambio l'esercito non riuscirà mai a sfondare, L'Imam meditò circa un mese, poi decise per l'apertura,-ancorché prudente. Essa comportava innanzitutto la messa in riga dei radicali: Mehdi Hashemi, genero e portavoce di Montazeri (il successore designato di Khomeini), venne tratto in arresto, e con lui altre «teste calde» finirono nella prigione di Evin. Una settimana dopo, a Beirut, David Jacob sen, direttore dell'ospedale americano rapito 17 mesi fa dagli integralisti sciiti, veniva rilasciato. Da sottolineare il fatto che i sequestratori hanno consegnato l'ostaggio direttamente all'emissario dell'ambasciata Usa di Beirut. Questo per indicare senza equivoci come la decisione di rilascio sia venuta da Teheran, scavalcando la Siria. Nel giugno scorso, a Teheran, il presidente del Parlamento, Rafsanjani, a una mia precisa domanda ammi¬ se che in Iran esiste «una tot- ■ ta per il potere» tra due correnti. Una, diremo, radicalpopulista, l'altra pragmaticonazionalista, che non disprezza certi moduli occidentali. C'è dunque in Iran una destra, c'è una sinistra, ma fórse non è corretto ragionare.in termini di categorie preconcette, non fosse altro perché trasferite da Ovest a Est, dall'Occidente all'Asia, rischiano di risultare insensate. Soprattutto perché chiunque conquisterà il potere dopo la dipartita di Khomeini, dovrà sciogliere il nodo della guerra. I Paesi arabi moderati, che non senza sofferenze aiutano l'Iraq, puntano tutte le loro carte sul pragmatico Rafsanjani, del quale ricordano quanto disse a Riad: « Nei ti miti del possibile, il problema della guerra si dovrebbe poter risolvere senza più offensive, sema ulteriori spargimenti di sangue». Il siluramento di Yamani è un chiaro segnale di buona volontà verso i moderati iraniani. E tuttavia, fino a quando personaggi come Rafsanjani riusciranno a far co-ivivere il terrorismo di Stato con lo Stato di diritto, per arrivare un giorno all'eliminazione del primo — che oggi paga, ma domani non si sa — e al recupero del secondo? L'interrogativo sprofonda in una «antichità asiatica», in una dimensione senza futuro che riporta al passato. Quella in cui vive X'Jmam che un giorno premia i massimalisti e un altro i moderati. Giuocando fra l'Est e l'Ovest, nel segno di- una politica che pretende'di poterli respingere entrambi. Igor Man