Premi alle famiglie numerose
Premi alle famiglie numerose r di Luigi Firpo Premi alle famiglie numerose Dopo che si è diffusa in Italia la notizia di un progetto francese inteso a frenare il preoccupante calo demografico, si sono udite anche fra noi grida di allarme e idee per arginare un fenomeno che sarebbe, dicono, rovinoso. In effetti, se oltr'Alpe il livello delle nascite registra ancora un leggero incremento, noi siamo ormai al disotto della crescita zero che prevederebbe la messa a! mondo di due, tre figli per ogni coppia intesa come unità statistica, senza riferimento all'età o allo stato civile. Per uscire dai calcoli numerici e dall'idea che si possa avere uno 0,30 di figlio, dirò che ógni uomo o donna vivente dovrebbero mettere al mondo (in reciproca collaborazione) più di due figli in media, anzitutto per assicurare in futuro il proprio ricambio con due discendenti adulti e fecondi, poi con un resto in più, che compensi i decessi precoci, i voti di castità, l'omosessualità e le carenze organiche. Sta di fatto che il nostro popolo di sedicenti amatori infuocati occupa oggi nel mondo uno degli ultimissimi posti nella graduatoria della fertilità. E visto che in Francia si progetta di assegnare ai genitori di un terzo figlio un non trascurabile premio in denaro, ecco subito affacciarsi in Italia proposte come quella di Nino Andreatta, che assicurerebbe ad esempio alle madri lavoratrici la possibilità di trasformare il proprio contratto in un impegno a tempo parziale, creando inoltre una parallela disponibilità per assunzioni di sostitute, anch'esse a tempo parziale. Confesso che qualche timore mi assale. Di solito, chi lavora a mezzo tempo riceve un mezzo stipendio. Vogliamo togliere alle famiglie risorse tanto più necessarie proprio nel momento in cui, col crescere della prole, crescono anche le spese? Oppure il salario resterà uguale e verrà pagato da chi? Dallo Stato m deficit, dall'Inps in dissesto o dal datore di lavoro per una responsabilità che non gli tocca? E fino a quando Te madri (ma perché escludere i padri?) continueranno a lavorare pari timéì Fino allo svezzamento, all'ammissione dei pargoli negli axili nido o alla chiamata di leva? E quando le madri, assolto il loro delicato compito, vorranno riprendere il lavoro a tempo pieno, cosa accadrà alle rimpiazzanti temporanee? Meno complicata, ma di profilo anche più oscuro, è la proposta della senatrice Martini, che suggerisce di consentire alle nuove madri una lunga aspettativa. Ma l'aspettativa, per lo meno nel pubblico impiego, comporta là sospensione dell'emolumento e basterebbe questo a sconsigliare molte giovani coppie. Aggiungo che qualsiasi provvedimento politico inteso non già ad alleggerire per la donna che lavora il peso della maternità e dell'educazione della prole (cosa che non sarà mai abbastanza curata), ma tenda invece a incoraggiare le ripetute figliolanze, non manca di ridestare subito echi di antichi slogan come: «Date figli alla patria!», «II numero è potenza!», «Otto milioni di baionette!» per finire con gli squallidi premi alle famiglie numerose di madri sfiancate e di padri irresponsabili. Uno dei più penetranti «profeti» del nostro tempo, Raymond Aron, scriveva che due pericoli incombono minacciosi sul futuro dell'umanità: eia bombe et le nombre», la guerra atomica e l'esplosione demografica. Proprio in questi giorni la nostra variopinta e discorde specie ha varcato il traguardo catastrofico dei cinque miliardi di individui, e la crescita continua con una curva esponenziale. Non voglio dire, schierato con i pessimisti, che non c'è argine per questa marea montante, che nelle terre funestate dalla siccità si muore di fame in massa, che continuando cosi arriveremo al cannibalismo. Dico solo che predicare e premiare l'incremento delle nascite appare un po' azzardato. E' vero che un'agricoltura più razionale, le ibridazioni delle sementi, un gigantesco sforzo di modernizzazione hanno consentito in pochi anni alla Cina di coprire il fabbisogno della sua dilagante popolazione e che l'India si sta avvicinando a questo traguardo; ma l'Africa e l'America Latina non sono su questa strada, perché lottano contro difficoltà ambientali e abitudini sociali insuperabili. Guai ad abbandonarsi ad un facile ottimismo o affidarsi alla provvidenza che alimenta gli uccellini e cresce i gigli del campo. Nel Sahel non ci sono più né uccellini né gigli. Un conto è porre ? disposizione di Paesi in via di sviluppo tecnologie agricole innovatrici, che l'Occidente ha messo a punto in secoli di tentativi e di studi, e un altro conto è credere che questi progressi cosi rapidi e confortanti possano dilatarsi all'infinito. Diversa è naturalmente la prospettiva della vecchia Europa, dove i silos traboccano di cereali superflui e le celle frigorifere di burro che nessuno consuma. Qui la preoccupazione demografica nasconde in realtà la paura del declino razziale. Turchi e jugoslavi lavorano in massa in Germania, cinque milioni di maghrebini sono insediati in Francia, un milione almeno di africani lavora o si arrangia in Italia. Se l'Europa non vuole essere travolta e inghiottita, ha solo una vita possibile da percorrere: studiare di più, creare con inesauribile inventiva, restare all'avanguardia delle tecnologie e delle grandi idee-guida. Il nostro calo delle nascite è solo un frutto del benessere cui nessuno vuole rinunciare. Per farle risalire non servono i sussidi: ci vorrebbe l'alta mortalità infantile, la dissenteria, il tifo petecchiale, la peste', la fame endemica, l'analfabetismo. Un prezzo troppo alto, che . nessuno pagherebbe più. Non si deve aver paura di restare in pochi, se sapremo essere migliori. il
Persone citate: Luigi Firpo, Nino Andreatta, Raymond Aron, Turchi
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