Mille croci di legno

Mille croci di legno\ GIORNO DEI MORII SULL'ALTOPIANO Mille croci di legno\ Negli ultimi giorni d'ottobre, nel pomeriggio appena ritornati da scuola, invece di salire nei roccoli a dar fastidio o compagnia ai vecchi uccellatofi, andavamo a piccole frotte al cimitero per ripulire dalle erbacce le tombe dei-parenti: tutti avevamo qualche nonno dei quattro, e bisnonni, e qualche fratellino. Per ripulire le aiuole adoperavamo le piccole zappe da trincea che allora, dalle mie parti, si trovavano in abbondanza per boschi e monti. Dopo aver così pulito le tombe e bruciate le erbe dietro le mura dove avrebbero dovuto essere seppelliti i suicidi e gli scomunicati, si andava a raccogliere nel bosco del Prunno il musco più soffice e denso di colore (con l'occasione ci mettevamo in tasca una brancata di radici di polipodio che, masticate, scacciano i vermi). Per trasportare il muschio usavamo uno di quei carrettini costruiti da noi ragazzi usando tre assi d'abete, due verghe di ferro inchiodate su due traverse sulle quali poi fissavamo le ruote: ' quattro fondelli di bomba da 203. Sulla terra ne» e smossa delle tombe si stendeva un bello strato di mu senio e sopra questo, con : sassi levigati raccolti nel letto del torrente, si disegnava una croce bianca che risaltava sul verde cupo. ★ * Tutto questo lavoro ci te' neva occupati per due o tre pomeriggi, e la cosa non ci era affatto triste o noiosa come potrebbe apparire, anzi ci divertiva ed era una variante ai nostri giochi. Ogni tanto ci si allontanava ■ dalle tombe dei parenti per andare a vedete il lavoro dei nostri compagni, o per leggere le epigrafi altisonanti scolpite sulle Tapidi, o per andare tra le tombe dei soldati per leggere cognomi e nomi che a noi sembravano quanto meno strani. Nel cimitero antistante nostro erano a migliaia le croci di legno che segnavano le itoimbe dei solda#tt># 4gui li: a sinistra gli austroungarici, a destra gli italiani. Tra le tombe dei soldati italiani ce n'erano però alcune che avevano grandi lapidi di marmo con lunghe iscrizioni: erano di un generale e di alcuni colonnelli. In quegli anni, per il 2 di novembre, venivano anche i parenti di questi soldati, persino dalla Sardegna, e davanti alle croci di legno che durante la buona stagione erano quasi sommerse da una fioritura di garofanini e di cerasto, comparivano ora mazzi di fiori treschi. Venivano anche i parenti di soldati austroungarici, a volte signore e signori molto distinti vestiti con abiti di loden, o contadini con autocorriere targate Graz, Klagenfurt, Vienna, Praga. Da cinquantanni i cimiteri di soldati non. ci sono più; i resti sono stati raccolti nel brutto ossario in stile romano-imperiale dove ogni tanto sono disturbati da trombe e cerimonie. Nel pomeriggio del primo novembre venivano accesi sulle tombe tanti lumini, veni vali a anche posati bene in vista i ritratti dei defunti lì sepolti e ghirlande intrecciate con rami d'edera e fiori di latta smaltata a vivaci colori. Dopo la processione a cui la banda cadenzava il lento passo sonando marce funebri di Verdi e di Beethoven, e alla quale partecipava tutto il popolo, miscredenti e pubblici bestemmiatori compresi, con gli uomini che cantavano in latino e le donne che biascicavano litanie, e dopo la prèdica commemorano prò defunctis tenuta con fervore dall'arciprete, noi ragazzi liberi e irrequieti e senza timore del sacro luogo, si andava sulle tombe a raccogliere la cera che colava dai lumini e dalle candele per poi metterla sotto gli sci quando di 11 a poco sarebbe arrivata la prima neve. Ma i più arditi osavano rubare lumini e candele per andare a esplorare le gallerie scavate dai soldati tra il 1915 e il 1918 e che si addentravano anche per qualche chilometro sotto le montagne. Nelle sere del primo e del 2 novembre nessuno usciva da casa, nemmeno i più accaniti giocatori di carte; tanto che anche le osterie restavano setrate. Nella mia famiglia, come in altre, era usanza fare il minestrone di orzo, patate e cavoli, e una grande polenta per accompagnate i tordi, le allo- vudplc é i fringuelli; che ffltìlgtig^rg^glH avevano dgWtanto lavóro alle donne di casa che dovevano spennarli e prepararli sugli stecchi alternati a foglie di salvia e fettine di lardo. Due grandi tavole erano appena sufficienti per accoglierci tutti insieme, come avveniva nelle grandi occasioni. I< nonno distribuiva a ognuno la sua parte e nessuno osava fiatare o guardare nel piatto degli altri. Fra l'altro ricorda- vamo tutti un fatterello che una volta ci aveva raccontata Era una sera simile a questa e lui, ragazzo, stava a tavola assieme a tutti i familiari. Suo nonno, quello che aveva lo stesso nome e sapeva parlare diverse lingue, aveva fatto le parti distribuendo a ognuno la porzione secondo l'età; qualcuno, sottovoce, fece un'osservazione, altri si misero a fri-, gnare, uno a intingete la polenta nel piatto dell'altro. «Date qui, ragazzi», disse il vecchio trisavolo, «faccio tutto daccapo». Tordi, allodole e fringuelli ritornarono nel piatto di portata; lui si alzò sulla sedia, posò il piatto sul pavimento e ci fece sopra un balletto e preso mantello e cappello se ne uscì dove era silenzio. * * Ricordando questo e vedendo lo sguardo quasi severo del nonno e quello più severo dei tri snonno che ci guardava da un dagherrotipo,'mangiavamo senza interferire nei discorsi dei grandi e si parlava solo se interrogati. Dopo, sparecchiata la tavola, la sorella del nonno teneva il rosario e noi ciondolando la testa e con le palpe bre che si chiudevano per il sonno sognavamo di vedere l'indomani la prima neve imbiancare i rami degli abeti. Non sono passati tanti anni da questo modo di vivere di un piccolo mondo paesano, meno di due generazioni. Ma che cambiamento di costumi! Non sto a dire se in meglio o in peggio. Forse oggi è tutto più banale. Anche il cimitero si è molto ampliato perché i nuovi ricchi vogliono tutti la tomba di famiglia o !a cappella gentilizia, con marmi lucidati a piombo e statue, e luci splendenti; le tombe a piccole aiuole coltivate a fiori sono molto poche pache quasi tutte hanno lastre di marmo e fiori di plastica, o fiori di serra che durano meno di un giro di sole. Le automobili nell'ampio parcheggio vengono e vanno in fretta; quasi nessuno si ferlmaaparlate ricordando,^sorriW^^Wg^t^^l^siJ^i rattf e le vicende die li stanno raccolti. Addio vecchi miei. Addio paesani perché tutti vi ricordo. Per la sera del 2 novembre la discoteca più alla moda, così ho letto sui manifèsti, invita tutti *a una serata d'inizio per un folk autunno». (E non sanno nemmeno che l'autunno è incominciato il 21 di settembre!). Mario Rigoni Sterri

Persone citate: Beethoven, Mario Rigoni, Tordi, Verdi

Luoghi citati: Praga, Sardegna, Vienna