Terra e l'ultima Atene

Tre poesie inedite dello scrittore scomparso Tre poesie inedite dello scrittore scomparso Terra e l'ultima Atene Scrittore atipico nel panorama letterario italiano, Stefano Terra prediligeva i narratori dell'esperienza vitale, i personaggi che nascevano dall'intreccio fra storia e cultura, tra il presente e la distanza, affidata al setaccio della memoria. Lo scrittore, nato a forino nel 1917 e scomparso pochi giorni fa a Roma, fu protagonista di una vita avventurosa. Studi irregolari. Inviato col Regio Esercito Impegnato In Albania, disertò, per legarsi più tardi al gruppi antifascisti torinesi, fu attivista nel '40 a Parigi contro l'Invasione, esule al Cairo subito dopo. Anni inquieti fra ti Cairo, Praga e Bucarest, anni di Impegno politico e lavoro giornalistico. Ma accanto a questa vita libertaria e tumultuosa, Terra custodiva una •zona franca» dove agiva il poeta e ti narratore. Aveva esordito giovanissimo, a ventanni, con un libro di poesie stampate da Sotssas, «Per un quadro di Rousseau il doganiere». £ quella di accompagnare l'attività narrativa con la litica fu una sua costante: nel 'SO pubblicò t versi dt •Come se camminassi sull'erba tagliata di fresco», nel '56 «Quaderno di trent'anni» (Mondadori), nel V9 «L'Avventuriero timido» (Guanda). Poco prima di morire Terra ci aveva mandato alcune sue poesie inedite che dovevano far parte della raccolta alla quale da tempo stava lavorando, «Solo al mondo». Ne pubblichiamo qui tre In anteprima. Aveva ripreso la sua attività di scrittore negli Anni Cinquanta, quando si era trasferito ad Atene come inviato della Rat per Il Medio Oriente, ed aveva poi potuto coltivarla con t"tihatoré»ròpèfa la necessaria tranquillità alla fine degli Anni Sessanta, dopo l'avvento del colonnelli in Grecia e l'abbandono dell'attività giornalistica. Lettore di Hemingway e Conrad, ài Gtde, Greene e Malcolm Lowry, Stefano Terra ha costruito narrativamente una ininterrotta biografia: da «Rancore», uscito nel '46, racconto dt un attentato antifascista, a «Un viaggio una vita», dell'84, melanconico amore dt un vecchio per una giovane. Net vari libri, «Sul ponte di Dragoti bandiera nera. (1952), «La fortezza di Kalimegdan», fino al più recenti «Il sorriso dell'Imperatrice», «Alessandra» (Premio Campiello 74), «Le porte di ferro» (Viareggio 79), «Hotel Minerva. (1982), Terra ha mescolato l'esperienza personale ai modelli dei narratori di viaggio e d'esotismo. Ma una melanconia sempre più struggente e disincantata animava ormai le sue trame, una luce di tramonto e di serena accettazione che dava al suo romanticismo vitalistìco la testimonianza dt una mal perduta pietà. SONO FIORITI I VECCHI TÌGLI Scrivo delle lettere in brutta copia, senza indirizzo. I francobolli si staccano dalle buste accartocciate. Le ore passano lente per prendere poi il galoppo come i cavalli frusciami sulla brughiera c fra i tigli che tu cantavi Emilienne dalla camicetta arricciata. Arrivavo per la fioritura e ti accarezzavo le mani poi andavo via da un giorno all'altro senza ragione spinto da quell'inquietudine che mi rodeva il cuore per portarmi passo dopo passo alla solitudine. pnma di Bacci I DIFENSORI La portarono i guerrieri del profondo Levante questa bandiera della mezzaluna con la stella vicina che adesso vedo alta nella notte distéso sul terrazzo. M'assopisco fra i gerani spenti per ascoltare l'eco sempre più vicina dello sfrenato galoppo degli invasori. Eppure le mura e le torri sono spaccate e piene di edera. I difensori dormono avvolti nei loro sogni fra i girasoli con il metallo fresco della loro arma contro la guancia: nessun guerriero con bandiera lunare potrà salvarli dall'assedio della morte che non tollera temerarie sortite. NEVE ATENIE Questa neve ateniese ragazzina leggera. Il freddo che inumidisce gli occhi. La gatta che si scalda fra le mie braccia. Una trafittura sopra il cuore tanto dolorosa da lasciarmi credere che morirò presto e intanto vuoto questo bicchiere di liquore pensando di allargare le mie vecchie arterie e dare ancora per te spazio al mio cuore. SE Stefano Terra n ' **—t nd'appendice; tuttavia l'autore se àOTMa " parte spinge a più non posso il pedale di uno sviluppo narrativo facile, non rinunciando a utilizare materiali vieti e dt sicuro effetto, dall'altra mette in moto un meccanismo di raffreddamento e dt decongestione della materia narrativa attraverso la scelta di un linguaggio teso e secco, attraversato da una punteggiatura complessa, che lo interrompe e taglia ogni qualvolta tende ad accendersi e prendere il volo verso toni altisonanti. L'operazione è decisamente curiosa anche se non riusciamo distintamente a individuarne il senso. Intendeva forse il Bacci lanciarsi in un tentativo di riflessione critica su modi e forme della letteratura del passato, lasciando che la sua opera crescesse nel segno del post-moderno? O ha inteso dare dignità e una identificazione di letteratura alta a un genere solitamente ritenuto basso e popolare? O impaurito dal demone del .raccontare forte» che naturalmente lo possiede — e che difficilmente ne combina di buone — si è sforzato di mortificarlo e tenerlo a bada? In realtà nessuna delle tre domande ha una risposta convincente: ed è In questo la debolezza del libro. Certo i che se lo fossi l'editore di Bacci gli chiederei dt non resistere alla sua felice (facile) vena o comunque di resistergli quel tanto che occorre per arricchirla dt quel dt più di lusso e di .imprevisto» che, nel contesto di una strategia espressiva che punta allo stupefacente, già abbiamo ammirato nel Profumo di SUskind. Angelo Guglielmi «Il pattinatore» di Marco Bacci, Mondadori, 211 pagine, 19.000 lire.