Aids: la peste galoppa in Africa

Aids: la peste galoppa in Africa Nella fascia centrale del Continente l'epidemia avanza incontrastata, a un ritmo terrificante Aids: la peste galoppa in Africa Tra Kenya, Zaire, Uganda, Tanzania, Rwanda, Burundi ufficialmente 50 nula casi - Per gli esperti questo numero va moltiplicato alcune volte - Una certezza: contagio per via eterosessuale - Occorre una mobilitazione internazionale, come per la carestia NOSTRO SERVIZIO BUJTJMBURA — I malati vengono fatti scendere amorevolmente dal camion scoperti che li hanno trasportati qui per chilometri lungo strade polverose e piene di buche. E altra gente esce da taxi sgangherati, sorretta dai parenti. Alcuni, quelli che hanno qualche speranza di vivere ancora un po', riescono a camminare. Ci sono giovani e ragazze divenuti vecchi. Ci sono neonati che non diventeranno mai bambini. Arrivano sulla gradinata in rovina della Cllnica Principe Louis Rwagasore. un ospedale che prende il nome da un dirigente assassinato. Madri spossate con bimbi terrei sul dorso trascorrono ore meditando in silenzio, in attesa che qualcuno presti loro attenzione. Ma quando arriva il loro turno, medici e infermiere possono dare ben poco oltre alle parole buone. I medici dell'ospedale di Bujumbura, capitale dello Stato del Burundi, nell'Africa centrale, chiamano 11 male con la. sigla francese, Slda. I malati ridotti a pelle e ossa lo chiamano «il sottile», per il suo effetto devastante. Nel resto del mondo, tutti lo chia ■' mano Aids. Una catastrofica epidemia di Aids infuria in Africa, sfregia il volto del Continente, uccide uomini, donne e bambini, a migliaia, E il quadro terribile che soltanto ora incomincia a venire alla luce presenta crudeli ve rita e lezioni che 11 resto del mondo non può ignorare. II male ha contagiato alcuni milioni di africani dalla costa atlantica all'Oceano Indiano, ponendo enormi problemi per la sanità pubblica in oltre venti Paesi. Centinaia di migliaia di persone sono condannate a morire entro 1 prossimi anni, e l'inevitabile diffusione dell'epidemia al di fuori dell'Africa aumenterà il pesante — e crescente — bilancio di vittime in tutto il mondo. Oli ultimi calcoli indicano che l'Aids colpisce in 69 Paesi del pianeta. Il nùmero globale di casi registrati negli Stati Uniti e in Europa — circa 25 mila rappresentano un'inezia rispetto a quelli presunti in Africa, E si ritiene che questo numero raddoppiera ogni anno se non si riuscirà a rea- lizzare radicali piani di prevenzione e di controllo. La portata reale del disastro non sarà percepibile prima di alcuni anni, a causa del lungo periodo di incubazione dell'Aids: tre-cinque anni, e anche piti. Secondo esperti americani, per ogni persona che mostra i sintomi del male oltre cento possono essere contagiate. Grandi popolazioni africane rischiano una catastrofe umana che nel giro di poco potrebbe offuscare le recenti tragedie della carestia e della siccità, con il loro già pesante bilancio di vittime; tragedie che solo da poco sono state arginate e a un costo enorme, grazie alla mobilitazione internazionale. I ricercatori chiedono uno sforzo analogo per combattere l'epidemia di Aids. Ma una persona affamata può essere nutrita, può essere salvata con farmaci e cure specialistiche: l'Aids,-Invece, non offre speranze di sopravvivenza analoghe. Si sa che negli Stati Uniti forse un milione e mezzo di persone sono portatrici del virus, e che sono stati diagnosticati 25 mila casi; che alla fine d*. quest'anno saranno morte circa 18 mila persone; che, secondo gli esperti, nel giro di cinque anni ci saranno circa 270 mila casi e fino a 150 mila- decessi. Si sa che'in Gran Bretagna si calcola che vi siano circa 30 mila portatori del virus, un dato relativamente insignificante. Ma il mese scorso le persone colpite sono- state 512, e 250 sono morte. L'esempio degli Usa, e dell'Inghilterra indica che verosimilmente l'incidenza dovrebbe raddoppiare ogni dieci mesi: alla fine degli Anni Novanta, in Gran Bretagna ci saranno circa 450 decessi al mese. Al confronto, la dimensione della tragedia in Africa è sconvolgente. In assenza di reali terapie, qui come nel resto del mondo, senza la speranza di un vaccino per molti anni, i Paesi più poveri del Continente — lo Zaire, il Rwanda, il Burundi — sono impotenti di fronte all'avanzata del morbo. E nel prossimo futuro dovranno affrontare una tragedia spaventosa, inimmaginabile. A Kinshasa. la capitale dello Zaire, che ha oltre tre milioni di abitanti, si ritiene che almeno 50 mila persone siano portatrici del virus. Le autorità sono riluttanti a rendere pubblici 1 dati: si sa che hanno registrato mille casi certi di Aids a Kinshasa, ma si ritiene che altre migliaia di persone stiano morendo per il contagio. In Uganda, secondo una stima, le persene «a rischio» sono 4 milioni; e si sa che almeno 500 persone sono morte nella zona di Rakai, a Ovest del Lago Victoria. Altre centinaia sono morte nella vicina Tanzania; il bilancio e analogo nello Zambia e in Kenya. I vari governi esitano ad ammettere la reale-portata dell'epidemia nel loro Pae¬ si; in alcuni Stati, le autorità noti hanno semplicemente 1 mezzi o la capacità di fare rilevamenti attendibili. La maggior parte dei Paesi dell'Africa Centrale hanno economie troppo fragili per finanziare un servizio sanitario adeguato, e meno che mai per destinare denaro e uomini a un morbo per 11 quale non esiste una vera cura. • Dovendo-sce oliere tra vaccinare i bambini Cel suo Paese contro il morbillo, che -uccide centinaia di migliaia di gio¬ vani l'anno, e spendere denaro per l'Aids sema visibili prospettive, quale investimento farebbe lei?., dice un medico americano che lavora a un programma di profilassi. Oli ospedali non sono in grado di smaltire la fiumana di malati che chiedono di essere curati per malaria, colera, tubercolosi, poliomielite; altro che affrontare la nuova, incurabile minaccia. Il malato «medio» di Aids in Africa, se mai arriva fino all'ospedale, al massimo viene rimandato a morire a casa. Il problema è aggravato dall'uso indiscriminato di strumenti non sterilizzati, dall'assenza di analisi sul sangue dei donatori, e, soprattutto, dall'inefficiente — o inesistente — educazione sanitaria per diminuire la promiscuità sessuale. In Africa l'Aids è essenzialmente una malattia trasmessa per via eterosessuale, diffusa tra gli uomini come tra le donne. L'omosessualità è rara, e viene indicata come un fattore trascurabile nel contagio. Il caso africano indica che lo Human Immunodeficiency Virus (HIV) può essere trasmesso alle donne attraverso 10 sperma, e agli uomini con le secrezioni vaginali; e molti ricercatori considerano valida questa tesi. Che 11 morbo sia nato nell'Africa centrale — come molti esperti sospettano — o che non lo sia, che sia stato importato dagli Usa o dall'Europa — come gli africani preferiscono credere —, la diffusione dei viaggi internazionali significa che in pratica l'Aids viene esportato ogni giorno nelle prinicpali città del mondo. L'Organizzazione mondiale per la Sanità calcola, in via prudenziale, che in Africa i malati siano 50 mila; ma secondo i maggiori specialisti il numero reale va moltiplicato parecchie volte. «L'Aids — dice il più recente rapporto, di imminente pubblicazione su una grande rivista scientifica americana — è diventato la più grave minaccia per la salute di tutti gli africani; la. prevenzione e 11 controllo del contagio... devono diventare priorità immediata di tutti i Paesi del Continente: 'Lo studio ammonisce che le risorse dell'Africa non sono sufficienti ad affrontare l'epidemia: «Di conseguenza, è necessaria un'iniziativa internazionale concertata per prevenire l'ulteriore diffusione dell'HIV: Secondo Tony Pinching, uno dei maggiori specialisti britannici del morbo, -molti studiosi non vogliono accettare la conclusione evidente, anche se sgradevole, che l'Aids — o meglio, l'HIV — viene trasmesso per via eterosessuale. Se i Paesi africani avessero avuto gli stessi mezzi degli Stati Uniti alla meta degli Anni Settanta, l'Aldsjsarebbe siato individuato come una malattia trasmessa attraverso i rapporti sessuali, analoga alla sifilide. Il ritmo di diffusione dell'epidemia in Africa fra gli eterosessuali è stato rapido come in Nord America e in Europa tra gli omosessuali'. In un articolo scritto il mese scorso per il Journal of the Royal Society of Medecine, il dottor Pinching concludeva: 'Sebbene la percentuale di contagio fra gli eterosessuali sia ancora molto bassa negli Stati Uniti e in Europa, la situazione attuale, e soprattutto quella africana, è sufficientemente chiara per giustificare un'azione preventiva, in primo luogo attraverso l'educazione degli eterosessuali sui rischi dell'Aids.. Thomson Prentice Copyright «Times Newspapers» e per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: Louis Rwagasore, Thomson, Tony Pinching