E per amore Giuda tradì Gesù

E per amore Giuda tradì Gesù E per amore Giuda tradì Gesù COME narratore, Ferruccio Ulivi predilige la ripresentazione e lo scavo di personaggi della storia e anche della letteratura, per misurare su di essi quello che sempre più chiaramente appare come l'interrogativo fondamentale a cui si richiamano ogni vicenda e ogni situazione che Ulivi sceglie: il rapporto o il contrasto fra libertà e necessità nelle azioni e nel comportamento degli uomini e, più generalmente, nello svolgersi della storia. La figura di Giuda si offre, di conseguenza, a Ulivi come quella che in modo più esemplare e clamoroso presenta l'occasione per rimeditare su tale problema e per cercare di approfondirne Hnchiesta e di trovare alla fine almeno una traccia per capire quanta possibilità di libera scelta abbia l'uomo nell'agire o se la libertà non sia che un'illusione, e tutto sia scritto da sempre, in modo inevitabile, e non si possa sfuggire alla parte che, neVa vita e nella storia, è fissata per ciascuno. In Trenta denari Ulivi non si concede nessuna licenza nei confronti del fatti raccontati dai Vangeli e noti attraverso le altre fonti storiche, cosi come, invece, hanno fatto tanti altri narratori, che in questi ultimi tempi, in Italia e fuori, hanno tratto spunto da situazioni e da personaggi evangelici, fin quasi a costituire una sorta di moda letteraria. Non c'è nulla da inventare, nulla da aggiungere a quello che si sa. Il romanzo nasce dentro ciò che è noto, come accanito scavo delle azioni e delle ragioni dei personaggi, soprattutto dei due che stanno a fronte, opposti oppure legati {'uno all'altro fino all'ultimo: Giuda e Gesù. « « W»N»*«i li 2 Il bacio di Giuda in un mosaico di S. Apollinare Nuovo a Ravenna L'unica attualizzazione che Ulivi si concede è nella presentazione di Giuda come un informatore del Tempio, 'infiltrato' per ordine del Sinedrio fra i discepoli di Gesù, con, dietro, un passato oscuro di probabili delitti e di disgrazie familiari. Ma la narrazione non si fonda su tale motivo, sr non per dare profondità al personaggio, un passato, memorie, ossessioni, paure, scopi, idee, un modo di pensare, e cosi misurarne meglio le reazioni ai contatti con Gesù, con la sua predicazione, con i suoi discepoli (che gli appaiono cosi indegni, incapaci, quasi ridicolmente penosi). Giuda è turbato da ciò che Gesù dice, ma soprattutto dall'atmosfera un poco fantastica e magica che lo avvolge, da quelle che gli sembrano, a lui razionalista, uomo concreto, bene informato sulla situazione politica, bizzarrie, stranezze, assurdità. Ma appare sempre più chiaro di pagina in pagina che il solo vero interlocutore di Gesù è Giuda, non sono i discepoli, il rozzo Pietro o il complicato e oscuro Giovanni o gli altri che seguono Gesù (fra i quali ha una parte significativa la Maddalena). Ciò che Giuda non riesce a comprendere è percìié Gesù, se è veramente il figlio di Dio, non vuole dirglielo e cosi costringerlo a credere in lui, ma gli lascia la completa libertà di credere o di non credere, di seguire la via del bene o quella del tradimento, dell'inganno, della violenza. Ma, alla fine, si avvede anche che il suo tradimento risponde a una necessità nell'ordine della storia di Dio, ed è necessario nel momento stesso in cui gli appare del tutto inutile, in quanto Gesù in ogni momento avrebbe potuto essere arrestato senza il suo intervento; e allora ritorna a mostrarsi come una sua scelta, il frutto di una sua decisione libera. Alla fine del romanzo il groviglio di libertà e necessità non si scioglie, se non nel bacio che Giuda dà a Gesù: che è d'amore nel momento stesso in cui consacra il tradimento, e significa che l'amore è inscindibile dal tradimento. Qui e nel colloquio fra Giuseppe d'Arimatea e Caifa il romanzo di Ulivi si propone anche come un confronto, e una risposta rispetto alla Leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij. Caifa, come il Grande Inquisitore, rifiuta il Figlio di Dio come pericoloso per la felicità e il bene degli uomini, in quanto dà loro la piena libertà di scegliere il bene o il male, togliendo loro il riparo e la difesa comoda dell'osservanza delle leggi esteriori imposte dalle varie chiese e isfiruzioni. Caifa, alla fine del colloquio con Giuseppe, dichiara che, se Gesù è il figlio di Dio, ebbene lo condannerà a morte in base alle leggi che Dio stesso ha dato nella Bibbia, ripetendo l'intenzione del Grande Inquisitore. Ma il bacio con cui Gesù risponde alla condanna e che fa fuggire inorridito l'In- po, in sé, condizionata e costretta perché possa davvero esplicare la sua fibèrtd di scelta. Non vorrei che, essendomi soffermato soprattutto sul significato del libro, questo rischi di apparire giocato interamente sulla questione teologico-morale. La perfezione del romanzo è, invece, nel perfetto equilibrio fra idee e scrittura. Certi inquietanti paesaggi notturni, sull'orlo del deserto o nei sobborghi delle città, sono, nella lucida, esatta, perfetta prosa di Ulivi, al tempo stesso luoghi della realtà e luoghi dell'anima: ma sempre la scrittura di Ulivi è concreta e fantastica, allegorica e reale, come appare anche dalla conclusione del romanzo, ormai al di fuori della vicenda di Giuda, nell'evocazione degli ultimi giorni di vita di Giovanni a Patmos, con anche l'evangelista nel dubbio se la libertà o la necessità abbia segnato la sua vita e la sua morte. Giorgio Bàrberi Squarotti Ferruccio Ulivi, «Trenta denari», Rusconi, 201 pagine, 22.000 lire. dario cecchi

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