Un georgiano contro Stalin

Un georgiano contro Stalin MOSCA: ABULAZE PARLA DEL SUO FILM SCONVOLGENTE Un georgiano contro Stalin «Ho attribuito il titolo a un'intera generazione» dice il regista di «Pokajanie» (Penitenza) - Racconta gli anni più bui della storia sovietica, ma allude anche a Hitler e Mussolini -1 residui dello stalinismo «si manifestano anche oggi» - Nel film un giovane chiede a suo padre: «Non siete stufi di mentire?» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Perché Pokajanie fu condannato a non essere visto, due anni fa, subito dopo essere stato girato? «Perché alcuni compagni che avevano il potere pensarono che il mio film fosse un'offesa. Ma Pokajanie non venne mai condannato, non si pensò mai di distruggerlo: fu soltanto bloccato. Slamo andati avanti cosi fino ad ora; poi tutto è stato chiarito». Tergiz Abulase è un uomo minuto e gentile, più giovanile dei suoi sessantadue anni; parla di sé e del suo film — una pellicola sugli orrori dello stalinismo giudicata sconvolgente dai pochi che sono riusciti a vederla, finora — senea apparente passione, ma con improvvise impennate d'orgoglio. Quasi scusandosi di non poter restare più a lungo, di non poter spiegare meglio il suo film, ultimo episodio di una trilogia sul potere iniziata con La supplica e continuata con L'albero dei desideri. Abulase sta tornando In Georgia, dove II film è stato girato, e tutti lo stanno cercando, vogliono parlare con lui: nella piccola starna dell'Hotel Iunost, affacciato sullo stadio olimpico Lenin, il telefono continua a squillare. Da allora che cosa è cambiato? Perché, adesso, il film ha ottenuto il permesso di essere visto, e il 13 novembre sarà presentato al grande pubblico della capitale? Di nuovo, Abulase risponde con un sorriso mite: «Da allora molte cose sono cambiate. Con l'arrivo di Gorbaciov è cambiato l'atteggiamento verso molti fenomeni della nostra vita. Prima e dopo il Congresso del partito si è fatto un discorso molto serio sulla necessità di dire la verità, e solo la verità, su tutto». Pokajanie, cioè •penitenza*, si svolge nel Caucaso, la térradì^man e di Berte,' Iasione è. Ìl.,presente,4 ma con frequènti flash-back; non ci sono immagini di esecuzioni e di gulag, ma ne vien fuori un'impressione molto netta, molto precisa degli anni più bui della storta sovietica. So- gjprattutto attraverso le follie e le angherie di un alto funzionario del partito e i ricordi di una donna, che per colpa di quell'uomo perse il padre — un pittore accusato di «individualismo» — e la madre, che scomparve soltanto perché venne associata alle •colpe» del marito. Una vicenda esemplare, una sofferenza che migliaia di persane uguali alla donna del film patirono, nella Russia di Stalin. Che ha voluto dunque dire alla sua gente, Abulaze? «Che ci sono state .molte violazioni, nella storia. Quando lo spettatore vede Pokajanie 10 associa subito alle purghe del '37. Ma il mio film non l'ho fatto soltanto per il '37; Pokajanie non riguarda soltanto le violazioni compiute ' dalle persone che , nel '37 j avevano il potere, fluì, n film si svolge dappertutto». Abulaze insiste, dice che dietro quell'alto funzionario non ci sono soltanto Stalin e 11 capo della sua polizia segreta, Lamenti Berla; ma ci sono «anche Hitler e Mussolini», dei quali il personaggio ricorda un poco le sembianze; ci sono i «colonnelli neri» e «tutti coloro che hanno commesso abusi di potere» nel mondo. Ma la prima associazione che ogni spettatore sovietico certo farà, vedendo il film, sarà proprio con Berta e con Stalin: le allusioni sono fin troppo chiare, le similitudini fin troppo evidenti, i riferimenti a quei loro anni fin troppo immediati. Che ha voluto dire, dunque, il georgiano Abulaze agli spettatori sovietici di oggi? «Posso spiegare con una sola frase perché ho girato Pokajanie: Berla e il suo influsso hanno delle radici cosi profonde, da noi che i residui di questo fenomeno si manifestano anche oggi e bisogna lottare contro di loro». .,^,,,5 01rr,..., Che., reazioni si '. aspetta, dunque, dal pubblico delle grandi sale? Le stesse di quelle del pubblico georgiano: «In Georgia il film è già stato proiettato in tre città, a Tbilisi a Battimi e a Kutalsi. Ha molto successo, è difficilissimo trovare biglietti E piace soprattutto ai giovani». Afa gii altri, i più anziani, quelli che vissero gli anni di Stalin? Anche loro reagiscono bene: «Abbiamo fatto un sondaggio sugli spettatori di un'intera giornata, a Tbilisi: il 99,9 per cento di loro si sono dichiarati entusiasti del film. Solo lo 0,1 per cento lo ha giudicato male. E si trattava di 14 persone tutte al di sopra del sessantanni». Scio una questione di età? «Forse ci sono persone che ancora non si sono "ricostruite". Ricostruirsi è molto difficile». Anche Gorbaciov parla spesso di «perestroika». ricostruitone, a proposito di questo Paese: e non solo pensando alla sua economia. «Io penso soprattutto a una ricostruzione psicologica: non è facile; anzi è molto difficile, soprattutto per le persone che, in realtà, hanno già vissuto la loro vita». La •penitenza», dunque, non è soltanto quella di un personaggio-simbolo; è, anche, quella di una intera generazione? Abulaze conferma: «Il titolo l'ho attribuito a una generazione intera»; e spiega di averlo scelto «perché quando qualcuno fa peccato deve pentirsi», perché «la penitenza è la via verso la rinascita morale». Sarà possibile parlare ancora di Stalin, dello stalinismo e di Berta, nell'Urss di oggi, e con altrettanta chiarezza? «Sarà di certo possibile: Penitenza non resterà un fenomeno isolato. La rivista Oktiabr, per esempio, ha appena iniziato a pubblicare Nuova designazione, di Aleksander Bek (una storia del grandi ingegneri-funzionari dell'era staliniana). E presto uscirà I figli dell'Arbat, di Anatoli Ribakov. (che rievoca l'assassinio di Kirov e le tragiche vicende che annuncia). La riflessione sullo stalinismo e le sue esasperazioni, dunque, continuerà; e destinata a diffondersi, a svilupparsi. Anche questo nuovo modo di far cinema? «Senz'altro. Perché senza la verità non c'è arte; e oggi sebbene qualche volta la verità sia amara, la si dice lo stessa Perestroika non è una parola vuota, un suono. E una causa, e molto seria; significa che bisogna pensare in modo nuovo, che questa è l'esigenza del secolo. Quel quattordici intervistati non si "ricostruiranno": per loro è tardi». Per la nuova generazione, al contrario, ricostruirsi è facile? «E' più facile: perché i giovani hanno ispirazione. Nel mio film compare anche 11 nipote del funzionario. E a suo padre chiede: "Non siete stufi di mentire? Per quanto tempo ancora mentirete?"». Afa lo stalinismo che cosa è stato per Abulase? «Lo stalinismo non l'ho mai accettato, l'ho combattuto con tutta la mia anima». E'davvero finito? «Forse nell'Urss ci sono ancora uomini che adorano Stalin. Solo il diavolo lo sa». Emanuele Novazio Un'immagjne da «L'albero dei desideri», seconda parte della trilogia di Abulaze, che ora si conclude con «Pokajanie 'Penitenza) Stalin in una caricatura di David Levine (Copyright N.V. Review of Books. Opera Mundi e per l'Italia .La Stampa.)

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