Il lupo è amico dell'uomo ma odia lo zoo di Ferdinando Albertazzi

Il lupo è amico dell'uomo ma odia lo zoo Il lupo è amico dell'uomo ma odia lo zoo LA zampa sinistra anteriore sollevata, la testa alta, il muso a fiutare l'odore della preda, le labbra aggricciate, i canini in evidenza, un ringhio sommesso. E' l'immagine classica di un lupo in caccia, di questo astuto predatore che, rivisitato simbolicamente, ha turbato i sonni di generazioni di bambini. Ed è l'immagine che, non a caso, apre Richiamo selvaggio, il romanzo-documento di R. D. Lawrence, un naturalista già conosciuto per Sulle piste del grande Nord e Un puma chiamato fantasma, di cui ci siamo a suo tempo occupati su queste colonne. L'attenzione di Lawrence si incentra, nell'occasione, appunto su di un lupo, un lupo grigio di nome Silverfeet («Piedi d'argento», dal colore delle zampe al sole filtrante fra i rami della foresta), emblema dei trecentocinquanta soggetti di quaranta branchi osservati in cinque anni di ricerche sul campo. La storia di Silverfeet è fatta di cacce, assalti, rituali di accoppiamento e di accettazione in un nuovo branco. Meticoloso quando descrive la vita dei lupi e l'organizzazione ger rarchica dei branchi, con il capobranco a «dettare le mosse» e persino a regolare le nascite (la sopravvivenza è assicurata se il branco rimane limitato a cinque-otto unità), il libro diventa una libera narrazione quando racconta i rapporti del lupo con Morgan, il cacciatore di pelli che lo cattura per cederlo a uno zoo. La vicenda è drammatica: dapprima per il lupo, variamente torturato, quindi per l'uomo, ucciso dall'animale ormai stremato, in un disperato ritorno di forze. Lawrence la introduce per sfatare il luogo comune che vuole il lupo rostantemente assetato di sangue. In realtà il lupo accetta l'uomo persino nel proprio territorio e caccia, soltanto per necessità, animali piccoli e grandi: dalla lepre all'istrice, dal topo al castoro, dal cervo all'alce. Con le prede grosse, qual è appunto l'alce, la caccia diventa rischiosa, perché si tratta di indurlo alla fuga e di mordergli, in corsa, le gambe e il ventre, fino a sfiancarlo. Ma l'alce non vuol saperne di muoversi, ed ecco allora 1 lupi alternarsi in una serie di attacchi, sfidando le zoccolate sovente mortali della vittima designata. Il branco di Silverfeet contro l'alce è uno dei capitoli più avvincenti del libro, un «piatto forte» narrato con un crescendo che attanaglia il lettore di qualsivoglia età. Il rischio è comunque parte del gioco. Soprattutto durante l'inverno, quando scarseggia la selvaggina di piccolo taglio. Se si considera che i lupi attaccano da otto a tredici animali prima di riuscire a ucciderne uno. ci si fa inoltre un'idea della loro vita; un viaggio pressoché ininterrotto alla ricerca del nutrimento. Le pagine più toccanti raccontano invece di Silverfeet che, sfuggito alla prigione di Norman, cerca un nuovo branco in cui inserirsi. Solo, nella difficoltosa avanzata verso le foreste del Nord Ontario (Canada), il lupo grigio ulula, lancia un disperato Richiamo selvaggio in attesa di una risposta che tarda a venire. Finalmente in contatto con un branco, viene scacciato. Le cose vanno meglio al secondo tentativo: Silverfeet non soltanto vi entra, ma risale a poco a poco la scala gerarchica fino a diventare il leader. E' infatti capobranco quando i suoi occhi gialli, stretti a fessura, si fermano sulla figura di Lawrence, primo momento di una non improbabile amicizia. Ferdinando Albertazzi R. D. Lawrence, «Richiamo selvaggio», Mursia, 166 pagine, 15.000 lire.

Persone citate: D. Lawrence

Luoghi citati: Canada