La resurrezione degli autonomi di Paolo Mieli

La resurrezione degli autonomi Sfondano le vetrine, si scontrano con i poliziotti, manifestano davanti alle centrali nucleari: torna il clima del 77 La resurrezione degli autonomi In via dei Volsci, a Roma, è sempre attivo il loro fortilizio Niente più passamontagna, pistole e bottiglie incendiarie: la loro violenza è fatta ora soprattutto di fionde e bastoni. Quanti sono? I militanti in senso stretto non più di cinquecento. Gli altri, quelli in qualche modo aggregati, sono qualche migliaio ROMA — Ma non s'erano estinti? Da tempo eravamo portati a credere che, passati al setaccio dalle grandi inchieste giudiziarie di fine Anni Settanta, gli autonomi sopravvivessero solo come residuo del tutto marginale e un po' folcloristico di quel che furono un decennio fa. Ed ecco invece che nel giro di dieci giorni si sono riguadagnati per ben quattro volte titoli di giornale, anche in prima pagina: a Trino Vercellese davanti al cantiere dov'è in costruzione la nuova centrale nucleare han provocato danni stimati dall'Enel in mezzo miliardo di lire e poi di fronte al municipio hanno battagliato con i carabinieri a colpi di sassi, uova e sacchetti di vernice; a Roma nel due cortei par la pace hanno sfondato vetrine, fatto a pezzi insegne sudafricane («per rispondere all'uccisione di Samora Machel») e si sono scontrati con poliziotti e manifestanti delle Acli; a Padova dove intendevano protestare contro la sconcertante sentenza del tribunale di Trieste nei confronti di quattro agenti imputati d'aver ucciso il loro compagno Pietro Greco, detto «Pedro» (due lievi condanne e due assoluzioni con il riconoscimento della legittima difesa nonostante Greco fosse disarmato), si sono azzuffati con la polizia che voleva impedire la loro marcia. Sono i prodromi di un nuovo 1977? Per il momento non sembra, anche se è da registrare che questure, partiti e osservatori tradizionali di questo fenomeno ammettono di essere stati presi alla sprovvista dalla resurrezione degli autonomi e, di conseguenza, non c'è da fidarsi di loro eventuali minimizzazioni. Per conoscere gli autonomi di oggi, si deve ritornare all'unico loro fortilizio sopravvissuto alle intemperie degli anni passati: via dei Volsci, nel quartiere romano di San Lorenzo adiacente alla città universitaria. Han trovato un modo scenografico di presentarsi: sullo sfondo della strada le grandi mura di via Porta Labicana con una gigantesca falce e martello e un'altrettanto imponente scritta: •Contro 1 padroni, per il comunismo: Autonomia Operaia»; sulle case dipinte ai plani inferiori di rosso (ma •■anche di gialla ■emmywrn& mare i colori della Roma) decine di slogan più o meno politici: «Fasci occhio al cranio.; «Salario intero, lavoro zero»; «Bucomani siete merde.; «Eroinomani al rogo»; «Laziali al forno.; «Interisti porci maiali»; negli edifici, perlopiù occupati, oltre alla loro «Radio onda rossa» gli autonomi hanno quattro o cinque sedi: per il comitato antisfratto, per un gruppo di femministe, per un'associazione di solidarietà con il Nicaragua, per un circolo giovanile. A differenza di dieci anni fa, in questa via adesso non si respira aria di violenza. Quattro passi lungo il marciapiede in compagnia di uno dei più conosciuti leader dei «Volsci», Vincenzo Miliucci, e la prima impressione riceve immediata conferma: i negozianti gli battono la mano sulla spalla, una signora con bambino si ferma a far chiacchiere, non c'è ragazzetto che non lo saluti. Del resto la loro presenza non ha scoraggiato la vita sociale e produttiva di questa strada. Anzi: se un decennio fa nel tratto dov'è- ra la loro sede c'erano solo una panetteria e un parrucchiere, co) passar degli anni è fiorito un piccolo commercio: un ciabattino, un venditore di funghi di grotta, un fabbro, un tappezziere, la rosticceria; persino la loro antica dimora, chiusa d'autorità nel '77 come «covo» ora ospita una bottega. E hanno un'aria pacifica (nonostante le minacciose scritte sui muri) anche gli altri «centri sociali» dell'autonomia romana sulla via Appia, al quartiere delle Valli, a Torre Maura, Magliana, Tiburtino Terzo, Garbatella, forte Prenestino. Mense, corsi di ginnastica e ceramica per bambini, feste rock il sabato pomeriggio, manifestazioni di solidarietà con gli zingari. Qui i negozianti collaborano addirittura con loro, regalando qualche bottiglia d'olio e qualche chilo di pasta. Molti gli ex drogati e i punk. Sporadiche le risse: con gli spacciatori o in occasione di qualche occupazione di casa. Niente più passamontagna, pistole e bottiglie Incendiarle, la loro violenza è fatta ora di fionde e bastoni. Quanti sono? I militanti in senso stretto, quelli che lavorano ancora nei vecchi collettivi dell'Enel o al policlinico o nelle sedi, non più di cinquecento. Gli altri, quelli In qualche modo aggregati, qualche migliaio. A Milano sono di meno ma il reclutamento e le attività dei quattro collettivi principali, in via dei Transiti, ai quartieri Tessera, Olmi e San Siro, sono identiche. Qui e a Padova (dove ogni tanto sì stampa ancora la rivista «Autonomia») le inchieste giudiziarie han fatto terra bruciata molto più che a Roma; i «nuovi autonomi» son tutti giovanissimi, figli del post-terrorismo, mentre quasi nessuno dei vecchi leader e delle figure storiche di quest'area è più su piazza; alcuni di loro, anzi, si concedono stravaganze fino a qualche anno fa impensabili: la settimana scorsa Primo Moroni, il fondatore della libreria Calusca. punto di riferimento dell'autonomia milanese fin dai tempi di Toni Negri e Oreste Scalzone, ha posato per un supplemento moda di Panorama con «cardigan in lana e trecce, abbondante, di Nazareno Gabrielli, camicia e jeans di Nazareno Gabrielli Jeans, scarpe da ginnastica in vernice di Superga, orologio Cartier, cravatta Tino Cosma». Tutti mansueti, agnellini che limitano la loro aggressività a qualche parola di troppo negli slogan e nelle scritte sui muri? Ma allora perché si presentano nei cortei minacciosi, vestiti di nero da capo a piedi e continuano a distin¬ guersi come la frangia violenta che cerca di far degenerare in scontri con la polizia ogni manifestazione? In questura è diffusa la convinzione che le loro attività sociali sia no riient'altro che un paravento per una sotterranea riorganizzazione del «terrorismo diffuso». «iVon cf credo», afferma Emilio Vesce ex imputato del processo 7 aprile che è ora un dirigente del partito radicale: «La verità è che i promotori delle succitate manifestazioni li accolgono nei cortei ma vogliono impedir loro di prendere la parola; li usano e pòi li bastonano'. •Bugie*, reagisce il segretario delia federazione romana del pei Goffredo Bettini; .sono quattro gatti isolati da tutti i movimenti che non li considerano la loro frangia estremista, ma veri e propri provocatori. Nei loro confronti c'è un misto di repulsione e paura da parte di tutti. Nessuno li vuole nei cortei dove si infiltrano al solo scopo di aggredire e provocar disordini: Ad ascoltare queste accuse, Miliucci si scalda e controbatte esibendo decine di volantini con in calce la firma comune di gruppi autonomi, radicali, lega ambiente, democrazia proletaria e altre formazioni di estrema sinistra. Non c'è mal 11 pei, è vero. Ma tutti gU altri tradizionali partecipanti a questi raduni non sembrano disdegnare la compagnia del .Volsci». E anche nelle superstiti radio gosciste (oltre naturalmente a quelle che si possono considerare della loro area come la già Citata Onda rossa di Roma, radio Sherwood di Padova, radio Casbah di Brindisi, e radio Onda d'urto di Brescia) spesso e volentieri vengono offerti loro degli spazi. Quali sono le occasioni di quest'incontro tra autonomi e altre formazioni politiche di sinistra? Tramontato del tutto l'Intervento sulle fabbriche di cui è rimasta ad occuparsi solo la rivista milanese «Operai contro», resta la difesa del vecchi militanti finiti in prigione (anche qui c'è una pubblicazione ad hoc: «Il bollettino») e restano le attività «sociali» di cui s'è parlato. Ma soprattutto resta U nucleare. E' questo 11 più importante terreno di reclutamento e di incontro con gli altri. Anche perché in questo campo gli autonomi possono vantare una primogenitura: proprio per esser nati all'Inizio degli Anni Settanta da una costola del «Manifesto» attorno a un collettivo dell'Enel, sono stati tra i primi ad impegnarsi nella battaglia contro le centrali atomiche. Cosa che è loro riconosciuta da uno del guru dell'ecologia italiana d'estrema sinistra: Darlo Paccino, autore de «L'Imbroglio ecolo¬ gico» e direttore della rivista «Rosso vivo», che ha sempre mantenuto il contatto col «Volsci». E gruppi autonomo-ambientalistl si son via via creati oltre che a Bergamo dove operano le «Tribù liberate», una delle più importanti formazioni giovanili di quest'area politica, a Torino, Trino Vercellese, Varese, Bologna, Firenze, in vai Bisenzip, a Pistola. Pisa, Napoli, Salerno, in tutta la Puglia, a Cosenza, Catania e Palermo. Gruppi che sono stati rimpinguati dal movimento studentesco dell'autunno "85 e che adesso oltre ad Inserirsi nelle manifestazioni altrui ne possono organizzare di proprie. Ce ne sono in preparazione almeno quattro: sabato prossimo gli autonomi saranno a Caorso dove cercheranno di bloccare la centrale nucleare; il sabato successivo stesso posto, stessa impresa; giovedì 27 novembre andranno ad impedire il funzionamento del Pec del Braslmone e martedì 9 dicembre proveranno ad interrompere i lavori per la costruzione della centrale atomica di Montalto di Castro. •Noi siamo il movimento antinucleare autentico', afferma Miliucci, «e questo è il nostro modo di partecipare alla preparatone della conferenza sull'energia'. Paolo Mieli