Tra Mosca e Pechino torna il gelo di Emanuele Novazio

Tra Mosca e Pechino torna il gelo Aspra replica dopo che la Cina ha definito «insignificante» il ritiro dall'Afghanistan Tra Mosca e Pechino torna il gelo La Tass: «E'una ripetizione delie maldestre menzogne del responsabile del Pentagono» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — .Falsità.*, ^ripetizione di menzogne deliberate*, «acqua al mulino di chi vuol bloccare una soluzione politica del problema afghano*. Un tono cosi duro e polemico nel confronti della Cina, a Mosca non lo si sentiva da tempo: ma lo scettico commento di Pechino sul ritiro dei sei reggimenti sovietici dall'Afghanistan (un 'gesto insignificante*, «una manovra destinata a produrre effetti decorativi e gabbare l'opinione pubblica*, secondo l'agenzia Xinhua) ha innestato la durissima reazione della Tass (dal titolo fin troppo chiaro: «Echi disgustosi»); ridestando quelle ombre e quelle tensioni, almeno verbali, che da tempo sembravano scomparse, nelle relazioni tra 1 due Paesi. Per due volte, ieri, l'agenzia sovietica ha trasmesso una severa analisi' del commenti cinesi; spruzzata di acido sarcasmo e gelida acrimonia nei confronti di Pechino: «Manovre, vero? n termine ci è familiare: parole del genere sono state usate fin troppo spesso, in recenti dichiarazioni anti sovietiche e antl afghane*. Patte, naturalmente, «dai circoli dirigenti americani; che, come tutti sanno, hanno avviato e stanno conducendo una guerra non dichiarata contro l'Afghanistan*. Pechino come 1 circoli reazionari d'oltreoceano, dunque; almeno in questa circostanza. Ma c'è dell'altro. Mosca è particolarmente stizzita per una "argomentazione* del •Quotidiano del popolo» e dell'agenzia Xinhua: quella secondo la quale l'Urss ha inviato in Afghanistan «truppe fresche*, prima di richiamare i jet reggimenti. *Una ripetizione, e parola per parola, di una menzogna deliberata del capo del Pentagono, Caspar Weinberger*. che di recente •ha raggiunto il colmo nei suoi tentativi di «ereditare i passi costruttivi dell'Unione Sovietica, ricorrendo a falsità maldestre*. Pechino come 11 vituperato Weinberger, leader riconosciuto dei falchi di Washington, dunque. Almeno quando si parla di Afghanistan. Anzi: evocando «te bugie di Weinberger*, i chiesi e tutti quelli che si comportano allo stesso modo «sorto perfino "spavaldi, mentre frustano'il cavallo morto delle invenzioni del Pentagono*. Ma ile falsità diffuse al mondo* dal quotidiano e dall'agenzia di Pechino «non distrarranno l'Urss dalle sue azioni di pace*; anche se 1 -deplorevoli metodi della stampa cinese, echeggiatiti le menzogne d'altri*, fanno il gioco di quanti «con ostinazione degna di miglior causa* bloccano una soluzione politica del problema afghano. Insomma termini fin troppo chiari, nessuna ambiguità, nessuna concessione. E tepore che da alcuni mesi riscal¬ dava le comunlcazoni uff telali-tra Mosca e Pechino si è già spento? E' presto per dirlo: certo, la nota della Tass sembra frenare bruscamente quello che sembrava, un idillio tra le due massime capitali del mondo comunista. Ed è ben lontana dal recenti riconoscimenti di Gorbociov al regime cinese, dai toni d'apertura che avevano accompagnato le concessioni di Mosca In tema di confini; e dall'euforia che aveva segnato — fino a pochi giorni fa — quella «lunga marcia di riavvicinamento» fatta di riunioni ministeriali, accordi consolari e intese commerciali. E' difficile pensare che tutto quanto avvenuto negli ultimi mesi possi» essere cancellato d'un colpo. Ma i commenti di Pechino e la reazione Tass hanno, almeno, messo hi chiaro che sulla strada di quel ravvicinamento esistono ostacoli enormi, ancora, Emanuele Novazio

Persone citate: Caspar Weinberger, Weinberger, Xinhua