Bentornato Ulisse

Settimanale di attualità culturale letteratura scienza arte spettacolo Settimanale di attualità culturale letteratura scienza arte spettacolo Bentornato Ulisse Incontro con Nausicaa in due versioni ROMA — Attraverso dodicimila versi, carichi di tutto il meraviglioso che la letteratura d'Occidente ha saputo inventarsi, torna Ulisse. Si conclude cosi un'affascinante impresa editoriale, promossa dalla Fondazione Lorenzo Valla-Mondadori, orchestrata da Pietro Citati, che in sei volumi, oltre duemila pagine, ha raccolto intorno a se i più grandi studiosi internazionali di letteratura omerica, e un traduttore d'eccezione O. Aurelio Privitera, per restituirci «il romanzo dei romanzi», .'«Odissea». Storici, archeologi, studiosi d'armi e geografi, filologi e architetti, i curatori di questa nuova edizione hanno aperto un gigantesco cantiere fra le pagine dell'Odissea, discutendo su ogni singola parola, traducendola in immagine, dandole profondità, e dimensione, I! commento, che occupa un terzo delle oltre duemila pagine è stato acquistato dalla Oxford University Press, n risultato sta nell'aver moltiplicato le già mirabolanti avventure di Ulisse, chiarendone ogni minimo particolare, illuminando quella che resta la «più antica testimonianza della poesia e del pensiero greco». Per dare una lingua e voce a questo testo, scritto nel settimo secolo avanti Cristo e più tardi curato dai bibliotecari d'Alessandria, ha lavorato, dal '72 al '76, Aurelio Privitera, professore di letteratura greca all'Università di Perugia. Per cinque anni Privitera ha viaggiato con Ulisse, ha incontrato Circe e Nausicaa, ha visto Poliremo e le Gorgoni, le spiagge dei Feaci e le rive petrose di Itaca. Per anni ha vissuto questa traduzione come la .«tela di Penelope», costruendo e distruggendo, cercando «di avvi- Sì conclude l'Odissea della Fondazione Valla: una versione moderna, un commento di migliaia di pagine, sei volumi. Archeologi, antropologi, geografi, storici hanno interpretato il poema. Un mare di note: dalla durata del viaggio a Penelope «messa in palio» con la gara al tiro dell'arco, dalla rotta della nave alla ricerca interiore. A colloquio con il traduttore Aurelio Privitera: - - • «Leggiamolo come un romanzo» i «min. cinarlo perché lo si potesse capire, ma allo stesso tempo allontanandolo di 28 secoli per restituirgli la massima fedeltà possibile: Seduto nel suo studio romano, ad un tavolo ordinalissimo, senza un granello di sabbia di Pilo, ormai spente le urla di Antinoo ed Eurimaco, Aurelio Privitera attende l'ultimo dei sei volumi, quello del ritorno di Ulisse, della fine dei Proci, dell'incontro con Penelope, che uscirà in questi giorni a coronamento dell'opera. -Il problema era trovare una lingua in grado di restituire l'epica di Omero. Non pensavo di dover cercare una forma erudita, perché Omero si rivolgeva ad un pubblico aristocratico e insieme plebeo. Ma la soluzione non andava cercata nella costruzione di un verso chiuso; la poesia di oggi è prosastica. La prosa, da Manzoni in avanti, è già uno strumento poetico, ha un suo ritmo interno. E' questa la zona sulla quale ho pensato di lavorare; la sintassi e il lessico della prosa. Ho eliminato le parole rare, ho cercato nel rigo musicalità e cadenze perché i sentimenti remoti acquistassero un'onda sonora tale da ripresentarsi vivi'. Questo grande poema, lei oggi come consiglierebbe di leggerlo? •Come un romanzo. Come si può leggere la "Ricerca del tempo perduto" di Proust, o un mito, una grande saga. Siamo nella condizione di tanti Ulisse te della letteratura d'Occidente. Non ritroviamo Ulisse solo nelle pagine di Defoe o Stevenson, Proust o Joyce, ma fino al western di oggi, al cinema on the road'. lì commento, sei percorsi nel mondo di Omero, curato da Alfred Heubeck, Stephanie West, J. B. Hainsworth, A. Hoekstra, J. Russo. M. FernandezGaliano, ci riporta al primo studioso che curò nel 444 a. C. una edizione dell'opera di Omero, il poeta Antlmaco di Colofone e al grande bibliotecario di Alessandria, Zenodoto di Efeso, che mise ordine tempo dopo, tra le molteplici versioni. I sei curatori si avventurano in quel labirinto di ipotesi che vede un solo Omero scrivere i suoi capolavori e più cantori intervenire nelle sue narrazioni, cercando di dare volto, attraverso i secoli, a questo lavoro collettivo. Ma la loro fatica si rivolge, colpendo la fantasia, anche su quelle zone più •umili» e quotidiane del grande poema, che ci racconta come erano 1 vestiti, 1 pranzi, quali alberi, fiori, ""crescevano su"quelle terre lontane, come erano fatte le case e i palazzi, il materiale per costruire le navi e l'arco di Ulisse. Chiariscono il modo di interpretare il tempo come era inteso da Omero (il viaggio di dieci anni dura pochi mesi; il dodici riferito al numero delle scuri da «trapassare» con il tiro all'arco, è un numero che ha un riferimento con i mesi dell'anno, ecc.). Ricercano in altre culture, più antiche di Omero, l'origine di miti e cerimonie, dal dono alla donna da mettere in •palio», con il tiro dell'arco. Con fascino e minuziosa ricerca ricostruiscono non solo le regole sociali del corteggiamento di Penelope, che — come ricorda Privitera — ha le sue civetterie, ma la foggia delle asce attraverso le quali il grande Ulisse scaglia la freccia del suo continuo e mai definitivo ritorno. ... _ Ni O Ecco in due traduzioni a confronto, l'incontro fra Nausicaa e Ulisse sulla spiaggia dei Feaci. La prima è quella classica, ottocentesca, di Ippolito Pindemonte. la seconda è quella di G. Aurelio Privitera. . forestier, tu non mi sembri punto i i II Dissennato e dappoco», allor rispose La verginena dalle bianche braccia. «L'Olimpio Giove, che sovente al tristo Non men, che al buon, felicità dispensa. Mandò a te la sciagura, e tu da forte La sosterrai. Ma, poiché ai nastri lidi Ti convenne approdar, di veste, o d'altro. Che ai supplici si debba, ed ai meschini. Non patirai disagio. Io la cittade Mostrarti non ricuso, e il nome dirti Degli abitanti. E' de' Feaci albergo Questa fortunata isola; ed io nacqui Dal magnanimo Alcinoo, in cui la somma Del poter si restringe, e dell'impero». Tal favellò Nausica: e alle compagne, «Olà!», disse, «fermatevi. In qua! parte Fuggite voi, perché v'apparse un uomo? Mirar credeste d'un nemico il volto? Non fu, non è, non fia chi a noi s'attenti Guerra portar: tanto agli dei siam cari. Oltre che in sen dell'ondeggiante mare Solitari viviom, viviam divisi Da nino l'altro della stirpe umana. Un misero è costui, che a queste piagge Capitò errando, e a cui pensare or vuoisi ». (Traduzione dì Ippolito Pindemonte) C"*1 LI rispose allora Nausicaa dalle candide braccia: J" «Straniero — poiché non somigli a un miserabile o a Imi pazzo —, agli uomini assegna la felicilà lo stesso Zeus Olimpio. a nobili e miseri, a ciascuno come egli vuole. I a te diede questo destino e devi sopportarlo comunque. Ora, poiché arrivi nella nostra città e nel nostro paese. non ti mancherà una veste o cos'altro è giusto ottenere arrivando da supplice sventurato. Ti indicherò la rocca, ri dirò il nome del popolo: abitano la città e questa terra i Feaci, io sono la figlia del magnanimo Alcinoo; da lui dipende il potere dei Feaci e la forza». Disse così e incitò le ancelle dai riccioli belli: «Ancelle, fermatevi: dove fuggite alla rista di un uomo? Credete forse che sia un nemico? Non c'è né può esserci un forte uomo mortale, che arrivi nel paese dei Feaci portando la guerra: perché agli immortali son molto cari. Abitiamo in disparte, nel mare ondoso. ai confini del mondo, nessun altro mortale arriva tra noi. Ma costui è un infelice, qui arrivato ramingo, che ora ha bisogno di cure: mendicanti e stranieri sono mandati da Zeus. Il dono sia piccolo e caro. Ancelle, date all'ospite cibo e bevanda, fategli il bagno nel fiume, dove c'è un riparo dal vento». «Ulisse sulla nave» (da una copia del «gruppo di Scilla». I sec. d.G). illustrazione tratta da «L'immagine di Ulisse», ed. Einaudi che va a cercare la memoria del padre; o capire le ansie di un uomo strappato dalla sua condizione naturale. Quella dell'uomo tenace, che non si arrende, che è vinto ma lotta è una immagine molto moderna'. Nell'apparato critico, nel commento si fanno molte ipotesi sul viaggio di Ulisse, ma un itinerario definito non c'è. E' proprio impossibile ricostruirlo? •Sarebbe uno scarabocchio. Il viaggio non esistè. Ulisse va da Occidente a Oriente, è un muoversi pendolare e simbolico, da qualcosa che è positivo a qualcosa che è negativo. A seguirlo ci si perde, perché è lui a perdersi. Non vogliamo mica credere che potesse esistere la terra dei Lotofagi, dove cioè un popolo si nutrisse di Loto? No, il viaggio di Ulisse si compie esclusivamente in luoghi che servono alla sua conoscenza interiore'. Privitera consiglia dunque di leggere l'Odissea come un romanzo, con i suoi nuclei ben scanditi, dove spicca il «romanzo di formazione» di Telemaco, dove ci sono le tappe incantate con protagoniste Calipso e Nausicaa, dove c'è il vero «cuore» dell'Odissea. 1 libri ix-Xli con i racconti di Ulisse e delle sue peregrinazioni dopo la guerra di Troia. E poi la seconda parte, più unitaria, con il ritorno e la vendetta dell'eroe. Dice il traduttore: 'L'Odissea 6 una struttura fondamentale per buona par¬ che vanno avanti per conquistarsi un ritorno. Ci sono epoche che privilegiano gli eroi, le figure di Achille e di Ettore. Anche oggi ci sono degli Achille, grandi manager, che combattono e vincono con onore per le loro aziende. Romiti non è Achille che combatte per la Fiat, con onore, e vince? Ma in generale siamo più vicini ad Ulisse, all'eroe nudo. Ulisse è l'uomo solo, privato dell'aiuto degli dei. Un "eroe" sempre più attuale, in un mondo dove la Donna è divenuta motore dell'azione. E anche nell'Odissea lo era, da Penelope a Circe, dalle Sirene a Nausicaa. E' naturale per il pubblico sentire la nostalgia di Ulisse per la sua famiglia o i sentimenti di Telemaco ... _ Nico Orengo (Traduzione di G. Aurelio dietro nel tempo, alla fine del XIX secolo e ai primi del nostro. Comunque, la mafia, che si riteneva prodotta da una società contadina arretrata e miserabile, quale quella siciliana, radicandosi e prosperando nella società americana, ad alto livello d'industrializzazione e a un grado di benessere il più alto del mondo, si rivelò fenomeno più complesso e vitale: un sistema analogo al sistema capitalistico. Il capitalismo è una mafia che produce. La mafia è un capitalismo improduttivo: tranne che per la produzione della droga. N Per dare un'idea di come uno Stato possa sapersi rendere inefficiente di fronte alla mafia, e anzi complice, vale la pena riportare un episodio che riguarda quel Vito Genovese, mafioso siciliano d'America, che con il nome di Vito Corleone è il protagonista di quel romanzo di successo di Mario Puzo, scrittore italo-americano, che si intitola n padrino. Vito Genovese, in America ricercato per omicidio, si trovava in Sicilia nel 1943-1944, sistemato come interprete presso il Governo militare alleato. Un poliziotto di nome Dickey, che gli dava la caccia, riesce finalmente a trovarlo. Facendosi aiutare da due soldati inglesi (inglesi, si badi, non americani) lo arresta; gli trova addosso lettere credenziali, firmate da ufficiali americani, che dicevano il Genovese 'profondamente onesto, degno della fiducia, leale e di sicuro affidamento per il servizio: Una volta arrestato, cominciano i guai: non per il Genovese, ma per il Dickey. Né le autorità americane né quelle italiane vogliono saper niente dell'arresto. Il povero agente si trascina dietro per circa sei mesi l'arrestato; e riesce a portarlo a New York soltanto quando il teste che accusava di omicidio il Genovese è morto di veleno (come il luogotenente del bandito Giuliano, Gaspare Pisciotta, nel carcere di Palermo) in una prigione americana. Soltanto allora, cioè quando Genovese poteva esseie prosciolto, Dickey potè assolvere il suo compito. Che è una storia davvero esemplare. Leonardo Sciascia Privitera)

Luoghi citati: Alessandria, America, New York, Palermo, Roma, Sicilia